“Abbiamo cominciato lunedì 4 febbraio: chiunque è libero di venire, sia per insegnare, sia per imparare. . L’obiettivo centrale è far conoscere le persone. La cultura aumenta se la condividi.”
Penny Wirton è un ragazzo, orfano di padre che va alla ricerca delle proprie origini, scontrandosi con un ambiente ostile. Quando scopre che la madre è stata imprigionata per aver perso la ragione dopo la fuga del figlio, ritorna e, con l’aiuto di un insegnante riesce a recuperare la sua dignità e a far liberare la mamma. Grazie alle esperienze negative conquista il suo posto nel mondo. E’ un personaggio di fantasia, il protagonista del romanzo per ragazzi di Silvio D’Arzo, Penny Wirton e sua madre (Einaudi 1978), ambientato in un luogo e in un tempo sospeso. E’ una fonte di ispirazione che ha motivato l’attività dell’insegnante scrittore Eraldo Affinati e di sua moglie Anna Luce Lenzi. Insieme nel 2008 hanno deciso di fondare a Roma, uno spazio didattico di confronto e di dialogo, rivolto a studenti stranieri e volontari italiani, desiderosi di condividere cultura. Dall’iniziale ospitalità nei locali della parrocchia di San Saba al passaggio in quelli del centro sociale Acrobax fino alla sede attuale in uno spazio concesso dalla Regione Lazio, le caratteristiche della scuola Penny Wirton sono proprio quelle di essere libera da confini religiosi e politici, volta a consentire forme di scambio e di comunicazione, attraverso l’apprendimento della lingua. Un modello che si è diffuso in diverse città d’Italia, rimarcando sempre queste caratteristiche. In questo periodo nel quale i luoghi di aggregazione e inclusione vengono chiusi, la sfida è proseguire finchè si riescono a trovare sale, tavoli e sedie nelle quali far stare comodi e sereni i tanti Penny Wirton che vivono nel nostro paese. Coloro per cui, come dice la mamma Anna a Penny nel romanzo “il lunedì è l’unica strada per arrivare alla domenica”. Il 4 febbraio, a Senigallia, nel centro sociale Arvultura, diverse associazioni e singoli cittadini hanno aperto la sede marchigiana della scuola. E’ un’avventura umana e culturale che racconta Lisa D’Ignazio coordinatrice del progetto.
La traccia: la scuola Penny Wirton a Senigallia
“Da due anni ho deciso di dedicarmi all’insegnamento dell’italiano agli stranieri. Ho iniziato in un CAS per richiedenti asilo, gestito dalla Caritas, a Teramo. Ho preso la certificazione Ditals per insegnare e mi sono innamorata del modello della scuola Penny Wirton. L’elemento principale che la contraddistingue è l’incontro. L’obiettivo centrale è far conoscere le persone. In particolare: i volontari e chi non parla la nostra lingua.”
“Da un anno vivo a Senigallia, mi sono confrontata con chi era incuriosito da questo progetto e insieme abbiamo deciso di provare ad aprire una sede locale della Penny Wirton. Il primo passo lo abbiamo fatto quando sono venuti questa estate Eraldo Affinati e sua moglie Anna Luce Lenzi, invitati dall’associazione Un tetto. Siamo partiti da qui, mettendo insieme anche altre realtà come la Caritas, La scuola di pace, l’associazione Acads e il centro sociale Arvultura. Quindi c’è stato l’incontro tra identità diverse legate da un unico scopo. Arvultura è una parola dialettale che nasce dal termine “rivoltura”, il nome con cui a Senigallia si definisce il vento. Il vento che durante l’estate, in brevissimo tempo, trasforma una giornata di sole in una burrasca.”
“L’aria che si respira in questo periodo è pesante, c’è bisogno di farla cambiare per far tornare però il sereno. Noi facciamo quello che possiamo. Ci siamo autofinanziati per comprare i libri, mentre l’associazione Le Rondini, che da anni fa lezioni per donne e bambini, ci ha fornito quaderni e materiale di cancelleria.”
