“Abbiamo messo a disposizione ciò che avevamo: non solo un letto ed un pasto caldo, ma anche il nostro tempo e la nostra voglia di condividere. Stare a tavola, seduti vicini, ogni sera, ci rende tutti uguali e crea dei legami impensabili con scambi incredibili anche a livello culturale.”
Via Luigi Masi, 5, alle spalle di piazza San Cosimato, due stanze con un bagno, sotto il livello della strada: sulla parete principale, una grande tela originale di Schifano, regalata ai compagni da Gian Maria Volontè. Questa è stata per sei anni la mia sezione, per due una seconda casa. Un luogo nel quale sono cresciuta, mi sono confrontata, ho litigato, programmato campagne elettorali, organizzato volantinaggi, cineforum, corsi di informatica, feste del primo maggio, raccolte fondi e compleanni. Il ricordo di quella passione che mi faceva trascorrere anche il sabato e la domenica tra l’umidità e le chiacchiere, mi inorgoglisce, fa sorridere e crea anche qualche malinconia. Non mi sono mai arresa all’idea di chiamare “circolo” il luogo nel quale, chi ha proseguito nel percorso politico che io ho interrotto, si è ritrovato dopo le varie trasformazioni del partito. Mi sembrava una definizione legata più ad un gruppo sportivo o a signore che si sfidano a canasta. A farmi riscoprire il senso e il valore, non solo di una parola, ma di un luogo da essa rappresentata, ci hanno pensato due miei amici: Carlo Mazzei e Francesca Biondo. Ho iniziato a vedere le loro foto della sezione di San Giovanni aperta per dare accoglienza ai senza fissa dimora nel periodo in cui ha fatto freddo pure a Roma. Mi sono ritrovata a commuovermi davanti ad un loro video, nel quale raccontavano come avessero deciso di occuparsi delle persone a cui avevano dato un riparo, spingendo anche il quartiere a ritrovarsi, per portare un piatto caldo, ma anche per sedersi a tavola insieme. Dopo il servizio di La 7, la commozione è diventata orgoglio ed è riemerso quel senso di appartenenza ad una comunità di intenti che credevo smarrito nelle inutili discussioni televisive. Mi sono decisa allora a chiamare Carlo a cui mi unisce una bella amicizia e la comune lezione umana e politica di Enzo Ciconte. Per anni ho seguito il suo percorso mai distratto, sempre volto a incarnare i valori di giustizia, equità, impegno che non si sono mai piegati a logiche di corrente. Spesso gli ho ripetuto: “il giorno che sarai segretario, forse sarà quello che mi iscriverò di nuovo ad un partito.” Per il momento sono felice di raccontare la storia che da un paese della provincia di Catanzaro lo ha portato a confermare la sua idea di uguaglianza ed umanità come obiettivo della politica, in una sezione centrale di Roma. Un esperimento che mi auguro possa diventare un modello da seguire. Oggi, giovedì 21 febbraio hanno organizzato una cena per far conoscere anche all’esterno quanto è stato fatto: si allungherà il tavolo per dimostrare che ci si deve sedere insieme a chi ha un problema per capire e cercare insieme una soluzione reale. La sorpresa potrà essere che tutti ne trarranno un profitto umano e politico.
La traccia: la passione politica da Caraffa a San Giovanni
“Ho sempre avuto voglia di fare politica. I miei primi ricordi da bambino sono alle feste de l’Unità con mio padre che era responsabile di zona del PCI. Credo fosse il 1986, avevo appena 4 anni, ma ho nitida l’immagine di una manifestazione nel crotonese nella quale si gridava “No Nato, No F16!” durante la quale avrei dovuto reggere una grande bandiera: un drappo di velluto rosso su un bastone pesantissimo. Penso che la reggesse qualcuno per me, ma io c’ero. Non mi sono fatto mancare serate di discussioni e confronti pre e post Bolognina: interminabili serate in sezione o in lunghissime cene appassionate con papà e i suoi compagni.
Mia mamma dice che a 8 anni leggevo “in segreto” l’Unità chiudendomi in bagno: volevo capire cosa accadesse con il crollo del muro di Berlino.
Ho iniziato a leggere alle medie saggi impegnativi e a nemmeno 14 anni ho fondato la sezione della Sinistra Giovanile di Caraffa di Catanzaro, il mio paese. Portammo il contributo più massiccio alla federazione provinciale: oltre 120 giovani iscritti pieni di entusiasmo. Ovviamente ero impegnato nella politica studentesca, mi venne affidata la delega alla scuola nella segreteria della Sinistra Giovanile di Catanzaro.
