“Venerdì 15 parteciperemo alla manifestazione Climate strike. I temi che la animano sono i nostri, quelli sul riscaldamento globale, sui quali stiamo lavorando da tempo. Era naturale aderire, ma il nostro impegno va oltre la marcia con cartelloni e manifesti: è il completamento di un percorso su cui poi continuiamo a lavorare, anche quando finisce il corteo.“
“Occorre agire immediatamente per il clima, come se la vostra casa fosse in fiamme. Non voglio il vostro aiuto, non voglio che siate senza speranza. Voglio che andiate in panico, per sentire la paura che provo ogni giorno. È il momento di essere chiari: risolvere la crisi climatica è la sfida più grande e complessa che l’umanità abbia mai affrontato”. Greta Thumberg, ha sedici anni ed è riuscita a smuovere l’opinione pubblica, interrogando i rappresentanti politici e coinvolgendo i suoi coetanei nella battaglia del secolo contro i cambiamenti climatici. La studentessa svedese ha inventato un sistema di protesta ormai virale: lo sciopero della scuola per il clima. Ogni venerdì, invece di andare in classe, si ferma davanti al Parlamento di Stoccolma. Domani, venerdì 15 marzo, milioni di studenti sparsi per il mondo scenderanno in piazza come lei per il Climate Strike, a chiedere a tutti i governanti del pianeta una seria presa di posizione per impedire l’inesorabile peggioramento del cambiamento climatico. C’è chi a questa manifestazione farà arrivare bambini e ragazzi, dalle elementari alle medie, molto preparati, perché ha fatto della difesa dell’ambiente un metodo didattico, ispirandosi a prassi antiche di utilizzo consapevole della terra. E’ Maria Di Biase, preside dell’Istituto Comprensivo di Santa Marina a Policastro, dal 2007 impegnata a rimettere i suoi studenti in contatto diretto con ciò che li circonda, a riattivare la loro attenzione sul presente e sul futuro, utilizzando metodologie che si rifanno alla saggezza del mondo contadino. La sua sfida è spiegare, non solo ai bambini, amanti entusiasti della natura, ma soprattutto agli adulti, quanto sia più contemporaneo il consumo di pane e olio rispetto a quello di una merendina; quanto possa essere decisivo il contributo di ognuno, attraverso il riciclo e l’eliminazione della plastica; quanto il futuro, lentamente, ma con attenzione si costruisca nel presente. Domani, Maria sarà in piazza per un percorso che prosegue e che sono grata abbia voluto raccontarmi.
La traccia: la difesa dell’ambiente a partire dalla scuola
“A Napoli facevo la maestra, lavoravo con Libera nella provincia nord di Napoli. Io sono di Marano, zona ad alta densità mafiosa. Ho cominciato a lavorare giovanissima: a 18 anni insegnavo già. Ho collaborato a diversi progetti di educazione alla legalità a livello provinciale, coinvolgendo le varie fasce scolastiche, dalla materna alle superiori.
Per diverso tempo ho fatto la supplente per poi impegnarmi nei concorsi: li superavo, ma poi non riuscivo ad entrare nel numero limitato a cui veniva assegnata la cattedra. Sono riuscita a diventare di ruolo a 27 anni, nel frattempo mi sono sposata e ho avuto due figli.”
“A 30 anni mi sono iscritta all’Università: Lettere e Filosofia. Ho risposto ad un desiderio sia mio, sia di mio padre. Studiavo nei ritagli di tempo dal lavoro: in 3 anni e mezzo mi sono laureata in Storia del Mezzogiorno con una tesi dedicata alla mia famiglia contadina. Vengo da una tradizione patriarcale, i miei erano possidenti terrieri a Marano. Hanno resistito e tenuto le proprie terre, rispetto ai tanti che hanno ceduto e venduto. Ho visto la trasformazione del territorio: di 600 aziende agricole ne sono rimaste pochissime dopo il sacco edilizio, si sono perse in questo modo agricolture di pregio. Dalla terra dei fuochi all’interramento dei fusti, abbiamo visto di tutto, la mia famiglia si è ribellata sempre e ha difeso questa terra. Mio figlio è diventato contadino, guardando alla nonna, rifacendosi ai principi di una agricoltura bio.”
