“Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano”.
Antonio Gramsci
Le parole servono per comprendersi gli uni con gli altri: il dialogo rende comunità. Alcune compongono frasi, lasciate come eredità di un passato recente da non dimenticare. Ribadiscono uno sprone per un futuro in perenne costruzione. Antonio Gramsci ha scolpito nella coscienza del popolo italiano la sua storia, instillando nelle vene il sangue della libertà e dell’impegno.
La sua lotta per renderci cittadini prosegue nella volontà di non rassegnarsi alle ingiustizie, sentendole profondamente condivise. E’ un monito oltre il senso di una giornata come il 25 aprile che pure non si dovrà mai smettere di ricordare nella sua essenza alle generazioni presenti e future.

Vergare su una panchina una delle sue esortazioni più vive e necessarie, renderla chiara anche a chi non può leggerla, attraverso l’iscrizione in braille, crea percorsi di identità nel territorio.

A Reggio Calabria ieri hanno inaugurato questa traccia di memoria proprio davanti alla panchina rossa simbolo di un’altra battaglia culturale che è urgente combattere insieme, sulla quale parla Asimov :“La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci.” Tali sono stati coloro che nella notte hanno provato ad imbrattare le parole di Gramsci. La loro ignoranza vigliacca non merita la visibilità che volevano ottenere.
La panchina è già stata ripulita, splende la frase che nessuna vernice può coprire. Nella città dello stretto da ieri altre due tracce la proteggeranno, condividendo la preziosa missione della memoria: sono due grandi murales dedicati ai reggini della Resistenza, i partigiani Malerba e Teresa Gullace.
Non si deve mai sottovalutare l’attacco vile di chi ha paura delle parole della storia, ma pronti, rispondere, vivendone appieno il senso: “Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano”.
Rispondi