A 16 anni entrai nella direzione federale del Partito Democratico della Sinistra. Non so quanto tempo abbia impiegato prima di trovare il coraggio di prendere la parola: mi sembrava di avere tantissimo da imparare ed era proprio così. Parlavo molto, invece, nella direzione nazionale di Studenti.net dove rappresentavo la rete studentesca regionale della Calabria, incarico grazie al quale ho cominciato ad uscire dalla realtà provinciale. Giravo con il mio cinquantino per le strade provinciali ad aprire nuove sezioni della Sinistra Giovanile nei paesi e nelle città. Ho partecipato all’organizzazione delle ultime feste de l’Unità dei Democratici di Sinistra, tornando alle due di mattina per svegliarmi alle 6 e andare a scuola: mia mamma ha sempre avuto molta fiducia in me e tanta pazienza.”
“Non mi fermavo neanche a scuola. Mi sono molto impegnato nel costruire la rete nel catanzarese dei rappresentanti di istituto. Frequentavo la sezione E del mio liceo scientifico, la stessa di Salvatore Scalzo che molti anni dopo ho aiutato nella candidatura a sindaco di Catanzaro. Lasciai Roma per 4 mesi per coordinare la sua campagna elettorale. Non vincemmo, ma ottenemmo la percentuale più alta di voto disgiunto: Salvatore fu votato dal 33% dei catanzaresi, i partiti collegati raggiunsero il 16%.“
A Roma si ricomincia
“Nella capitale sono arrivato subito dopo il diploma. Ricordo il viaggio in macchina da Tropea, con Enzo Ciconte e sua moglie Adriana. Per me Enzo, era e rimane, una figura fondamentale nella formazione politica ed umana: con la sua famiglia e con i suoi figli c’è un rapporto indissolubile. Sono stato da loro due giorni prima del test di ingresso per accedere alla Facoltà di Architettura: il 4 settembre del 2000. Arrivai settimo e mi cambiò la vita. Lasciai la Calabria, la mia famiglia, i miei amici e gradualmente il mio impegno politico locale. La testa per un po’ rimase lì, dovetti però ricominciare da capo. Non ci volle molto per riprendere il mio impegno.
Sollecitato da alcuni ragazzi della facoltà che avevano fatto il mio nome, mi convocò il responsabile Università della Sinistra Giovanile di Roma, Alessandro Pillitu: ”ti va di venire a fare qualche telefonata per le elezioni del CNSU (Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari)?” Ovviamente sono andato e rimasto tutto il pomeriggio per fare le telefonate da un elenco scritto a mano: feci oltre 150 telefonate per convincere ognuno a sostenere i nostri candidati. Contemporaneamente mi sono iscritto alla sezione D.S. di Porta San Giovanni e alla mitica sezione della Sinistra Giovanile Woody Allen”.
“Tanto per non perdere l’abitudine a dividermi tra diversi impegni, Michela Moriggi e Cecilia Falcone vollero mi candidassi all’ Ateneo federato delle Scienze umane delle arti e dell’ambiente e fui eletto nel Consiglio degli Studenti ed in quello Accademico nelle liste della Sinistra Universitaria.
La politica iniziò a rallentare un po’ i miei studi, ma iniziai anche a lavorare sebbene in modo discontinuo. Il segretario di sezione mi chiese di entrare in segreteria e per il partito municipale mi sono occupato di Ambiente e Territorio. Ma non ho mai perso di vista la politica nell’ateneo universitario più grande d’Europa, La Sapienza. Nel limbo della definizione del Partito Democratico ho lavorato alla costituzione della lista degli Studenti Democratici, provando a mettere insieme le varie anime che si stavano disarticolando per unirsi in un nuovo disegno complessivo. Sono stato il primo responsabile Università e ricerca dei Giovani Democratici di Roma.
Il mio impegno è rimasto ancorato a questi temi, mentre crescevano le collaborazioni professionali legate ai miei studi e, ad un certo punto, anche le occasioni di ricerca: oggi sono orgoglioso di aver firmato un libro sul governo istituzionale e la pianificazione delle città metropolitane e di aver partecipato a due importanti volumi per i quali ho anche potuto vedere all’opera grandi amministrativisti e su tutti Sabino Cassese.”
