Massimo e il diritto alla casa per tutti

“La casa, insieme al lavoro e alla salute sono diritti della persona che non possono essere disattesi. Tutti insieme contribuiscono alla stabilità famigliare e ad una vita decente, se anche solo uno di questi viene meno, la famiglia e il diritto alla vita sono minati alla radice.”

Dalla violenza degli scontri a Casal Bruciato, periferia della capitale, alle polemiche sulla stabile occupazione di un palazzo a via di Santa Croce in Gerusalemme, pieno centro, pare eludersi la questione centrale: il diritto negato alla casa per migliaia di famiglie, a Roma, come nel resto d’Italia. Il dibattito va sulla lotta sociale, evidenziando la deriva, comoda, non certo per chi la subisce, sulla quale, chi dovrebbe prendere provvedimenti, ha fatto scivolare il problema. Meglio far scannare tra loro chi già è scannato. Passato il polverone, rimangono famiglie che ogni giorno convivono con la precarietà di un tetto sulla testa e bambini abituati a vivere senza riscaldamento. Si invoca la legalità, che poi è il rispetto dei diritti, calpestandone uno fondamentale. Le immagini della madre che deve rifugiarsi nella casa, legittimamente assegnata e quella della donna malata, costretta ad elemosinare la corrente per il respiratore a cui è attaccata nella stanza dell’appartamento occupato, sono le due facce di una stessa medaglia che ha impressa sopra l’evidenza di una questione civile e morale. Massimo Pasquini, si occupa da quasi 40 anni dei diritti degli inquilini, da 4 è segretario nazionale dell’Unione che li rappresenta. Ho chiesto di aiutarmi a capire, inquadrando quanto stia accadendo nella prospettiva di una battaglia storica che pare aver perso i ruoli: non c’è più un interlocutore chiaro a cui chiedere, mancano progetti di  alternative credibili e, in mezzo, si riversa la rabbia sui più deboli. La sua è una traccia di lotta e di impegno per una organizzazione che, contro tendenza, aumenta il numero di tesserati e di giovani che hanno voglia di partecipare. Un buon segnale, nell’amarezza generale, per sperare che in un futuro prossimo si torni a considerare la casa un diritto fondamentale per tutti, nessuno escluso.

La traccia: impegno e progetti per il diritto alla casa

“Dal 2015 sono il Segretario Nazionale dell’Unione Inquilini. L’Unione Inquilini è nata il 29 gennaio del1968: l’anno scorso ha festeggiato il suo 50° anniversario. Una storia lunga, intensa e particolare in Italia: ad oggi è l’unico sindacato in Italia, compresi quelli di base, che non ha funzionari o usufruisce di distaccati. Io stesso non percepisco alcun emolumento per la mia funzione. Questo per me è un tratto distintivo. Noi pur essendo un sindacato molto presente in Italia e maggiormente rappresentativo, non abbiamo alcun stipendiato dalla struttura nazionale.”

 

Pagine di bella lotta

“Sono militante nell’organizzazione dal 1980: 39 anni! Ho cominciato, svolgendo le consulenze nella sede Unione Inquilini Primavalle nella zona nord ovest di Roma, un quartiere ad alta presenza di case popolari. Per me è stato naturale, essendoci nato, iniziare da lì: dal mio quartiere. E’ stato un percorso intrapreso un po’ per caso, come in fondo per tutti.

 

Ricordo benissimo la prima situazione che mi sono trovato ad affrontare. Fu l’occupazione delle case popolari di Torrevecchia: centinaia di famiglie, nella prima metà degli anni 80, occuparono interi palazzi. Una sera in sede venne un gruppo di loro, il Comitato: ci raccontarono la loro storia anche singola. Noi gli dicemmo che non eravamo d’accordo con le occupazioni di case popolari, ma che tenuto conto delle singole situazioni avremmo affrontato la questione per una gestione meno traumatica possibile, sia a livello sociale, sia a livello di ordine pubblico.”

 

“Mi vengono in mente tante iniziative: lo sgombero effettuato e le roulotte messe dalla protezione civile. Quella lotta si concluse positivamente, circa un centinaio di famiglie passarono nelle case piccole di Primavalle, un altro centinaio, in quanto sfrattati in graduatoria, ebbero l’assegnazione e altre decine di famiglie andarono nei residence in attesa di una casa popolare. Furono pochissime quelle che furono lasciate senza alloggio. Posso dire: una bella pagina di lotta!”

massimo inquilini epoca

Non emergenza ma mancata risposta
“Negli ultimi 25 anni l’approccio al problema della casa sostanzialmente non è cambiato. Di fondo tutte le amministrazioni comunali che si sono succedute hanno pensato che dovesse e potesse essere il mercato a risolvere la questione abitativa: una visione velleitaria e supina ai voleri della speculazione immobiliare. Si è smesso di realizzare case popolari, continuando a cementificare il territorio.

