“Noi siamo qui comunque, domenica abbiamo l’ultima partita e poi a settembre riprende la stagione, perché, come ripetiamo prima di entrare in campo, il nostro motto è: Donna si nasce e brigantessa si muore.”
Catania è una delle città che amo di più, appena si può, trovo il modo di andare. Gian ci ha vissuto i suoi primi 18 anni di vita ed è legato anche alla pietra delle strade. L’ultima volta che siamo stati, ad agosto, gli avevo chiesto di poter uscire dai nostri giri tradizionali per vedere cosa avesse realizzato a Librino, l’associazione i Briganti. La sola evocazione del quartiere genera in chi ha frequentato principalmente le zone centrali all’ombra del liotro ( l’elefantino che domina la piazza del Duomo), una certa perplessità, per non dire timore. Gian mi ha preso per matta, chiosando che non capiva perché dovessimo sacrificare un pomeriggio di mare per andare a fare un tour, anche un po’ rischioso, tra i palazzoni degradati della periferia. Mi sono ripromessa di spiegargli quale spettacolo diverso avremmo potuto trovare e di mostrarlo presto anche ai bambini. Per questo, oggi, la storia di Arianna Tarantino, studentessa del centro storico che ha deciso di diventare una brigantessa, venendosi ad allenare tre giorni a settimana tra i palazzoni, ma che soprattutto ogni venerdì si occupa delle diverse attività di doposcuola per i ragazzi, organizzate dall’associazione, è una traccia di conoscenza, di riscatto e di approfondimento, per me fondamentale. Raccontarla spero che renderà inevitabile per molti andare a vedere un’altra prospettiva della periferia. Nel Campo di San Teodoro Liberato dal 2012 si utilizza lo strumento dello sport, il rugby in particolare, per offrire un’alternativa alla strada e proteggere dal rischio di finire nei giri sbagliati. Le famiglie e i ragazzi stessi, da soli, arrivano qui perché sanno di trovare occasioni pulite e costruttive per stare insieme. E’ un impegno che l’associazione ha preso dal 2006, da quando è nata ed ha cominciato ad operare nel centro Iqbal Masih, esistente dal 1995, per organizzare attività di recupero scolastico per minori e laboratori artistici e culturali rivolti ad adolescenti e ad adulti. I Briganti hanno portato la palla ovale nel quartiere, il rugby con vari gruppi e due squadre ,Under e Seniores. Al grido di “Ama l’ovale ed odia il razzismo”, le ragazze e i ragazzi entrano in campo, allenati gratuitamente da uno staff tecnico, con qualifica di animatore regionale e patentino di I° livello nazionale, costituito da giocatori e da ex giocatori di rugby che lavorano al progetto senza chiedere compensi. Librino partecipa, osserva, ignora, nel gennaio del 2018 qualcuno ha deciso di sferrare un attacco, dando fuoco alla Librineria, bruciando la Club house, centro pulsante di molte delle attività. Briganti e brigantesse non si sono fatti abbattere, perché ad aiutarli, oltre alla solidarietà nazionale, hanno trovato i ragazzini del quartiere per cui hanno creato tutto e per i quali continueranno a resistere. Arianna ci accompagna, tra entusiasmo e commozione, a scoprire il segreto di questa breccia aperta, attraverso la quale, da un anno mezzo, anche a lei, è più chiaro un altro modo di stare con gli altri, con il cuore e senza paura.
La traccia: lo sport e l’impegno nella periferia di Catania
“Sono catanese, vivo in centro, nella zona considerata “fighetta”. Quando ho detto a mia madre che avrei cominciato a frequentare Librino, la sua prima reazione è stata: “Come, scusa?” La sua paura più grande è che io tornassi tardi da sola, la sera. Ho cominciato a collaborare con i Briganti, due anni fa. Per fortuna il mio ex ragazzo, viveva nella zona, vicino al Campo di San Teodoro Liberato.
