“L’incidente è stato grave, ma mi sono chiesto “è veramente tutto finito?” La mia risposta è stata: “aspetta, che provo a vedere, senza trovare scorciatoie.””
In palestra, mentre aspettavo Viola, guardavo una ragazzina allenarsi alla trave. Volteggiava, cadeva e risaliva, poi di nuovo un salto, una scivolata e ancora su a librarsi sull’asse di equilibrio. Una plastica prova di determinazione. Lo sport è metafora della vita quando davanti a difficoltà, più o meno gravi, si devono trovare le forze, inventare una strategia per superarle e arrivare in fondo alla gara. Una sfida più con sè stessi che con gli avversari. Andrea Devicenzi è uno sportivo da record: nel 2010 ha percorso un raid in autosufficienza sulla strada carrozzabile più alta del mondo: in India, 700 km in 8 giorni in sella alla sua bici, raggiungendo il Kardlungla a quota 5.602. E’ un campione paralimpico di Paratriathlon ( medaglia di bronzo ai Campionati Europei in Israele nel 2012 e d’argento agli Europei in Turchia nel 2013). A 17 anni ha perso una gamba in un incidente con la moto. La sua vita è cambiata completamente portandolo a diventare un esempio vivente di resilienza. Mental coach, motivatore, dal 2014 va nelle scuole con Progetto 22, un percorso di formazione che ha ideato con alcuni amici per insegnare ai ragazzi a sfruttare le proprie risorse, aumentando la fiducia in sé stessi e l’autostima, rendendoli consapevoli delle straordinarie capacità e talenti che hanno dentro di loro. Contemporaneamente continua a macinare vittorie nelle gare sportive, a lanciarsi in imprese da record, studiando la realizzazione di strumenti per agevolare chi, come lui, non vuole farsi fermare da nessuna difficoltà. Dalla provincia di Cremona, una storia che viaggia per tutto il paese senza farsi fermare da nessun ostacolo.
La traccia: Progetto 22
“Quando mi sono trovato in un letto di ospedale a 17 anni, senza una gamba, non ho avuto subito la forza di reagire. E’ iniziato un percorso per tornare ad avere una vita normale. Mi sono trovato davanti la metafora del muro che non mi permetteva di vedere oltre le mie difficoltà del momento. Ho cercato le mie risorse: individuare dei nuovi obiettivi e muovermi in quella direzione. A 18 anni sono tornato a scuola, l’avevo lasciata dopo le medie per creare una ditta edile con mio padre. Ho preso il diploma e accresciuto il mio amore per il computer e l’informatica.”
“Per 6 anni ho lavorato in una azienda cartiera come operaio, poi per 10 ho fatto la mia carriera in una azienda siderurgica. Mai un giorno da diversamente abile. Potevo accettare occupazioni più semplici e facilitate, ma non ho voluto, senza nessun giudizio per chi lo fa. E’ legato alla mia interpretazione dell’incidente: è stato grave, ma mi sono chiesto “è veramente tutto finito?” La mia risposta è stata: aspetta, che provo a vedere, senza trovare scorciatoie. Ho lavorato in mezzo all’acciaio a 1300 gradi. Il mio motto è: prima di chiuderti delle opportunità, esamina veramente se tante cose non le puoi fare. Bisogna però essere anche consapevoli dei propri limiti. Io ho capito che non potevo certo portare avanti il progetto che volevo realizzare con mio padre. Non si può fare il posatore di pavimenti senza una gamba. “
Una nuova prospettiva
“A 36 anni mi sono trovato davanti ad un altro bivio. Lavoravo in azienda, in un posto garantito, ma ho cominciato a vedermi in prospettiva, da lì ai futuri dieci anni. In contemporanea facevo sport e avevo appena concluso la mia impresa in India. Proprio per questo mio record sulla strada carrozzabile più alta al mondo, hanno cominciato a chiamarmi nelle aziende per partecipare ad attività formative, esperienziali. Ho scoperto così un mondo di persone che frequentavano questi corsi per provare a migliorare la propria vita ed è iniziato il mio percorso di studi per diventare mental coach.”
“Ho dato un nome alle mie strategie. Nel 2014 ho lasciato il mio lavoro di venerdì, il lunedì ero già nelle scuole con Progetto 22.”