Il risultato finale sono le circa 7000 sentenze di sfratto emesse ogni anno, le 3200 famiglie che ogni anno sono sfrattate con la forza pubblica, le 12.500 famiglie oggi nella graduatoria per una casa popolare. Tragicamente a questo si risponde con una assegnazione di casa popolare al giorno.”

“Poi la crisi economica, la precarietà lavorativa ha fatto il resto. Oggi avremmo bisogno di almeno altre 10.000 case popolari, ma né il comune, né la regione affrontano la questione in maniera strutturale ma solo con azioni ad effetto placebo e questo produce divisione sociale e razzismo come abbiamo visto anche recentemente.”

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“Non siamo davanti ad un’emergenza abitativa, in quanto l’emergenza è un fatto straordinario, una casa che esplode perché satura di gas, un terremoto. Noi a Roma come anche in Italia abbiamo una vasta precarietà abitativa alla quale si risponde in maniera miope in completa assenza di una gestione oculata sociale e questo avviene proprio perché si affronta la questione abitativa in maniera emergenziale e non strutturale, soprattutto si basa non sul fabbisogno reale ma su quello espresso dalla speculazione e dalla rendita immobiliare.”

“Detto questo, la precarietà abitativa è avvenuta per una serie di fattori il primo è che sia i Governi, sia le Regioni, sia i Comuni hanno abbandonato le politiche abitative. Hanno delegato la questione al processo economico, pensando e sbagliando drammaticamente nel pensarlo, che il mercato calmierasse il mercato. Questo, con tutta evidenza non è avvenuto: non poteva accadere senza un governo pubblico dell’offerta abitativa. Oggi Governo, Regioni e Comuni non sanno, né articolare, né accennare, una risposta concreta alle 650.000 famiglie che sono collocate nelle graduatorie, ovvero certificate dai comuni come aventi diritto ad una casa popolare e solo a quella possono accedere. L’aver lasciato incancrenire la questione è una responsabilità gravissima che ha incrementato la questione della precarietà abitativa ed oggi il disagio abitativo ha raggiunto livelli mai raggiunti.”

La lotta tra precari

massimo inquilini guerra tra poveri
“Arriviamo così ai recenti scontri di Casal Bruciato e alle polemiche sullo stabile di Santa Croce in Gerusalemme. La Sindaca Raggi ha fatto una operazione straordinaria: ha saputo, con una abile campagna mediatica ed un uso sapiente dei social, operare una inversione culturale, basando tutta la sua comunicazione sugli scrocconi, sulla presunta legalità. Una volta la lotta, il contrasto, la partecipazione sociale, poneva un conflitto chi doveva dare e chi doveva ricevere. La narrazione della Sindaca grillina ha avuto la capacità di allontanare da sé la responsabilità del dare, in questo caso la casa con politiche abitative, lasciando che il conflitto si esercitasse tra chi deve avere, ovvero tra i precari della casa. Questo è un punto fondamentale che come Unione Inquilini stiamo cercando di affrontare.”

“Il problema a Roma, come in Italia, non è chi arriva prima ad avere una casa, ma che non ci sono abbastanza case per tutti ed una amministrazione locale dovrebbe porsi questo punto come centrale, invece no! Ecco che si arriva al razzismo e alle strumentalizzazioni di organizzazioni fasciste. Noi crediamo che si debba fare e si possa fare molto di più. Da questo punto di vista Casal Bruciato e Santa Croce in Gerusalemme sono punte di un iceberg non l’iceberg. In realtà, per esempio, a Roma ogni giorno tra le 10 e le 15 famiglie vengono sfrattate con la forza pubblica: sono quelle che non sapendo dove andare aspettano fino all’ultimo e vanno via solo con la forza pubblica. Di queste famiglie, spesso con minori, nessuno parla. Quello che mancano quindi sono politiche abitative inclusive la loro assenza fomenta divisione sociale.”

