“Sto ricevendo un’energia incredibile. Le mie amiche mi hanno detto: “sei sempre stata generosa, per una volta, chiedi anche te una mano.” Mi stanno dando molto di più. Vorrei trovare il modo giusto per esprimere il mio essere Grata, sì con la G maiuscola.Vorrei capitalizzare questo affetto, offrendo quello che posso: il racconto di questa avventura. Mettere al servizio degli altri la mia esperienza.”
Alessandra Capone emana energia anche al telefono, dopo aver passato una giornata alla ricerca spasmodica della sua carta di credito, ritenuta persa. Chiacchieriamo per un’ora, senza esserci mai sentite prima. C’è spazio per ricordare la sua amicizia con Vittorio Arrigoni e l’amore per la Palestina; descrivere la passione per la danza; ridere dei dubbi sul mio trasferimento a Pesaro; scherzare sul disordine reciproco. Ah sì, abbiamo affrontato anche il tema cancro: quel male bastardo che è tornato al fegato nel 2015, dopo che sembrava averlo sconfitto, al seno, nel 2010. Premettiamo che non siamo tipe da narrazioni strappalacrime o ipocritamente leggere, intanto parliamo e viene fuori soprattutto la gratitudine per chi sta dando ad Alessandra il senso della parola umanità.
La cura che ha voluto cominciare a Francoforte il 29 aprile per ribaltare diagnosi catastrofiste ha un costo elevato: 3.900 euro a trattamento e dovrà farne ancora almeno 3/4! A questa cifra si devono aggiungere le spese di viaggio e alloggio per lei e un accompagnatore, necessario per sostenerla dopo il trattamento e aiutarla a causa dei pesanti effetti collaterali, per una spesa totale che si aggira sui 5.500 euro Le amiche l’hanno convinta a lanciare una raccolta di fondi, che ha il suo stile già nello slogan “alè Ale, torna a ballare!”. Lei è la sinuosa figura di donna riccia nel disegno realizzato dall’illustratrice Anarkikka. Nonostante la sua infinita fiducia nel prossimo, non era preparata ai risultati che stanno andando oltre ogni previsione: i punti di raccolta si moltiplicano, trasferendo calore e senso di comunità per Centocelle (il suo quartiere) e non solo. Il calcolatore segna una cifra che è importante per quello che le consentirà di superare, ma soprattutto per il senso: un ritorno di amore a chi ne ha dato tanto nella vita.
Non si arrende Alessandra e soprattutto vuole vivere come dice lei, per cui: segue una alimentazione “speciale”, fa domande, non si accontenta, balla, si perde nel suo disordine e sogna di tornare presto in Palestina. Il 4 giugno andrà a Francoforte per il secondo trattamento al fegato: saremo in tanti con lei, pronti a vedere i suoi racconti video con immagini naturali, paradossalmente quasi comiche e ad ed ammirare un sorriso che niente riesce ad abbattere. Forse l’umanità non batte il cancro, ma di sicuro gli dà una bella botta.
La traccia: un modo diverso di affrontare le difficoltà
“Ho deciso di rifiutarmi di parlare di me in maniera lacrimevole: non sono una psicopatica che non si rende conto della gravità del cancro, ma non voglio identificarmi con la malattia. Non è facile uscire dal senso di rabbia e di vittimismo che porta a chiederti “perché a me?”. E’ un percorso di crescita che passa per la dolorosa consapevolezza che ci sono tanti nella mia stessa condizione: non sono certo l’unica. Ognuno decide liberamente come affrontarla: so benissimo che mi trovo ad affrontare una sfida difficile ed in salita, ma mi sono rimboccata le maniche. Io voglio vivere e quindi ce la metto tutta.”
“La campagna di crowfunding è l’apice di questo viaggio che ho voluto rendere pubblico a modo mio. Negli anni ho raccontato dei miei incontri con i medici, delle diagnosi, delle diverse terapie, ma soprattutto delle mie scelte di cura. Non ho mai accettato, senza chiedere, quello che avrei dovuto sostenere. Sono una paziente impaziente, perché l’aggettivo malata non mi piace e non mi rappresenta. Il mio non essere passiva è sempre stato chiaro ai vari oncologi e specialisti con cui mi sono confrontata.
Non solo chemio
“Combatto le mie battaglie anche per gli altri, perchè mi piacerebbe impegnarmi affinché tutti possano avere accesso tramite il Servizio Sanitario Nazionale alle terapie integrate che ritengo fondamentali per sostenere il sistema immunitario debilitato dalle cure cosiddette tradizionali come chemioterapia e radio. Dal 2015 ho cambiato approccio alla malattia: ho iniziato agopuntura; ho ripreso una terapia psicologica mirata; ho cambiato la mia alimentazione, ho integrato le terapie con prodotti ed integratori naturali. Tutto a spese mie, anche se ci sono realtà, per esempio in Toscana, dove iniziano a convenzionare e riconoscerle ufficialmente.”
“Sta nelle disponibilità economiche delle Regioni, ma è anche un discorso culturale. A Pistoia dove ho fatto la termoablazione, l’oncologa riconosceva l’importanza delle terapie integrate, nel Lazio non ho mai incontrato un oncologo all’interno degli ospedali che mi parlasse della bontà delle cure integrate. Basta assaggiare cosa danno da mangiare al Day Hospital oncologico del Policlinico Umberto I per capirlo. In altri paesi è naturale cambiare tipo di alimentazione quando si ha un tumore.”