“La mia vita ha continuato a dividersi con la politica, che ha preso sempre più spazio: dall’organizzazione degli Stati generali dell’università e della ricerca, all’elezione di diversi nostri rappresentanti al CNSU, alla costruzione di una rete che coinvolgeva direttamente anche gli atenei di Tor Vergata, Roma 3 e Luiss.
Terminata l’Università ho superato l’esame di Stato, ho aperto una partita iva, messo su uno studio tecnico e preso un Master di II livello, ma la mia passione ed il mio impegno sono rimasti intatti. Mi sono ritrovato a pensare con qualche rimpianto alle discussioni vissute nel partito della mia infanzia e giovinezza, quando ci si sentiva parte di una comunità. Sono cresciuto nelle sezioni in cui i congressi duravano giorni e quasi tutti gli iscritti intervenivano e ascoltavano comunicando il proprio pensiero. Solo alla fine del dibattito si votava.”
Il ritorno in sezione
“Oggi è diverso, ne prendo atto e non voglio neanche sembrare troppo nostalgico, ma io continuo a credere che la democrazia non sia garantita solo dal voto, molto di più dalla discussione libera e aperta che lo precede. Nel ‘96 quando ero parte della direzione federale della mia città, avevo timore ad intervenire perché riconoscevo di essere tra chi aveva più esperienza di me, ora questa forma di rispetto verso chi può insegnare qualcosa, che non è una vuota soggezione, si è persa.
Impegnavo giorni a preparare il mio intervento, studiavo, cercavo di non essere banale nell’elaborazione, curavo le parole per riuscire a far arrivare al maggior numero di persone il senso del mio pensiero. Ora conta di più la relazione individuale e così siamo finiti per omologare le culture politiche.”
“Il commissariamento del partito romano mi ha spinto a scegliere una maggiore indipendenza di percorso: il mio studio professionale si occupa di edilizia pubblica e privata, di urbanistica e di valutazione ambientale. Quando si è riformata la direzione federale, un anno e mezzo fa circa, ho scelto di tornare da dove avevo trovato la mia “famiglia romana” e dove ho imparato tanto, anche nei momenti più sofferti di scontro politico: così sono diventato segretario della sezione di San Giovanni.
Per me non si tratta di una diminutio meno altisonante rispetto a chi svolge funzioni pubblicamente più evidenti e cerco di svolgere il mio compito così come lo avevo visto fare da ragazzo: con l’impegno e la disciplina che ho imparato lungo tutto il mio percorso politico. Ho scelto un luogo che veniva da una storia importante, ma era chiuso da tempo e ho garantito prima di tutto l’apertura e la presenza: sono il primo ad arrivare e l’ultimo che chiude perché mi hanno insegnato che conta l’esempio. La sezione è a disposizione per le varie attività del territorio: abbiamo tappato le buche nelle strade e aiutato i commercianti a valorizzare il mercato rionale, sosteniamo il lavoro civico delle associazioni e dei comitati locali senza ingerenze. Qui si fa teatro e si ritrovano le comunità straniere di Roma. Quando abbiamo votato per la convenzione nazionale a gennaio, da una parte avevamo allestito i seggi c’era la fila di iscritti per votare, dall’altra c’era una festa con l’ambasciatore del Camerun, in mezzo i nostri amici senza tetto che mangiavano.”
Il progetto accoglienza con Sant’Egidio
“Da qualche anno abbiamo cominciato a collaborare con dei volontari della Comunità di Sant’Egidio: io che non sono nemmeno battezzato mi ritrovo nei loro ideali solidaristici che sono alla base anche della nostra cultura. È comune il riflesso incondizionato di aiutare chi vediamo in difficoltà per strada. Grazie alla nostra consigliera municipale, Francesca Biondo, abbiamo preso contatti per condividere un progetto di assistenza agli anziani soli del quartiere. Abbiamo dato una mano pratica, abbiamo costruito un rapporto di fiducia e ci siamo avvalsi delle loro competenze anche per l’impegno che stiamo portando avanti da quasi due mesi.