“E’ arrivato un momento nel quale, però, io ho sentito la necessità di ricominciare altrove. Mi sono laureata, separata, ho perso mio padre e provato il concorso per preside. Mi sono detta: “se lo supero, me ne vado. “
“Ho lasciato tutto e sono venuta nel Cilento. Era il 2007. Ho ricominciato da zero, anche dal punto di vista economico. Sia con la mia famiglia d’origine, sia con mio marito, ero abituata a vivere nel benessere. Non mi importava: io volevo costruire, non solo stare sempre a combattere. Prendere una scuola nelle mie mani era l’occasione perfetta per darmi da fare, molto più difficile di limitarsi alla ribellione. A San Giovanni a Piro ho trovato una scuola tradizionale, niente di negativo, ma non lavorava secondo quelli che erano i miei principi didattici, innovativi. Non avevo in testa un modello preciso a cui ispirarmi. Seguo i metodi montessoriani, steineriani, mi colpiscono le home schooling delle famiglie che decidono di far studiare i propri figli in maniera alternativa rispetto al sistema tradizionale. Io credo nella scuola pubblica, anche se c’è molto da cambiare al suo interno.
E’ bello lavorare per poter offrire ai bambini uno spazio nel quale essere felici.”
La rivoluzione del pane e olio
“Sembrava che tutto mi venisse incontro per mettere in pratica il mio modello. Ho trovato un gruppo di docenti pronti ad accoglierlo, anche se non sono mancate le ostilità.
Il mio primo provvedimento non è stato accolto subito con entusiasmo. Ho eliminato le macchinette distributrici di merendine. La nuova merenda era a base di pane e olio. Che poteva sembrare anche una provocazione. Si è poi arricchita con la scarola o con la marmellata. Tutti cibi e ingredienti prodotti intorno alla scuola. Si è creato un movimento: ho individuato un piccolo paese vicino, nel quale i contadini producono farine che non si trovano normalmente in commercio, ottenute da diversi tipi di grano con metodi antichi. Per l’olio siamo andati nei frantoi con gli studenti, portando anche le olive prodotte dagli alberi del nostro giardino.”
“I bambini hanno reagito con entusiasmo, loro capiscono sempre. Il problema sono gli adulti, soprattutto alcuni genitori. La mia è vista come un’operazione nostalgica: devo dimostrare che è la merendina ad essere passata di moda. Nel Cilento molte famiglie si sono affrancate da poco dalla povertà, con il pane e olio, pensano che io li voglia far tornare indietro, a quando non potevano permettersi la spesa al supermercato. “
“L’obiettivo è riuscire a cambiare gli stili di vita: far tornare l’orgoglio di coltivare l’orto a chi se ne vergogna, legittimare a riprendere queste attività. Chi è contro, rimane tale, posso solo continuare a dimostrare quanto il nostro lavori indichi una strada verso il futuro, diversamente da quanto loro credano. Come la nostra politica contro l’uso e getta a mensa, in generale la nostra battaglia alla plastica che si scontra con la resistenza di madri e padri all’utilizzo delle borracce rispetto alle bottigliette. Continuano a considerarle più igieniche.”
“Alla base c’è un problema di bassa scolarizzazione di alcuni genitori che vedono la scuola come un luogo nel quale deve dominare la severità, dove si danno soprattutto molti compiti. Sia chiaro nel mio modello si insegnano tutte le materie curriculari, anzi il metodo diverso che si utilizza, garantisce proprio un maggior apprendimento. Noi facciamo lezioni di spesa consapevole, la lettura delle etichette e cerchiamo di fare in modo che continuino gli insegnamenti a casa.”
“Mi fa sorridere quando incontro i bambini con le loro famiglie al supermercato e vedo che si nascondono perché si vergognano di quello che hanno nei carrelli.
Loro capiscono e sarebbero felici di essere ascoltati. Hanno voglia di sperimentare, di conoscere nuove nozioni e partecipare ad esperienze per loro innovative.”
