Le varie espressioni dell’arte si possono ammirare, criticare, ma lasciano segni che non dovrebbero mai essere cancellati. In difesa delle opere del progetto On The Wall di Palazzo Collicola – Arti Visive di Spoleto.
L’arte è un passaggio di tracce: dall’antichità è un tramandare di linguaggi che si incontrano per mescolarsi, cambiarsi, riadattarsi all’epoca nella quale si crea, o opporsi, attraverso chiavi e cifre spesso impercettibili per chi osserva. Ammetto di essere solo spettatrice, di godere a volte anche dell’incomprensione davanti alla meraviglia di una tela o di una scultura. Soffro, però, quando vedo danneggiata o rimossa l’espressione di un dono dell’anima che è quanto un artista esprime attraverso il proprio segno distintivo nelle forme e nei colori. Per questo ho raccolto l’appello di Camilla Laureti, ex assessore alla cultura, oggi consigliera di opposizione del comune di Spoleto, impegnata a chiedere di non cancellare le opere d’arte dipinte sulle mura di Palazzo Collicola Museo Giovanni Carandente, il secondo spazio più importante per l’arte contemporanea in Umbria. Nel palazzo del 700, al centro della cittadina umbra, nel 2010 prese vita il progetto On The Wall che portò diversi artisti nazionali e internazionali ad animare i muri delle sale e quelli perimetrali con le loro opere. Come spesso accade, un’operazione dirompente di questo tipo, voluta dall’allora direttore Gianluca Marziani, porta inevitabili polemiche tra chi considera l’arte un patrimonio da custodire immutabile e chi lo tutela nell’incontro con l’attualità. Le opere però sono state fatte, e alla fine gli spoletini ad alcune di esse si sono pure affezionati. Ora il nuovo direttore ha iniziato un’operazione di cambiamento, che è naturale e legittima, ma che purtroppo sta partendo dalla cancellazione delle tracce del passato: a colpi di vernice si sta distruggendo per sempre il progetto On The Wall e con esso la possibilità futura di rivedere quanto gli artisti decisero di lasciare al museo e alla città. Le parole di chi ha voluto le opere, l’esperienza di chi ha lo preceduto nella diffusione dell’arte contemporanea e di chi si sta battendo per l’attuale tutela, si incontrano e speriamo di dare il nostro piccolo contributo per salvare le mura parlanti di Palazzo Collicola.
“Il progetto nasce dalle radici più profonde dell’iconografia classica. Si riallinea al metro comunicativo del Rinascimento fiorentino e del Barocco veneziano, a quel potere dei simboli su pareti silenziosamente parlanti. In un’epoca tecnologica e virtuale, riaffermare il muro come codice linguistico diventa un atto di resistenza contemporanea, un modo sensato di recuperare le origini del disegno primigenio.”
Gianluca Marziani, critico e curatore d’arte contemporanea, presentava nel 2010 il progetto On The Wall. Voluto in questo ruolo dall’allora assessore alla cultura Vincenzo Cerami, interpretò questa opportunità come la realizzazione di un sogno. Si può riandare alle sue parole, contenute nel libro che presenta il progetto, per capire il senso di un’operazione che mirava a lasciare un segno in un luogo d’arte.
“Ci sono immagini mentali che ti accompagnano da lungo tempo, che ti seguono come l’ombra di una veggenza sopita, ma disponibile. Sono immagini resistenti e riproduttive, fatalmente dense non appena l’occasione si presenta con lucida sintonia. Immagini così aspettano il momento giusto per diventare reali, l’occasione privilegiata per travasare l’ipotesi ideativa in un virtuosismo risolutivo. Ebbene, era il 2009 quando venni invitato da Vincenzo Cerami per la direzione artistica del museo spoletino. Accettai e quell’immagine mentale uscì subito dal limbo, trasformandosi in un’occasione, un regalo del destino. L’immagine stava per trasformarsi in un immaginario. L’immaginario stava per divenire un progetto. L’immagine ideale aveva trovato casa reale: eccola lì la struttura perfetta, un palazzo settecentesco su quattro livelli, collocato su una piazza scenografica, nel cuore di un borgo medievale umbro. Palazzo Collicola si presentò col suo abito aristocratico, monolitico dal di fuori, imponente dentro, tirato a lucido dopo lunghi restauri. Era una bella sfida muoversi tra piani restaurati, un appartamento nobile con mobilio e pinacoteca, una collezione contemporanea di pregio, superbe dislocazioni scenografiche e una biblioteca imponente. Un complesso abitativo in stile grande città, legato alla storia papalina di Spoleto, ai legami diretti tra Roma e la famiglia Collicola, all’ambizione diffusa di creare una polis illuminata tra le fortezze montagnose dell’Umbria. Quell’ombra ispirata era pronta per rivelarsi nel progetto. Avevo deciso che a un edificio dai presupposti storici serviva un’integrazione organica coi linguaggi del presente. Ci voleva un disegno curatoriale che imprimesse nuove spinte al sistema collezionistico del museo. Serviva una dialettica “filosofica” con la ragione statica del palazzo, elaborata per traiettorie sensate lungo gli interstizi, le zone di passaggio, i punti silenti, le scale e altri punti identificabili del museo. Il principio era semplice ma detonante: perché non immaginare alcuni interventi sul corpo del luogo, sopra la sua pelle, lungo le sue muscolature, i suoi sistemi ossei… perché non aggiungere opere sulla misura sartoriale degli spazi individuati, creando inserimenti visivi senza rigetto, tatuando l’opera come una visione tra arcadia e futuro… perché non ripartire dalle origini di Giotto e Cimabue, dai mosaici presso la Casa Romana, dalla camera stupefacente di Sol LeWitt dentro il museo, da un’antica cultura dell’affresco e dell’arte parietale su cui si articola la più bella vicenda dell’arte italiana. Il 25 giugno 2010 si aprì ufficialmente il nuovo corso del museo. Palazzo Collicola diventò Palazzo Collicola Arti Visive.”