Tra dicembre e gennaio a Roma sono morte 12 persone per il freddo e abbiamo deciso di non rimanere indifferenti e limitarci solo ad accusare il Comune per la pessima gestione dell’emergenza. Dovevamo agire in maniera concreta, aiutando chi non avesse un riparo, ma occorreva sapere come relazionarsi. C’erano poi i dubbi pratici: dall’uso dello spazio in sezione senza toglierlo alle attività già stabilite al timore di non saper “trattare” adeguatamente chi vive una condizione umana particolare per la strada. Grazie alla collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio ci siamo lanciati. È stata anche una risposta alla campagna di chiusura del governo rispetto a chi ha bisogno: noi apriamo casa nostra a coloro che sono in difficoltà, altri lasciano per giorni bambini, donne e uomini in mezzo al mare.”
“Abbiamo messo a disposizione ciò che avevamo: non solo un letto ed un pasto caldo, ma anche il nostro tempo e la nostra voglia di condividere. Le sei persone che ospitiamo la mattina vanno a lavorare (perché questa è la realtà: in mezzo alla strada c’è chi fa tutto quello che può per sostenersi, ma non riesce a permettersi un affitto e le utenze), il pomeriggio tornano, diamo loro la possibilità di lavarsi e cambiarsi e poi si cena tutti insieme. Sono quasi cinquanta giorni che io mangio in sezione con loro, ho disertato solo un fine settimana per andare a festeggiare i 98 anni di mio nonno. I volontari, come pure le signore del quartiere, cucinano divinamente come nemmeno nei ristoranti.”
“Ci sosteniamo con l’autofinanziamento, le donazioni, scoprendo una grande solidarietà. L’entusiasmo è oltre ogni nostra previsione, il passaparola ha fatto varcare la soglia della sezione anche chi non sapeva nemmeno che ci fossimo: ora vengono, portano qualcosa e si sta insieme.
Stare a tavola, seduti vicini, ogni sera, ci rende tutti uguali e crea dei legami impensabili con scambi incredibili anche a livello culturale. Il chimico algerino Abdallah mi ha fatto capire bene il loro calendario lunare, ma ci siamo confrontati anche tra cristiani, buddhisti e musulmani sulle differenti concezioni religiose con un dibattito di livello molto alto. Si è discusso del conflitto israelo-palestinese e degli interessi della Cina e delle altre potenze occidentali in Africa, tutto da prospettive diverse e desuete.”
Il salto ulteriore
“Faccio fatica a pensare che possa finire tutto questo, ma ovviamente l’emergenza freddo terminerà. Oggi ci siamo dati tutti insieme un nuovo obiettivo: oltre a togliere le persone dalla strada temporaneamente, riusciremo a fare un salto di qualità trovando loro un lavoro più stabile e un tetto caldo e stabile per dormire.”
“Confido nella rete che abbiamo costruito e in quella di Sant’Egidio, per questo abbiamo deciso di dare visibilità a quanto stiamo facendo.
Per 15 giorni non abbiamo diffuso la voce, poi abbiamo deciso di far sapere, non solo per creare un precedente, ma soprattutto per moltiplicare e allargare il progetto. Hanno già aderito, qui a Roma, la sezione San Lorenzo e quella dei Parioli, mentre ci chiamano dalla Calabria, dalla Puglia e dall’Emilia Romagna per replicare l’idea. La visibilità sulla nostra iniziativa ha aiutato a capire che si può fare molto di più che raccogliere coperte e generi alimentari. Si può accogliere, ci si può prendere cura di chi ha bisogno e condividere realmente, ottenendo inaspettati risultati umani e anche politici.”
“Il 21 febbraio abbiamo organizzato una serata speciale per consentire di partecipare a tutti coloro che ci hanno detto che, per questioni di tempo e di lavoro, non riuscivano a passare, ma hanno dato un contributo economico: vogliamo mostrare quanto siamo riusciti a creare anche grazie a loro. Lo scopo è anche offrire uno stimolo per seguire questo nostro metodo che può tornare ad essere un percorso scelto dal partito, per questo ho invitato i tre candidati alle primarie. È giusto far vedere che si può ricreare una comunità ed è necessario coinvolgere i membri in una discussione concreta sul lavoro e sulla casa che deve essere garantito al maggior numero di persone.
Ritrovarsi in sezione a presentare ad altri la famiglia che si è creata in questi mesi serve a tutto questo.
La strada è tracciata ed io continuo a percorrerla in motorino per proseguire il percorso che abbiamo progettato e che va oltre il lavoro di architetto. Ho cambiato solo la cilindrata: ora mi sposto con un 250 di cilindrata perché il tempo non mi basta mai.“
La traccia volante: La sinistra è umanità. Tutto ciò che si fa deve rispondere soprattutto a questo.
Rispondi