Ne parliamo in sezione

Non sono mai stata iscritta al Partito Comunista, ma ne ho respirato la storia e vissuta l’eco quando, a 21 anni, sono diventata la segretaria della sezione dei DS di Trastevere. Le tracce di quel periodo di formazione politica, professionale, umana sono in me ogni volta che non mi arrendo all’indifferenza, avvertendo forte la nostalgia di una comunità con cui arrabbiarmi, confrontarmi, sorridere e nella quale trovare conforto.

Ne parliamo in sezione!” Dai 19 ai 27 anni è stata la forma di saluto da me più utilizzata. Via Luigi Masi,7: un’anticamera, un salone con un piccolo bagno, raggiungibili da una scala, facendo attenzione a non sbattere la testa alla porta d’ingresso. Era la sezione del PDS di Trastevere diventata poi DS, nella quale sono entrata per la prima volta, nel 1997, curiosa, per partecipare ad una iniziativa con Walter Veltroni, accolta dall’ingegner Santuccione, segretario locale del tempo. Qui, davanti alla imponente tela di Mario Schifano, dedicata a Gian Maria Volontè, donata ai compagni, ho svolto la mia formazione umana, politica e professionale, contando su giovani e anziani maestri.

Ci ho pensato tanto ieri, leggendo i ricordi di chi ha potuto vivere appieno la storia del Partito Comunista italiano o ne ha revocato vicende strettamente connesse. Io non ho potuto, per motivi anagrafici essere iscritta o avere tessere del PCI, ma in via Masi, ho avuto l’opportunità, unica, di respirarne l’eco; di ascoltare la voce e ricevere gli insegnamenti di chi aveva contribuito a fondarlo e distinto il percorso; di fare parte di una comunità di eredi nei valori e nella quotidianità.

Il senso del mio fare politica era racchiuso nella miscela che determinava il mio ripetere insistente, quasi un mantra “ne parliamo in sezione!”.

Ne parliamo in sezione!” Prima in religioso silenzio, poi attendendo con ansia il turno di interventi via via meno stentati, allenati alla scuola di dialettica di chi riusciva a contenere soluzioni strategiche e conclusioni efficaci in poche parole. Non senza abbeverarsi di lezioni di storia, sociologia, satira, affabulazione istrionica, oltre i 10 minuti di tempo, impossibili da interrompere.

Ne parliamo in sezione!” con Bice Chiaromonte, Luciana Ribet, Bruno Trentin, Renato Nicolini, Saverio Tutino, ma anche con Andrea, Raffaello, Carla, Ilaria, Antonio, Nicola, Riccardo, Rina, Nello.

Ne parliamo in sezione!” delle crisi internazionali, delle guerre, dei terremoti: del modo di costruire un parere articolato e soprattutto di offrire piccoli contributi concreti alle vittime più deboli. Una delle prima iniziative a cui partecipai fu una raccolta di indumenti da mandare in Kosovo. Arrivarono tanti pacchi da smistare. Tra questi, un pomeriggio di sabato, ne consegnò uno grande, personalmente, un compagno alto ed elegante. Entrò nel salone, poi tornò da me, congelata alla scrivania all’ingresso, mi guardò:  “Ma sei da sola compagna? Brava, bisogna dare il proprio contributo. Ne approfitto per fare la tessera: sono Alfredo Reichlin.”

Ne parliamo in sezione!”, quando si accendeva la discussione che poi avrebbe portato ad ulteriori divisioni. Nessuno si alzava fino a notte: stremati noi più giovani, venivamo rinfrancati dalla pizza, offerta proprio da chi non aveva mollato la presa fino all’ultima virgola.

“Ne parliamo in sezione!”, non appena attaccarono le Torri Gemelle. La televisione si vedeva sfocata, ma non importava: eravamo lì, insieme, a condividere lo sgomento.

Ne parliamo in sezione!” se si era vinto o ancora di più quando si era perso: “Assemblea degli iscritti, per dibattere sulle ragioni della sconfitta”.

“Ne parliamo in sezione!” per costruire, dal municipio al Parlamento, perché tra i compagni, senza distinzioni, c’erano consiglieri, presidenti, deputati e senatori, pronti a raccontare quanto accadeva e a portare le nostre istanze, anche quelle del più arrabbiato degli Elios Pradò o Marcello Varone.

Ne parliamo in sezione!” il sabato e la domenica del voto, prima, però si pranzava da Rina. La porta della casa di Vicolo del Cinque rimaneva aperta per servire, a turni diversi, amatriciana e fettine panate. Al seggio si rischiava di tornare appesantiti e sonnolenti, per questo, nel salotto della nostra mitica compagna Del Pio, si gestivano pure le consegne pomeridiane e serali dei litri di caffè necessari. “Quello che il partito mi chiede, io fo’ ”, era quanto ripeteva Rina, includendo nella forma tronca del verbo il sostentamento dei rappresentanti di lista.