“Vorrei precisare che su quanto accaduto nel caso di alcune assegnazioni, i mass media hanno ingigantito la situazione: è grave ma non va ampliata. Ci sono centinaia di famiglie rom che abitano in case popolari e ci abitano in un rapporto di vicinato normale, con gli alti e bassi che avvengono normalmente. Succede quindi che emergano solo i casi eclatanti e manca il raccontare invece la normalità, anzi spesso dietro atti violenti di razzismo si celano situazioni che nulla hanno a che vedere con l’assegnazione al migrante o al rom, ma si evidenziano piccole miserie di chi avevo messo gli occhi su quella casa per i propri famigliari o anche da parte della criminalità che vede nelle case popolari occasione di lucro. Poi c’è anche l’aspetto della esasperazione alla quale va data risposta, realizzando case popolari o attivando risorse per le manutenzioni a contrasto del degrado, per quartieri più vivibili, con servizi, verde pubblico e un trasporto pubblico decente. Come è del tutto evidente ricadiamo nella responsabilità amministrativa del “chi deve dare” nei confronti del “chi deve ricevere”.

La riconquista di un diritto negato
“Quello che succede a Roma in grande o in piccolo succede anche in tutta l’Italia nei comuni grandi e piccoli. Nel nostro Paese da parte del ceto politico e amministrativo si è spenta qualsiasi pulsione nell’affrontare i problemi sociali, credo che, proprio per questo, avremmo bisogno di un nuovo ceto amministrativo e politico, ma ci vorranno ancora anni. La questione abitativa o torna nell’agenda politica anche come volano occupazionale o rischia di incancrenire con pericolosissime ricadute che dobbiamo evitare.

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“La casa, insieme al lavoro e alla salute sono diritti della persona che non possono essere disattesi. Tutti insieme contribuiscono alla stabilità famigliare e ad una vita decente se anche solo uno di questi viene meno, la famiglia e il diritto alla vita sono minati alla radice. Oggi assistiamo a questa privazione spesso, ma sembra che non interessi a nessuno. Dobbiamo ribellarci a questo stato di cose e non subirlo passivamente, né tantomeno pensare di riversarlo nei confronti di gente che vive le nostre stesse problematiche.”

massimo inquilini megafono“Noi facciamo quello che possiamo. L’Unione Inquilini, caso raro nel panorama italiano, sta aprendo numerose sedi con una forte impronta di giovani e donne che anche a noi ha sorpreso. Io in questa fase sono molto impegnato nel sostenere le modalità per affrontare in maniera strutturale e programmatica la precarietà abitativa. Quando parlo della necessità di aumentare l’offerta di alloggi a canone sociale non penso ad una nuova colata di cemento e di ulteriore consumo di suolo. Parto da un elemento semplice.

 

“A Roma e in Italia esiste un vasto patrimonio immobiliare pubblico e privato inutilizzato, lasciato nel degrado: mi riferisco a quello del demanio civile e militare, dell’Anas, delle Ipab, delle Ferrovie, delle regioni e dei comuni. Io credo che questo patrimonio debba essere oggetto di valorizzazione sociale, ovvero: farlo tornare nella disponibilità e nell’uso dei cittadini ad uso abitativo, sociale, culturale e socio sanitario. Dovrebbe essere recuperato, autorecuperato e riutilizzato ad esempio per aumentare il numero di alloggi di edilizia residenziale pubblica. In questo modo non solo si darebbero risposte abitative adeguate ma anche lavoro.”

massimo inquilini copertina ok“Non ci mancano le proposte da suggerire per capire dove recuperare le risorse.
Togliere la cedolare secca per coloro che affittano a libero mercato, mantenendola per i proprietari che affittano a canone agevolato. Il Rapporto Immobiliare 2017 del Ministero dell’economia e dell’Agenzia delle entrate ha svelato che la cedolare secca ci costa in minori entrate 2,2 miliardi di euro, di questi ben 1,84 miliardi restano nelle tasche del decimo più ricco dei proprietari. Domando è equa questa disposizione che consente a proprietari ricchissimi di incassare affitti a libero mercato e di risparmiare 1,84 miliardi di euro?”
“In Italia i costruttori con invenduto, ovvero che hanno solo cementificato senza alcun riferimento alla domanda e offerta, sono esentati dal pagamento dell’Imu. Perché? con quale logica, come possiamo accettare che gli IACP, Aler, Ater gestori di case popolari paghino l’Imu e i costruttori no? Si parla di centinaia di milioni sottratti ai comuni. Con queste due sole proposte potremmo finanziare adeguatamente politiche abitative pubbliche e dare lavoro.”

 

La traccia volante: Nessuno sia escluso – nessuno si senta escluso, solidarietà e inclusione sociale devono riprendere il loro ruolo. Spetta a noi.

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