“Quest’anno il tema scelto dalla Fondazione è la Libertà. Ed io l’ho interpretato, realizzando con il mio gruppo: Chi è senza peccato scagli la prima mela. Un carro che riflette la libertà di amarsi. Ho vinto sempre questi anni, per cui ho focalizzato la mia attenzione sul messaggio. E’ andata bene: non solo non sono ancora arrivate critiche, ma è stato un plebiscito di consensi.”
Ho visto in rete un’immagine emozionante: raffigurava il bacio di Klimt, interpretato in forma di carro di Carnevale. All’inizio, colpita dai colori e dalla perfezione della macchina scenica, non ho notato che i protagonisti del celebre gesto fossero due figure maschili. La poesia dell’arte guarda alla bellezza che non fa questione di genere: bella perché naturale, senza necessità di giudizi o pregiudizi. Così dovrebbe essere anche nella realtà, Questo il messaggio che ha voluto veicolare il maestro cartapestaio Deni Bianco, trionfatore indiscusso delle ultime 8 edizioni del Carnevale di Putignano, il più antico d’Europa e il più lungo d’Italia. Un evento che affonda le radici in una storia che sin dall’inizio ha visto l’incontro di sacro e profano. Si narra che nacque da una processione con la quale, il 26 dicembre del 1394, venne accompagnata la traslazione delle reliquie di Santo Stefano Protomartire dall’abazia di Monopoli alla Chiesa di Santa Maria della Greca a Putignano, ritenuto luogo sicuro, protetto dai continui assalti sulla costa da parte dei Saraceni. La tradizione orale tramanda l’immagine dei contadini di Putignano, impegnati nell’innesto delle viti con la tecnica della propaggine, che, al passaggio della processione, abbandonarono campi e lavoro per accodarsi festanti al corteo, ballando, cantando e improvvisando versi satirici in vernacolo. Nacque così la Festa delle Propaggini. Da 622 anni, ogni 26 dicembre, inizia il Carnevale che, nella prima metà del ‘900, si unisce ad un’altra particolarità del territorio: i maestri artigiani. Sono loro che mettono arte, passione e competenza a totale disposizione nella creazione di quelli che all’inizio sono piccoli carretti e poi diventano vere e proprie opera d’arte, miscela di diverse competenze: dall’arte del ferro a quella della cartapesta, la scultura e la falegnameria legate dalla creatività e da un messaggio. L’arte popolare traveste la realtà per divulgare un’idea. Temi e problemi dell’attualità si leggono sui carri che ne sintetizzano l’essenza per far riflettere. Dal 26 dicembre al martedì grasso, è un susseguirsi di riti, tradizioni, sfilate e processioni, in un continuo alternarsi di sacro e profano. Per i maestri cartapestai tutto inizia a settembre con la proclamazione, da parte della Fondazione del Carnevale di Putignano, dei 7 bozzetti vincitori a cui vengono assegnati i 7 spazi comunali dove trasformare l’idea in carro. Si passa al 26 dicembre, giorno di Santo Stefano e delle Propaggini per poi dare l’avvio il 17 gennaio, giorno di Sant’Antonio Abate, agli appuntamenti del carnevale dai ritmi più sfrenati. Di sfilata in sfilata, si arriva al martedì grasso quando i 365 rintocchi della Campana dei Maccheroni scandiscono, ufficialmente, l’inizio della Quaresima. Mi ha spinto a scoprire la storia di questa importante tradizione italiana, proprio Deni Bianco che è cresciuto, onorandola. Mi ha racconto il suo legame con il Carnevale e con i carri. La storia di un artista che, insieme al suo gruppo, trasforma la realtà in cartapesta, ferro e legno per mostrarcela meglio e che sognava di farlo da quando aveva 5 anni.
La traccia: l’arte dei carri del Carnevale di Putignano
“A Putignano il Carnevale è come il campionato di calcio. I carri sono seguiti dai bambini sin da quando si cominciano a progettare. Io sono appassionato da quando ho 5 anni: mia madre collezionava, per lei e per me, le edizioni speciali dei giornali che uscivano in quei giorni. La passione si tramanda e si alimenta.