“Negli ospedali non ho trovato medici che hanno in qualche modo riconosciuto l’importanza della scelta di cibi più sani e di un cambiamento dello stile di vita. Mi fa un po’ rabbia la mancanza di informazioni su questi aspetti. La maggior parte dei malati per paura della malattia (anche normale) – entra in una totale dipendenza rispetto all’oncologo: accetta tutto quello che dice o non dice. In molti si stupivano quando raccontavo quello che avevo scoperto, leggendo e mostrando i benefici che ottenevo dalle terapie integrate.”
“Dal 2015 ho intrapreso un percorso olistico necessario per farmi affrontare questa nuova imprevista battaglia, con una forza diversa: dalla rabbia iniziale, si alimenta di determinazione e a tratti si sorprende. Ho scoperto, grazie ad una mia amica che vive in Germania, questo ospedale a Francoforte dove opera il Prof. Dr. Vogl che tratta casi molto molto difficili (come il mio) che altrove non affronterebbero, per cui vengono pazienti da diverse parti del mondo. Non avrei mai pensato che in questa decisione trovassi così tanti alleati, pronti a sostenermi, non solo con contributi economici che sono per me fondamentali.”
Amore per la Palestina e flamenco
“Sembra si stia quasi verificando una restituzione di amore: io ne ho sempre dato agli altri, è l’unico modo che conosco di vivere. Lavoro ad un Caf, da anni sono anche attivista per i diritti dei palestinesi. Nel 2011, ad un mese dalla fine della chemioterapia, sono partita per la Striscia di Gaza. Ero una cara amica di Vittorio Arrigoni. La sua morte lasciò sia noi attivisti, sia l’intera Striscia, attoniti. Aveva costruito così tante relazioni importanti e forti con la gente comune, che bisognava trovare il modo di continuare. Organizzammo un convoglio, seguendo il suo motto “Restiamo umani”: raggiungemmo Gaza attraverso il valico di Rafah in Egitto Siamo stati una settimana, dialogando con associazioni di donne, di giovani, studenti, pescatori, contadini, capendo le loro difficoltà ed esigenze di libertà. L’anno dopo sono stata un mese nei Territori Occupati, sempre a sostegno della società civile. La Palestina ti entra dentro e non riesci a smettere di occupartene. Tutti i giorni riunioni ed incontri per discutere ed organizzare altri viaggi.”
“Nel 2015 ho capito che avrei dovuto rallentare e prendermi un po’ più cura di me, tornando ad impiegare il mio tempo in occupazioni più leggere. Ed ecco il flamenco. Da piccola avevo fatto dieci anni di danza classica, poi la lasciai, portandomi sempre dietro la passione. Ho trovato una scuola qui a Centocelle e la voglia di ballare è tornata immediatamente. Vado tre volte a settimana. A giugno ci sarà il saggio, ma non so se, dopo il secondo ciclo del trattamento, avrò la forza per partecipare. Ci tengo ad esserci, perché anche la scuola sta raccogliendo per me e l’insegnante mi ha detto che si può organizzare un pezzo insieme sul finale. Vedremo.”
“La scuola di flamenco, come tante altre attività del mio quartiere mi sta stupendo. A Centocelle sembrava essersi un po’ spento il senso della comunità, invece dalla reazione per l’incendio alla Pecora Elettrica, si è rianimata la volontà di stare insieme e collaborare. La prossima settimana ci sarà la festa della rete Centocellule per legare varie attività, molte delle quali sostengono la mia campagna, spesso insieme a quella per la ricostruzione della Pecora Elettrica.”
“Sto ricevendo un’energia incredibile. Le mie amiche mi hanno detto: “sei sempre stata generosa, per una volta, chiedi anche te una mano.” Mi stanno dando molto di più. Vorrei trovare il modo giusto per esprimere il mio essere Grata, sì con la G maiuscola. Vorrei capitalizzare questo affetto, offrendo quello che posso: il racconto di questa avventura. Mettere al servizio degli altri la mia esperienza. Ho provato a farlo sin dal primo attacco della malattia, per ribadire anche a me stessa quello che stavo affrontando. Non sarò mai una paziente passiva, è faticoso, ma non conosco una maniera differente per proseguire questo percorso.”
“Mi viene anche dalla mia amata Palestina, dove si capisce il senso della vita dalle difficoltà delle persone che ci vivono e dalla loro volontà di non arrendersi. Quando ho detto ai miei che, proprio ora, benché debilitata dalle terapie, vorrei tanto tornare in Palestina, mi hanno giustamente detto che sono pazza, ma sanno bene che io sono così.”
“Nel frattempo, da due settimane sto facendo la chemio per bocca, due volte al giorno, con qualche effetto collaterale. Il 4 giugno torno a Francoforte, mi accompagnerà un’amica, sperando di trovare un albergo dignitoso, ma non troppo costoso. Dopo il trattamento sono come Paolina Bonaparte, nella versione meno rilassata ed elegante: ho bisogno di stare stesa, ma in un posto dove sia garantita almeno l’igiene.”
“Ho ritrovato la carta di credito, quindi posso organizzarmi meglio. Sono disordinata e continuerò ad esserlo. Lo sanno i miei amici e lo scopriranno tutti coloro che mi seguiranno. Quella umanità che mi ha riconsegnato il significato di questa meravigliosa parola come lo intendeva Vittorio: coloro che hanno deciso, anche senza saperlo, di restituirmi l’amore per gli altri che non smetterò mai di dare.”
La traccia volante: Da ora, vivo la mia vita. Credo che l’aspetto emotivo sia collegato in qualche modo alla malattia: se io decido di stare bene, confido di farcela.