“E’ nato insieme ad alcuni amici. Ci siamo ritrovati a raccontarci le nostre difficoltà e accorti che in una determinata fase della nostra vita era avvenuto il cambiamento. Abbiamo analizzato cosa ci aveva impedito di mollare, su quali risorse avevamo potuto contare. Mancavano 22 mesi a diventare ufficialmente coach. Il giorno in cui abbiamo dato un nome alle nostre idee era il 14 febbraio 2013: la somma dei numeri della data fa 22. Curiosando sulla numerologia, il 22 è abbinato a grandi progetti che funzionano. “
Alla scoperta nelle scuole
“Deciso il nome, ho cominciato a raccogliere storie che potessero dimostrare praticamente quanto la forza e la determinazione dei singoli fosse fondamentale nel superare situazioni di difficoltà. Oltre il racconto della mia vicenda personale, questi spunti reali sono il modo per entrare in contatto con gli studenti delle scuole medie e superiori che cerchiamo di raggiungere. “
“Scopriamo dei ragazzi con problematiche diverse che non sempre riescono ad uscire fuori. Comune è il timore di non riuscire a realizzare progetti nel futuro. Una fragilità vissuta e spesso risolta con gesti di autolesionismo. Ci sono possibilità e capacità sorprendenti, ma bisogna saperle trovare e rendere consapevoli coloro che le hanno. “
“Io li vado a scovare. Sono chiamato dal Nord al sud. Ho dei piccoli sponsor per potermi muovere con minore spesa per le scuole. L’incontro dura due ore ed è improntato al rapporto diretto tra me e i ragazzi, Chiedo subito quali siano le risorse a cui attingono quando devono studiare, affrontare un’interrogazione o una sfida sportiva. Poi racconto la mia storia, attraverso slides che poi sono foto che mi ritraggono dal momento dell’incidente in poi, comprese quelle da cui è più evidente il mio moncone.”
“L’idea da trasmettere è : “ capisco che abbiate dei problemi, ma non siete gli unici. Altri ne hanno avuti e li hanno superati.” Li invito a farmi domande, a cui non mi sottraggo, anzi ho sempre il computer al mio fianco per annotare. Sono loro a costruire l’incontro. Noi proponiamo le nostre 22 risorse. “
Partire dagli esempi reali
“Portiamo poi le storie, oltre la mia, quella di loro coetanei, raccolte proprio durante precedenti incontri. Non si deve andare sul tecnico, ma puntare su esempi pratici. Dimostro che la difficoltà è nell’interpretazione che si dà al momento che si sta vivendo. Se me lo chiedono fornisco loro gli strumenti che sono dentro di loro, bisogna solo aiutarli a tirarli fuori. “
“Una delle domande sottintese è “Solo le persone disabili hanno difficoltà?” La risposta è no e la supporto con gli esempi di chi come Erika, vittima di bullismo ha cominciato a mangiare in maniera disordinata, finendo per diventare bulimica o Federica che per le sue gare di ginnastica, è dimagrita, perdendo il contatto con la realtà nella spirale dell’anoressia. “
“Ogni incontro canalizzo in base a quello che mi chiedono. Ho le mie storie, ma ognuno ha la sua e le sue risorse da esprimere. In media intervengono due o tre ragazzi a conversazione. Voglio che tutto avvenga in maniera naturale. Se emerge una storia mentre parliamo, una che ignoravano anche i professori, si decreta il successo massimo dell’iniziativa. Io non li conosco prima, in un’ora e mezzo li porto a raccontare di sé. Loro sanno chi hanno davanti. Sono per lì loro: da genitore, da uomo, da persona voglio seminare positività. Alcuni vogliono il mio autografo come campione paralimpico.”
“Cambiano molto dalle medie alle superiori. Con i ragazzi più piccoli si può scherzare di più, i grandi sono più attenti e temono maggiormente il giudizio degli altri. Nelle scuole superiori c’è tensione. A volte gli insegnanti hanno commentato: “ti abbiamo dato i peggiori e li hai tenuti tutti calmi. “
Record superati e nuove sfide
“Se mi occorrono uso come strumenti anche le mie imprese sportive nel mondo. Sono curiosi di capire come faccio ad andare in bici. Faccio vedere i video e sdrammatizzo. Non sono l’Andrea super uomo: in primo piano ci sono i miei sacrifici e la fatica. Rimando spesso le slides con le 22 risorse perché rimangano soprattutto quelle. Forza, volontà, passione, parole di cui non si sente parlare spesso e invece vanno riscoperte in ognuno di noi.”
“Mi diverto anche nello stare con i ragazzi. L’anno scorso in otto mesi sono stato in 97 scuole. Per il prossimo conto di arrivare ad una cinquantina.”
“Punto parallelamente su di un’altra impresa: voglio percorrere tutta la via Francigena a piedi, 1080 chilometri da San Bernardo a Roma. Mi sto organizzando con 9, 10 tappe da 4, 5 giorni l’una. Da marzo a dicembre spero di realizzare il sogno. Con la mia squadra sto lavorando per realizzare delle manopole per le stampelle che non devastino le mani. Lo scorso anno ho percorso la via di Francesco, 710 mila passi e ho perso la sensibilità del mignolo. Mi aspettano 1 milione e mezzo di passi quindi devo arrivare preparato.
“Ora mi fermo un po’, poi con il nutrizionista predisporremo il mio programma di preparazione. Almeno 5 o 6 allenamenti a settimana compresi esercizi in casa, anche il riposo rientra nel training.
Le mie imprese possono contare su alcuni sponsor, compresa la mia azienda la “Due Due”. Con alcuni professionisti e imprenditori vorremmo creare un fondo, mettendo ognuno un contributo per portare avanti il Progetto 22 senza chiedere soldi alle scuole. Insieme si possono realizzare le grandi idee. “
La traccia volante: il valore della vita da riscoprire nella terra, nel cammino, nel prendere energie e vibrazioni dalla meraviglia naturale che è intorno e dentro di noi.
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