Seguivo il doposcuola dei bambini ed ho conosciuto le ragazze che si allenavano. Non avevo mai fatto rugby, anzi, sono sempre stata lontana da ciò che fosse simile a terra, fango, sudore. Come attività fisica andavo in piscina a nuotare. Mi hanno messo alla prova con la pallavolo ed hanno visto che veramente non ce la facevo, preferivo arrivare dopo l’allenamento a bere una birra alla Club house.”
In campo per sfidare se stessi e aiutare i ragazzi
“La prima volta che sono entrata nel campo, un ragazzino dell’under 16 usciva con il naso rotto. Ero sconfortata solo al pensiero che corresse gli stessi rischi il mio ragazzo. E’ stato l’inizio del mio rapporto con il rugby. Poi ho imparato meglio le regole ed ho capito che non si stavano ammazzando di botte. Seguire le partite è diventato emozionante. “Dai vieni, dai prova!” Alla fine ho ceduto, avevo solo paura di farmi male. Un mio amico mi ha spronato. “se temi solo questo, va, se non ce la fai, te ne puoi sempre andare.” Mi sono convinta ed è un anno mezzo che gioco.”
“Il campo ti fa innamorare di questo gruppo di matti che ha un obiettivo comune, più grande, che va oltre la meta: offrire a questo territorio uno spazio puro, pulito dove i ragazzi possano ritrovarsi attraverso lo sport.
Tre volte a settimana sono qui sia per gli allenamenti la sera, sia per stare con i bambini nel doposcuola.”
Studio scienze politiche, lavoricchio, ma soprattutto sono una brigantessa.”
“Gioco nella squadra Senior femminile: siamo in 12, solo 2 sono di Librino, le altre arrivano da quartieri vicini o dal centro come me. L’età va dai 18 ai 32 anni. Partecipiamo ad un campionato regionale che gioca a metà campo perché non abbiamo i numeri: per sfidarci nel campo intero dovremmo essere minimo 15. E poi ci sono i tornei speciali nei quali ci ritroviamo con squadre che arrivano anche da altre parti d’Italia. Il 1 maggio sono scesi i rugbisti del nord. In particolare la compagine friulana è molto legata a noi. Se riusciamo, autofinanziandoci, proviamo a girare anche noi. A febbraio siamo state a Lecce, per noi è già nord. Siamo arrivate dopo 8 ore di pullman, viaggiando di notte e alle 11 eravamo in campo per un triangolare Sicilia, Puglia, Campania, organizzato in occasione della partita del Sei nazioni Italia Galles.”
“Il rugby mi tiene ormai legata al Campo, ma sono qui anche ogni venerdì perché ci sono i ragazzi del doposcuola da seguire. Facciamo diverse attività. Chi più, chi meno, ognuno di noi dà il proprio contributo per far vivere l’organizzazione che ha conquistato la fiducia di una buona parte del quartiere. L’associazione è nata e opera dal 2006, ma nel 2012 c’è stata la svolta, con la decisione di prendere il Campo che era in stato di abbandono.”
Per Giuseppe
“Lo stimolo è venuto da un dolore forte che ci ha colpito. Uno dei ragazzini della squadra under 14, Giuseppe Cunsolo, è stato trovato morto per strada. Le cause sono parse, soprattutto a noi, molto poco chiare. Dissero un incidente stradale, ma non sono stati trovati segni precisi che confermassero. Pino era nel cuore di tutti noi, perché rappresentava uno dei ragazzi per cui il nostro impegno ha un senso ancora più forte: aveva il padre e il fratello in carcere, si era trovato quindi a fare da capo famiglia ed aveva bisogno di trovare delle entrate. Difficilmente in queste situazioni si pensa di andare a lavorare in un panificio, aveva rubato un motorino, magari pestato i piedi a qualcuno della zona e qui non si perdona. Quando si entra nel giro sbagliato, anche per noi è difficile aiutare se non sostenuti dal lavoro, che comunque c’è, delle forze di polizia.”
