Non se ne è accorto nemmeno il collega che era alle sue spalle, forse neanche lei se ne è resa conto. Inghiottita dal rullo di un macchinario con il quale lavorava ogni giorno da un anno in una fabbrica tessile della provincia di Prato.
Così è morta, ieri mattina, 3 maggio 2021, alle 11, Luana D’Orazio, 22 anni, mamma di una bambina piccola.
Hanno trovato solo foto sorridenti per illustrare la tragica notizia: bastano questi scatti ad imprimere nell’anima l’assurdità della tragedia.
Oste di Montemurlo è un paesino di case basse, in passato era conosciuto per l’artigianato: quasi in ogni famiglia si respirava la tradizione di filati, stoffe e orditi. Una delle eccellenze del centro Italia produttivo, sviluppata con garbo e rispetto: l’industria sembrava essersi incastonata nella grazia dei panorami e non aver condizionato nemmeno i rapporti sociali. Il romanzo si è fermato già da parecchio, omologandosi al resto delle cronache occupazionali che purtroppo dipingono la realtà attuale. Se si è fortunati, si riesce a strappare un contratto in una delle aziende, attive in capannoni sorti lungo le strade, dove la qualità delega alla quantità: si deve produrre tanto e in fretta, forse, tralasciando anche i diritti minimi alla sicurezza.

Eppure Luana sorrideva: i colleghi e i parenti intervistati, dicono fosse felice di aver trovato il modo per garantire un presente ed un futuro al suo piccolo amore. Era bella, tanto che l’imperfetto apre un’altra ferita profonda. Viene da immaginarsi le sue giornate, per molti una alienante monotonia di gesti e abitudini faticose: la sveglia presto; il tempo di lasciare la figlia all’asilo o da una nonna; la corsa in fabbrica; il turno; la chiacchiera con i vicini di posto; la pausa pranzo magari saltata per staccare prima e tornare dalla sua bambina di cui prendersi cura, poi, forse, finalmente, qualche piccolo svago e il meritato riposo. Luana è cittadina, anzi, era, onoraria di quel popolo silenzioso che non si rassegna: va avanti nella vita come può, trovando tesori nascosti nell’inatteso che non fanno mai spengere la luce nello sguardo.
Il 1 maggio non hanno palchi da cui parlare, non li cercano, non hanno voglia di ascoltare parole: le energie le tengono semmai per un ultimo ballo felice prima di crollare stanchi.
Qualcuno, nella stessa assenza di clamore, cercherà giustizia per Luana, proverà a spiegare a sua figlia che è accaduto perché non succeda più in futuro ad altri. Nessuno riuscirà a farglielo accettare.
“Gli eroi sono tutti giovani e belli” cantava Guccini. La vita non è un romanzo, non è una canzone, non è ballo: dovrebbe essere tutto insieme, ma rimane solo un filo di stoffa che non asciuga le lacrime.
Luana non è una eroina, i suoi occhi troppo allegri per piangere.
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