Erano i tempi nei quali si poteva uscire tranquillamente per strada a giocare, sin da piccolissimi. Noi andavamo a spiare i capannoni nei quali si preparavano i carri: spulciavamo nella spazzatura per trovare un piede o una mano dei pupazzi.
A 12 anni è arrivata l’occasione per cominciare il mio percorso. Il maestro Vito Cervellera mi chiese di strappare alcuni giornali per la cartapesta. Chiesi di poter tornare e da allora, ogni giorno ero nel capannone. Mi sono integrato nel gruppo nel quale c’era anche un altro maestro, Polignano Achille che lavora ancora con me.
Questa è l’unica scuola. Si parte da compiti marginali come raccogliere la carta, poi si acquisisce un ruolo. Si apprende solo osservando il maestro o guardando bene ogni passaggio del lavoro. Questo è stato il mio caso. Dopo 6 anni nel gruppo, ho cominciato a dipingere, fare scultura fino a entrare in società con il maestro. Quando il gruppo si divise, passai con il maestro Francesco Spoltelli: ho partecipato a 4 carri con lui, dal 1998 al 2001. “
L’autonomia
“Quell’anno decisi di provare la strada da solo. Presentai un mio bozzetto alla Fondazione del Carnevale che, ogni anno, emana un bando per selezionare le 7 domande dei 7 maestri che andranno a lavorare nel 7 spazi comunali, assegnati per costruire il carro. Per 4 anni i miei bozzetti sono stati bocciati. Non mi sono scoraggiato e ho continuato a fare delle maschere di carattere, piccoli carri che partecipano ad un concorso a parte. Intanto mi ero anche aperto una partita iva e lavoravo, come faccio tuttora, nell’ambito delle costruzioni scenografiche.
Nel 2004 un maestro cartepestaio lasciò lo spazio assegnato. Nel 2005 il capannone venne adibito alla costruzione di carri di seconda categoria, ma nel 2006 si decise di riassegnarlo ad uno di prima categoria e sono stato selezionato io.
Con il mio gruppo, che formai rapidamente, chiamando persone con cui avevo già lavorato, in particolare il maestro Polignano Achille, avevamo poco tempo per approntare la logistica del capannone e fare il nostro carro. In due mesi riuscimmo a costruire “Come sì bello a cavallo a ‘sto cammello” che arrivò terzo, ma ci furono contestazioni: potevamo anche arrivare più su, ma non importa, perché poi seguirono 8 vittorie e 2 secondi posti.
Si formò il gruppo Deni Bianco, quando poi chiesero di presentare il bando come associazione siamo diventati cArteinregola.”
Dal precariato all’inquinamento
“I temi dei carri li scelgo sempre io in base alle problematiche sociali di cui scelgo di parlare. Nel 2007, con “L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro… precario”, ho rappresentato i giovani lavoratori come spaventa passeri aggrediti dai corvi neri del mercato del lavoro. Nel 2010 con “20000 Beghe sotto i mari” ho voluto puntare l’attenzione sulle navi cariche di rifiuti tossici e radioattivi, affondate nel Mediterraneo: puntando sull’omertà che purtroppo copre questi reati, ho rappresentato tre marinai “non vedo, non sento, non parlo”. Ho affrontato anche una questione che tocca fortemente noi pugliesi: la crisi dell’Ilva. Con “The show must go on”: fumi e fiammate per raccontare un inferno tutto terreno.
Da 5 anni la Fondazione proclama un tema generale che noi maestri cartapestai possiamo decidere come interpretare. Continuiamo a rappresentare la realtà con grandi soddisfazioni come nel 2014 con “Falstaff. Ride ben chi ride la risata final”: il carro è arrivato secondo, ma è diventa l’immagine di un francobollo della Repubblica Italiana. “Non tutti i Gulliver vengono per nuocere” vince l’edizione del Carnevale di Putignano 2016, affrontando il tema della diversità relegata ai margini. Con “Selfie della gleba” vinciamo anche l’edizione 2017. Non ci siamo fermati e abbiamo trionfato anche nel 2018 con “2018 Odissea nello strazio”, mostrando la realtà fatta di finti eroi generati dalla retorica dei mass media che ha lasciato nello strazio i veri supereroi senza più nessun compito, disoccupati da tempo, esperti del super niente, arrugginiti, goffi e inadeguati.”