“Questa morte così violenta e insensata ci ha scossi, soprattutto Piero e Stefano, i fondatori e traino principale dei Briganti. Il loro comune pensiero è stato “Non possiamo perdere un altro bambino perché non abbiamo spazi nei quali salvarli”. Il campo era stato allestito per le Universiadi ma poi lasciato in stato di degrado, vandalizzato. Erano state raccolte 7000 firme raccolte e anche il presidente della Federazione Rugby Italiana aveva lanciato un appello agli amministratori per risistemarlo. Il 25 aprile i Briganti se lo sono preso, lo hanno sistemato per come si poteva e fatto rivivere. Il Comune ha concesso il comodato d’uso. E’ una distesa di argilla, nella quale ogni volta che si cade, se piove, sembra di immergersi nei fanghi di alghe di Guam, ma 200 mila euro per rifarlo ora non li abbiamo e per il quartiere è ormai un luogo di riferimento.
Lo è anche la Club house che occupiamo con un tacito accordo con l’amministrazione e nella quale si sviluppa il cuore delle attività di socializzazione dopo gli allenamenti.”
Librino osserva, partecipa, attacca e difende
“A Librino vivono 80 mila persone, ovviamente non possiamo pensare di piacere e stare simpatici a tutti, ma se anche solo una parte di loro ci considera uno spiraglio per i propri ragazzi o per avere un’alternativa al nulla, noi resistiamo. Io con me spesso ho Orazio, che prima stava sempre per strada, ora la famiglia sa che per qualche ora è in un posto sicuro, da cui può decidere di staccarsi. Il rischio è proprio quello che si possa entrare in situazioni da cui non ci si può più allontanare, almeno che non decidano altri, in maniera violenta, che si debba essere cacciati. Noi, se non li stacchiamo, è perché organizziamo talmente tante iniziative che trovano sempre un’occasione per essere coinvolti. Risucchiamo per far fare cose belle.”
“Gestiamo tutto noi. C’è rispetto da parte di chi ci conosce e c’è anche chi ci ignora. Non mancano quelli a cui diamo fastidio: non siamo solo contro la violenza e contro la mafia, ma anche dichiaratamente antifascisti. Le realtà che potrebbero vederci male sono diverse. Fino alla notte del 10 gennaio del 2018, il massimo delle marachelle che ci avevano colpito erano state il furto di un motorino o la rottura di una saracinesca. Mai ci saremmo aspettati che dessero fuoco alla Club house. Sono partiti dai libri sapevano che così si sarebbe bruciato tutto. Volevano farci male, colpendo al cuore.”
“Come non avremmo mai pensato si arrivasse a tanta cattiveria, non credevamo possibile nemmeno tutta la solidarietà che è seguita nei giorni successivi, anche da parte del quartiere. Ci hanno dimostrato di essere veramente legati a noi. Il pomeriggio dopo l’incendio, mentre c’era ancora un forte odore di bruciato nell’aria, i ragazzini sono arrivati e hanno chiesto “ci possiamo allenare?” Sono rimasti fino alla sera con quell’odore irrespirabile. E’ stata uno dei segnali di attaccamento che ci ha aiutato di più. La risposta migliore agli attacchi.”
“Adesso abbiamo, grazie ai contributi di tanti e in particolare di una ditta edile, una Club house più bella di prima. La cucina, il bar, una grande stanza per il doposcuola e la Librineria con testi che sono arrivati da ogni parte d’Italia. E’ ritornato a battere, con forza ancora maggiore, il nostro cuore ed ora non ci tocca più nessuno.”
“Viviamo sulle nostre forze, alle famiglie non chiediamo nulla, diamo anche il completino gratuito a tutti i ragazzi, al massimo si possono pagare le patatine al bar. Chi vuole fa una donazione, noi più grandi lasciamo un piccolo contributo e si può assegnare il proprio cinque per mille. Noi siamo qui comunque, domenica abbiamo l’ultima partita e poi a settembre riprende la stagione, perché, come ripetiamo prima di entrare in campo, il nostro motto è: Donna si nasce e brigantessa si muore.”
La traccia volante: è scritta sui completini dei ragazzi: “Mai un passo indietro”
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