“Ci siamo inerpicati sulla strada che porta a Castelnuovo Volturno, paese con poche centinaia di abitanti, vicino alla più conosciuta Capracotta, in una freddissima domenica di febbraio, l’ultima di Carnevale. L’obiettivo: raccontare il rito dell’uomo cervo, Gl’Cierv.

Ognuno di noi è un percorso di tracce del passato, plasmate sulle impronte presenti per raggiungere un futuro possibile. Alcune sono impercettibili ed emergono quando sono necessarie per ricordare chi siamo. A 40 anni ho voluto riprendere la ricerca di quelle di mia nonna, Maria Filomena, e di quei luoghi che l’hanno vista nascere, giocare, innamorarsi, nascondersi durante la guerra, chiacchierare con i fratelli e le amiche nelle sere d’estate, sulle sedie all’uscio o, nei pomeriggi d’inverno, nelle cucine ricche di profumi buoni. Come spesso accade per le storie che respirano nei paesi del sud, nonna era di Boiano, grosso paese incastonato nel Molise, c’è il rischio che tutto possa perdersi con la scomparsa di chi deteneva la memoria. Io, però, ho ritrovato i miei cugini, di quei gradi che contengono stille di sangue comune e, tra di loro, Giulio Di Rienzo, tecnico informatico con la passione per la fotografia. Sua un’impresa degna di essere conosciuta: insieme ad un gruppo di amici sta ripercorrendo le tracce di tradizioni passate di una terra meravigliosa e poco nota. Attraverso le foto di dettagli di riti, feste religiose, attimi quotidiani, senza bloccarsi davanti ad irte salite e temperature rigide, si presentano le comunità più piccole che resistono con orgoglio.
La traccia di Giulio: tradizioni, riti e quotidianità del Molise
“Ci siamo inerpicati sulla strada che porta a Castelnuovo Volturno, paese con poche centinaia di abitanti, vicino alla più conosciuta Capracotta, in una freddissima domenica di febbraio, l’ultima di Carnevale. L’obiettivo: raccontare il rito dell’uomo cervo, Gl’Cierv. Ogni anno si rievoca un’antica leggenda che propizia l’arrivo della primavera. Gli uomini si devono vestire da cervi o da cacciatori e c’è una donna cerbiatta. Tutto il paese partecipa alla realizzazione, con ruoli diversi, in un periodo nel quale non ci sono nemmeno turisti. Ho scattato mentre partecipavo, in qualche modo, anche io. Quando ho visto le foto nel computer ho scoperto che non avevo fatto un bel lavoro, perché l’emozione che avevo provato era più forte di quella che trasmettevano le mie immagini e quindi dovevo e volevo approfondire la realtà di questi eventi.”
Scattare per emozionarsi
“Avevo appena ricominciato a fotografare, dopo un lungo periodo nel quale credevo che la passione si fosse spenta, tanto da aver venduto obiettivi, macchine, libri su cui avevo studiato le tecniche. Dalla polaroid di mio padre, che mi aveva conquistato per la magia dello sviluppo immediato, alla piccola kodak richiudibile regalata alla comunione, passando per le decine di macchine, rigorosamente analogiche, comprate fino ai 25 anni, mi sono ritrovato per le strade di Castelnuovo Volturno con una Canon 400 d. L’amore per la fotografia si è riacceso con una digitale, barattata con un cliente per un notebook. Sono cambiato anche io e ciò che voglio trasmettere con le mie fotografie. Basta tecnica, anche se rispetto sempre le regole fondamentali, voglio riprodurre il momento, non la perfezione. Ho bisogno della purezza della semplicità oltre l’artificio. La mia terra, il Molise, è il luogo ideale per la ricerca. Da Castelnuovo inizia il viaggio per comunicare la voglia di appartenenza delle piccole comunità che emerge, se sono bravo a farla emergere, in sagre, feste e riti che raccontano le tradizioni.”
L’appartenenza fiera
“Colpisce come nei luoghi più inaccessibili, che possono sembrare quasi disabitati, le feste riescano ad unire e creare entusiasmo anche e soprattutto nei più giovani. E loro, i protagonisti di queste immagini di resistenza, hanno cominciato ad apprezzare le mie foto e a considerarle quasi un trampolino per far conoscere la loro realtà. Ci sono le madri che preparano i carri per le processioni e mi chiedono di immortalarle mentre allestiscono, così rimarrà, con il ricordo, l’emozione di quei momenti. Io provo a non perdermi ogni momento e con piacere regalo le mie foto.”
4 amici al Bar… Brisotti
“Siamo un gruppo “quattro amici al bar”, tutti con la macchina fotografica sempre pronta, ma l’elemento fondamentale è il bar dove bisogna andare per ritrovarsi, partire e, se si è fortunati, scovare il momento perfetto dalla quotidianità che ci circonda. Siamo anche “Alle otto da Brisotto”. Brisotti è un bar del centro di Campobasso dove ci ritroviamo alle otto nelle giornate del Corpus Domini per poi andare a fotografare. E’ tutto all’insegna della goliardia, ma siamo seguiti nel territorio, le magliette con il nostro nome vengono riconosciute durante gli eventi.
Con una Fuji x2, più piccola e discreta, per passare più facilmente inosservato, ho cercato i dettagli, gli sguardi, i sorrisi, le tensioni, la semplice meraviglia di oltre una trentina di manifestazioni. Dal diavolo di Tufara, alla festa del grano di Jelsi; le laure di Mirabello Sannitico, il palio della Quercigliole di Ripamolisani e lo Street art festival di Civitacampomarano. Non ne parleranno i quotidiani e le riviste nazionali, ma le pagine di queste giornate speciali, per chi vive quei paesi, rappresentano l’eccezionalità che unisce e rappresenta.
Unica regola: la luce
Scegliamo l’evento al bar, ci prepariamo, ma soprattutto ci divertiamo, senza dimenticare un obiettivo non scritto e non prestabilito: riprodurre la bellezza che è nelle piccole cose. I soggetti possono variare: le signore che parlano davanti la porta, la donna che stende la pasta, i bambini che mangiano lo zucchero filato, la scampagnata, il banchetto di una sagra, tutto in un clima di armonia e semplicità.
A volte bastano due scatti, altre ne servono cento, l’importante è non seguire un’idea predefinita di quello che vogliamo rappresentare, ma farsi prendere dal momento. Unica accortezza da seguire sempre è la luce. Da essa, anche fioca, si può trarre la forza di un sentimento da condividere. E’ un’alleata fondamentale.
E’ mo’ chi è sto Di Rienzo che ha vinto!