Ne parliamo in sezione!” dei problemi del paese, senza tralasciare quelli personali, in un intreccio che non pareva mai incoerente. Mi sono innamorata in sezione, ho festeggiato compleanni, ho stretto amicizie durature, ho pianto lacrime di rabbia e di delusione, acceso emozioni e sorrisi che porto ancora dentro come luci.

“Puoi venire a casa a portarmi la tessera?”. In Via dei Riari, una delle strade più eleganti del rione, a ridosso dell’Orto Botanico, Saverio Tutino mi accolse in un appartamento dove libri e foto riempivano scaffali e muri anche della cucina. Tra le ore più preziose del mio percorso di segretaria di sezione, ci sono quelle trascorse ad ascoltare le memorie dei suoi viaggi in Sud America.

Ne parliamo in sezione!” del presente e del futuro di ognuno di noi che avevamo appena vent’anni. “Stai provando a pubblicare un libro su un pentito di mafia? Ti aiuto io!” Dal momento in cui capì le mie difficoltà di giornalista appena affacciata alla professione, con una materia così più grande di me, il professor Enzo Ciconte, è diventato un faro. Il mio primo saggio è uscito e ne sono seguiti altri sotto la sua generosa guida.

Ne parliamo in sezione!” di sogni che si possono realizzare, come creare e distribuire un giornale, con l’ardire di chiamarlo “L’Unità di Trastevere”. Eravamo una redazione di tuttofare condotti per mano, penna e strigliate in francese, dalla maestra Danielle Lantin.

Ne parliamo in sezione!” e i giorni della settimana non bastavano per il calendario delle attività: il lunedì mamma apriva per fare le tessere; martedì c’era Carla con lo spazio dell’arte; mercoledì sera il cineforum con Antonio; il giovedì i corsi di informatica di Lorenzo; il venerdì le riunioni del giornale; il sabato in piazza a fare volantinaggio; la domenica le partite della Roma.

Ne parliamo in sezione!” quando, non senza la paura della sfida e del confronto con la storia, mi elessero segretaria: provai l’intervento per ore, persino con un’amica psicologa, per poi pronunciare solo un sentito “grazie”.

Ne parliamo in sezione!” dopo aver salutato un compagno o compagna che ci lasciava. Le cerimonie si spostavano, solo per motivi logistici, alla Casa delle Culture di Via di San Crisogono.

“Ne parliamo in sezione!” per risolvere dubbi. “Che dite, accetto e vado a dare una mano a Botteghe Oscure?”. Un’intera campagna elettorale nel palazzo dove si è costruita la storia, a correre per le scale con i comunicati stampa come se fosse normale, per poi sfogare lo stupore, il senso di inadeguatezza o i piccoli successi nel bar di via dei Delfini con Vezio e Maria, altri preziosi iscritti.

Ne parliamo in sezione!” davanti allo stupore dei pochi amici del tempo non tesserati, colpiti dalla gratuità del mio impegno mentre montavo gazebo, trascorrevo serate a redigere interventi, dedicavo domeniche e giornate di festa a tenere aperto “il presidio del partito nel territorio.”

Ne parliamo in sezione!” nel momento in cui comunicai: “Accetto il lavoro, ma mi sa che dovrò lasciare la segreteria.” Lo confessai proprio all’ingegner Santuccione, il primo che mi aveva accolto e colui che aveva voluto fortemente che assumessi quello che era stato il suo ruolo. Lo struggimento unito alla consapevolezza di un nuovo percorso da aprire, mi spinsero a decidere. Ironia della sorte, quella volta, ne parlammo durante uno dei primi direttivi che si svolse nella nuova sede in cui si trasferì la sezione, a pochi passi da via Masi. Bice mi guardava come sempre severa, fino ad addolcirsi, quando ammisi, con la voce rotta: “di aver potuto compiere il miglior percorso di formazione che nessun altra università mi avrebbe garantito. Seppure per certi versi arrabbiata e sconfitta, ringraziavo dal primo all’ultimo dei compagni per avermi aiutato a realizzarlo.”

Non sono stata iscritta al Partito comunista, ma ancora oggi, a distanza di quindici anni dall’ultimo direttivo, mi sento di essere grata all’eco, alla voce, agli insegnamenti di chi aveva contribuito a fondarlo e ne aveva distinto il percorso: alla comunità di eredi nei valori e nella quotidianità.

Preda di una nostalgia, acuita dal periodo, non so cosa darei per poter tornare a parlare in sezione con Alfredo, Bruno, Saverio, Bice, Carla, Rina, Nicola, Raffaello, Riccardo, Ilaria, Enzo, Elena, Nello e i quasi 300 iscritti di via Luigi Masi, 7.

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