“Imparano tanto anche dai progetti finanziati grazie ad un bando regionale, che consente l’ingresso di esperti esterni per attivare laboratori anche nel pomeriggio. Tutto volto ad una didattica innovativa che prevede anche l’utilizzo dello spazio esterno alla scuola. Lo abbiamo ripulito, abbiamo tolto il vecchio materiale di risulta abbandonato, poi l’abbiamo anche riutilizzato. Abbiamo avuto così il luogo dove piantare i nostri orti e sistemare le nostre compostiere. Abbiamo messo tavoli e panche per fare lezioni all’aperto.”
“I bambini sono felici di partecipare all’orto, di seminare, piantare. Ci sono momenti nei quali apriamo il nostro giardino e i progetti anche ai genitori e ai nonni. Partecipa la comunità. Abbiamo piantato tantissimi alberi da frutto. Per merenda a rotazione la scuola offre spremute di arancia e pane e olio, con un risparmio anche per le famiglie.”
Nuova scuola, rinnovato impegno
“Purtroppo, quattro anni fa, per questioni burocratiche che poco hanno a che vedere con la didattica, legate al calo del numero degli alunni, sono stata costretta a trasferirmi nell’istituto del comune vicino, a Policastro. C’è stata una reazione, qualcuno voleva seguirmi, c’è chi si è trasferito. L’idea più funzionale sarebbe stata unire le scuole, ma entrano in gioco interessi diversi di cui non sono io a dovermi occupare.”
“Del nuovo istituto fanno parte anche scuole dei paesi interni. Ho trovato diverse sensibilità ed una tendenza ad occuparsi soprattutto della sicurezza, quindi i miei progetti, legati molto al rapporto con il territorio, sono stati visti con sospetto. Ho dovuto ricominciare di nuovo da capo. Si era diffusa la voce sulle mie metodologie di insegnamento, ma ho trovato docenti che non erano molto preparati a seguirmi per cui mi sono dedicata alla loro formazione. “
“Sono ripartita dalla mensa a rifiuti zero, le eco merende e i progetti per il riciclo dei rifiuti. Tutto quello che ho realizzato nella scuola precedente lo ho riportato qui ed anche di più. Ogni attività è legata alla didattica e inserita nelle indicazioni nazionali. Significa che se raccogliamo l’olio esausto per farlo diventare sapone, spieghiamo, agli studenti più grandi, i procedimenti scientifici che portano a questa trasformazione, mentre con i più piccoli scriviamo e leggiamo la ricetta del processo: a tutti chiariamo, attraverso le nozioni che conoscono, quali siano le conseguenze dei danni degli oli nel mare.”
“Farò il mio lavoro qui fino a quando potrò, sperando di non scendere sotto i 500 alunni.
Venerdì 15 parteciperemo alla manifestazione Climate strike. I temi che la animano sono i nostri, quelli sul riscaldamento globale, sui quali stiamo lavorando da tempo, sia in scienza, sia in tecnica. Era naturale aderire, ma il nostro impegno va oltre la marcia con cartelloni e manifesti. Alcune scuole ci sono, senza far capire ai bambini e ai ragazzi, il motivo per il quale manifestano. Per noi invece è il completamento di un percorso su cui poi continuiamo a lavorare, anche quando finisce il corteo. Sono felice che alcuni studenti stiano proseguendo nello studio e nell’impegno sui temi dell’eco sostenibilità. Mi piacerebbe che orientassero le loro scelte future guardando a quanto hanno appreso dal mio metodo. “
“In questi anni mi hanno chiamato diverse scuole del nord e anche alcuni ospedali. C’è molta attenzione rispetto a quanto ho fatto e continuo a fare, ma temo che pensino sia sufficiente invitarmi per affrontare il tema, mentre è necessario proseguire con impegno, passo dopo passo per dare seguito ad un percorso. Serve fatica e tempo. La scuola purtroppo sembra risentire del male della società contemporanea: la velocità, la logica del tutto e subito.
La scuola deve rivendicare la sua lentezza.”
La traccia volante: andiamo avanti. Lo dico sempre
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