Liberi di insegnare e di imparare
“Il principio di partenza è proprio l’autofinanziamento per essere poi apolitici, aconfessionali, liberi. C’è chi porta le penne e chi le caramelle, perché per due ore di lezione servono zuccheri.
Abbiamo stampato dei volantini e i numeri, in una sola settimana di attività, sono raddoppiati: siamo a 20 studenti e 30 volontari. Autonomamente, con il passaparola, stiamo crescendo.
Per organizzarci al meglio, siamo andati a Roma per capire le modalità della scuola. Abbiamo parlato con Eraldo Affinati e Anna Luce Lenzi e poi siamo stati a Forlì nella sede più vicina a noi. Hanno scelto come coordinatrice me che poi qui sono la straniera: l’abruzzese in terra marchigiana.”
“Abbiamo cominciato lunedì 4 febbraio: chiunque è libero di venire, sia per insegnare, sia per imparare. Abbiamo stabilito di incontrarci due volte a settimana: il lunedì dalle 18.30 alle 20.30 per facilitare i lavoratori; il venerdì dalle 16.30 alle 18.30 per chi viene da fuori e ha bisogno dei pullman per arrivare che, purtroppo, dopo un certo orario non ci sono più. Dalla prima alla seconda lezione c’è chi ha portato nuovi amici. Altri invece vorrebbero venire più spesso, ma non hanno i mezzi di trasporto e ci hanno chiesto una mano, un passaggio. Significa che si è creato il clima giusto: lo scambio.”
Diverso l’approccio e il metodo
“Tra i volontari ci sono diversi ex insegnanti, ma anche studenti che hanno un unico prerequisito: la volontà di conoscere gli altri. Ci sono alcune indicazioni su come approcciarsi impartite da Roma: non c’è una modalità basata sul giudizio, ma è rispettato il rigore dell’insegnamento. L’obiettivo principale è fornire gli strumenti per comunicare. Il testo “Italiani anche noi” che è stato scritto da Eraldo Affinati e Anna Luce Lenzi, supera la retorica dei libri classici che vengono utilizzati. Per insegnare l’italiano si raccontano storie ed esempi di dialogo nei quali, chi legge, si può identificare. Diversi sono quindi l’approccio e il metodo.”
“Differenti sono anche i paesi di origine e le lingue che parlano coloro che partecipano alle lezioni. Lunedì e venerdì, ai nostri incontri, sono venuti: una signora svedese, una coppia di albanesi, due afghani, un gruppo di ragazzini pakistani (gli unici minorenni), una donna nigeriana, una ucraina, un polacco. Si cerca di comunicare come si può, anche con i gesti quando è necessario. Ci sono scuole che dividono in base al livello dell’alfabetizzazione; altri tra anglofoni da francofoni; ma da noi c’è il rapporto uno ad uno: un volontario ed uno studente, ogni comunicazione si basa sulle esigenze individuali. Non c’è un ragionamento basato sulla classe. Ogni volta ci adattiamo. E’ venuta una mamma con la bambina: alla piccola abbiamo dato da disegnare mentre la madre imparava. Uno dei ragazzi pakistani parlava tedesco ed ho potuto comunicarci io che conosco questa lingua.“
“Non si trovano esperti di didattica alla Penny Wirton, ma volontari che ci mettono la buona volontà. Faremo una riunione per capire come organizzarci meglio. L’importante è che nella scuola tutti si sentano tranquilli, non sotto pressione: nessuno è straniero, siamo tutti insieme per conoscerci.
I corsi non hanno una durata predefinita: finché ci sono le forze si va avanti. Sogno questo progetto da anni è bellissimo, perché sia Eraldo, sia Anna Luce vogliono portare avanti l’idea di un incontro umano senza alcuna divisione religiosa, politica, di lingua. E’ bello leggere, studiare, ma è ancora meglio condividere. Ha detto Affinati: “Se il sapere te lo tieni per te non serve a niente, la cultura è sterile, se invece la condividi allora sì che la cultura aumenta.”
La traccia volante: Casa. La scuola deve essere un luogo dove sentirsi bene. Uno dei volontari ha trovato una poesia da appendere nelle nostre stanze, si intitola proprio Casa del poeta Warsan Shire.
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