I diciotto artisti della collezione OnTheWall si sono attenuti alle idee da cui venne ispirato il curatore, realizzando muri come quadri di grande formato.
Camilla Laureti che si sta battendo perché non venga rimossa a colpi di anonima vernice bianca quanto è stato realizzato, ricorda alcuni nomi.
“Sten Lex, Danilo Bucchi, Alberto Di Fabio, Moneyless, Alo solo per citarne alcuni. Quest’ultimo, tra l’altro, è nato a Spoleto e ora vive e lavora a Londra. Le opere sono di artisti, nazionali ed internazionali, conosciuti nel mondo ma, cosa ancora più importante, che potrebbero crescere ancora di più di quello che sono ora come spesso succede nel campo dell’arte. Basti pensare ad un altro artista che era solito dipingere le pareti nostrane era Sol Lewitt. Eliminare ogni traccia della direzione passata. Sembra questo l’obiettivo alla base di una decisione che a noi pare scellerata.”
A Spoleto l’arte sembra si possa respirare lungo le strade, all’ombra della Rocca e da esse trarne ispirazione. E’ inquietante che venga da qui un segnale a rimuovere un’operazione culturale che nacque anche nello spirito di colui a cui è dedicato il Museo al centro della città: Giovanni Carandente. Il critico e curatore d’arte napoletano nel 1962 progettò la mostra Sculture nella città a cui parteciparono 53 scultori da tutto il mondo, tra questi: Arnaldo Pomodoro, Henry Moore, Giacomo Manzù, Umberto Mastroianni, Alexander Calder. I maggiori artisti del XX secolo passeggiando per le vie di Spoleto, incantati dalla bellezza del luogo, realizzarono e donarono alla città opere di grande mole, come il Teodelapio di Calder. Con i suoi 18 metri d’altezza, è la prima scultura monumentale stabile del mondo. Il modellino e i disegni, che illustrano la genesi dell’opera sono custoditi nel Museo che è l’unico museo italiano a disporre di una sala Calder.
La città che ispira e custodisce l’arte ispirata, certo non cancella. Lo ribadisce Camilla Laureti che chiosa, richiamando anche il rischio di danni erariali connessi all’operazione di rimozione che si sta portando avanti.
“Giustissimo che un nuovo Direttore abbia una sua idea del Museo e la porti avanti, la rispettiamo, ma non crediamo sia necessario ‘cancellare’, con un colpo di pennello, una parte di quello che è stato fatto prima di lui, per ragioni pratiche e di una nuova segnaletica di cui ha bisogno il museo. Quei muri dipinti sono parte del patrimonio artistico di questa città. Si chiede di trovare soluzioni alternative alla cancellazione di opere murali che hanno un valore economico per Spoleto ma anche un valore artistico e un valore affettivo per tanti noi cittadini. Si potrebbero coprire con dei semplici teli o pannelli. In questi anni ci siamo abituati alla parete di Dana di Sten Lex, al Wall Painting di Moneyless, alla Migrazione di Ob Queberry, un altro spoletino, o al Social Cube di Danilo Bucchi e dispiacerebbe poterlo rivedere da ora in poi solo nel, seppur ben fatto, catalogo del progetto “Collicola on the Wall”. Opere che, per la nostra città, hanno un valore non solo artistico ma anche economico. Il valore stimato si aggira, infatti, intorno ai 500 mila euro e il Comune stesso ha pagato molte delle opere degli artisti presenti nel museo. Cancellare le opere vuol dire perdere un patrimonio di cui oggi conosciamo il valore economico che è però incalcolabile a quanto possa ammontare in futuro.”
L’attuale direttore del Museo, Marco Tonelli, risponde ai timori di Camilla Laureti e dei 300 spoletini che hanno sottoscritto il suo appello dalla pagina di Art Tribune. com. (https://www.artribune.com/arti-visive/street-urban-art/2019/04/la-polemica-sulla-street-art-di-palazzo-collicola-a-spoleto-risponde-il-direttore-marco-tonelli/). Intervistato sul tema, afferma di non aver intenzione di rimuovere i dipinti, aggiungendo però dei dettagli che fanno temere sulla sorte delle opere.
“Fate un giro e vedete in che condizioni versano i murali, molti stanno perdendo colore e stanno ammuffendo. Ditemi voi poi se è giusto o meno che un palazzo del Settecento con un’importante pinacoteca venga totalmente riempito di graffiti e street art. Inoltre fate un’indagine sul tipo di contenuti espresso da quei murali e poi discutiamo sulla base di cose reali. Ho la necessità di rivedere tutto il piano museologico e allestitivo della collezione, il progetto va visto nella sua totalità, non ci si può soffermare solo sui murali e, ripeto, alcuni di loro stanno cadendo a pezzi.”
Non vuole rimuoverle, ma fa capire di non apprezzarle e di non voler procedere con necessari restauri delle stesse.
Giovanni Carandente donò alla città la sua collezione di opere d’arte, (attualmente esposte al piano terra di Palazzo Collicola) e la sua biblioteca d’arte moderna. Lo stesso Carandente che aveva arricchito Spoleto di sculture di artisti contemporanei, difendendone il valore e la conservazione.
L’arte è un passaggio che si tramanda, si dona, non si deve cancellare, ma tutelare.
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