“Il carro ha varie genesi. Può nascere dal soggetto già materico che ho in testa perché ha colpito la mia attenzione, magari durante un viaggio, a cui attribuisco un significato speciale. Oppure, nel mio caso la maggior parte delle volte, tutto parte da ciò di cui voglio parlare a cui associo in corso d’opera le figure. Il tempo di realizzazione è di 4 mesi. Si parte da zero: il regolamento obbliga a ricostruire tutto senza utilizzare nessuna figura o oggetto dei carri precedenti. Ci lavoriamo in 10/ 12: la mia squadra è composta soprattutto da ragazzi giovani e poi ci siamo io e Achille. Noi siamo tutta la giornata nel capannone, gli altri arrivano il pomeriggio.”
Sul carro la libertà dell’amore
“Quest’anno il tema scelto dalla Fondazione è la Libertà. Ed io l’ho interpretato, realizzando con il mio gruppo: Chi è senza peccato scagli la prima mela. Un carro che riflette la libertà di amarsi. Il bacio di Klimt con protagonisti due figure maschili. C’è la necessità di impegnarci affinché si consideri normale lo scambio di gesti di affetto tra persone dello stesso sesso. Ho creduto fosse utile veicolare il messaggio attraverso il carro che rappresenta l’arte popolare. Ero pronto a tutte le critiche, anche i miei amici artisti mi avevano manifestato le loro perplessità.”
“Ho vinto sempre questi anni, è giusto che arrivino prima anche altri, per cui ho focalizzato la mia attenzione sul messaggio. E’ andata bene: non solo non sono ancora arrivate critiche, ma è stato un plebiscito di consensi. Sono contento che i primi a congratularsi con noi siano stati dei rappresentanti della comunità LGBT.”
“Abbiamo già fatto la prima sfilata domenica scorsa, ci aspettano altre due domeniche e il martedì grasso. Questa è la parte finale: sono 4 mesi che lavoriamo al nostro carro. Con noi ci sono stati anche dei ragazzi che come noi da piccoli vengono a dare una mano. Fa parte del modus operandi dei capannoni per trasmettere la tradizione e formare i futuri cartapestai. Purtroppo rispetto ai nostri tempi è tutto più complicato: prima noi eravamo abituati a stare in strada, senza nemmeno avvertire i genitori, non c’erano rischi. Oggi i ragazzi sono seguiti sia dai genitori, sia dalla scuola in quello che fanno, per questo servirebbe che la Fondazione del Carnevale creasse questo collegamento tra famiglie e scuole per consentire agli studenti di venire ad imparare in maniera strutturata. I cartapestai del domani devono avere voglia di studiare, sia nelle aule, sia nei capannoni.”
“Qui si imparano diversi mestieri e arti utili per il futuro: non solo quella della cartapesta, ma si può apprendere come si procede alla costruzione metallica, nozioni di falegnameria, oltre ad acquisire una mentalità che porta all’applicazione pratica del proprio estro creativo. Grazie ai miei anni nei capannoni, io sono diventato uno scenografo, lavoro nei più prestigiosi teatri italiani, oltre ad allestire i palchi di grandi artisti italiani e internazionali.”
“E’ una palestra per affrontare la vita in maniera più semplice. Un luogo dove condividere liberamente del tempo: non abbiamo orari precisi, ci si incontra il pomeriggio con il pretesto di costruire qualcosa. Siamo anche un contenitore sociale: per 4 mesi, 100 persone si ritrovano per uno scopo creativo.”
“Il Carnevale di Putignano è la festa autoprodotta più grande della Puglia e ne siamo fieri. Credo abbia una valenza storica e culturale tale per cui andrebbe preservato dalle istituzioni, oltre all’indotto economico che produce, attraendo nel territorio turisti anche da altri paesi del mondo che diventano clienti per i ristoranti e le strutture alberghiere.
E’ il nostro patrimonio che deve continuare a crescere e ad essere tramandato per raccontare il paese attraverso l’arte popolare.”
La traccia volante: l’arte, come il Carnevale, fa sognare e fa riflettere.
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