“Sarà stata la luce giusta, il soggetto perfetto o il momento esatto in cui scattare, ma la mia passione mi ha regalato una grande emozione nella mia città, con la vittoria, nel 2016, del concorso fotografico “I misteri di Campobasso”. Ho partecipato con uno scatto a mia mamma che, appena operata, era concentrata a guardare l’evento del Corpus Domini in tv, con le stampelle vicino. Avevo come avversari, fotografi professionisti molto blasonati, tanto che, quando sul palco, hanno fatto il mio nome, vicino a me uno di loro ha esclamato: “E mo’ chi è ‘sto Di Rienzo?”. Più contenta di me è stata mia madre a cui non avevo ancora fatto vedere la sua foto, più felice per la vincita in denaro che per il significato. 400 euro! E’ saltata con tutte le stampelle.
E’ il mio Molise nella sincerità dello sguardo e nella semplicità del cuore delle proprie persone.”
Finestre sul Molise
“Uno spirito che pare riesca a trasmettersi con le mie foto e inizia a convincere, chi non è di qui, a venire a vedere se corrisponda a realtà. Un amico fotografo professionista romano ha voluto seguire il Corpus domini ed è rimasto colpito perché, grazie a me, ha potuto accedere alla cerimonia della vestizione per cui servono permessi, visto che si svolge al chiuso di uno spazio museale. Ha partecipato a ciò che molti campobassani non hanno mai vissuto e me ne è stato grato. Sono felice di far aprire una finestra sul Molise più autentico, la mia terra che amo e non lascerei mai. La sua genuinità e il suo splendere in piccoli dettagli li porto con me ovunque vada e ovunque decida di puntare il mio obiettivo che difficilmente si fermerà su monumenti imponenti e panorami al tramonto. Anche per questo, la fotografia rimarrà la mia passione e non voglio diventi un lavoro. Io scatto per me e per coloro che rappresento a cui dono con gioia le mie foto. Ho fatto una sola mostra collettiva e partecipato ad alcuni concorsi locali: la fotografia è ricerca di emozioni.

Il 2 dicembre tutti a Campobasso
“Ora mi preparo per il prossimo appuntamento: il 2 dicembre a Campobasso. Ci sarà un evento eccezionale. Quest’anno si celebrano i 300 anni dalla nascita di Paolo Saverio Di Zinno, inventore degli ingegni dei Misteri. Dell’opera del genio di questo scultore ne sono rimasti 12 originali ed uno realizzato sul suo disegno. Sono macchine uniche che, nel giorno della festa, vedono gli adulti caricarsi il peso di vere e proprie sculture viventi, animate da bambini, imbracati alle estremità della struttura per rappresentare angeli, diavoli, santi o madonne. Custodite nel Museo dei Misteri di Via Trento, il 2 dicembre saranno fatte uscire e, contestualmente, si accenderanno le luminarie della città. Un evento completamente nuovo con situazioni mai viste fino ad oggi. Una bella sfida per i 4 amici al bar.”
Traccia volante: “A chi si è appassionato a questa mia storia di ricerca, goliardia e amore per il mio Molise, lascio come traccia volante il motto che ci diciamo tra noi amici quando cominciamo i nostri giri di foto: “E che la luce sia con te!”
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