“Non cambiano i sentimenti che ci legano ai nostri fratelli, anche se decidiamo di prendere la nostra strada, diversa e lontana da loro. L’amore per Giacomo è nel mio lavoro e in tutto ciò che faccio con passione, continuando a pensare a lui.”
Quando in una famiglia, uno dei figli è disabile, si avverte una sensazione di smarrimento iniziale; si passa attraverso un condiviso sconforto; c’è chi prende in mano la situazione e si fa carico delle responsabilità di cura maggiori; qualcuno fugge o si nasconde; si prova a fare squadra e c’è anche chi, inevitabilmente vive nel silenzio tutti questi passaggi. Sono le sorelle e i fratelli dei disabili. Sin da piccoli abituati ad essere comunque più grandi e indipendenti; a far pesare meno i propri problemi; a mostrarsi pronti per sentirsi investiti di incarichi presenti e futuri; in colpa per scelte di necessaria indipendenza. Tralasciati per anni anche dalla psicologia e dalla sociologia, riemergono al centro del dibattito per definirne la reale centralità della loro figura e le concrete difficoltà affrontate. Giulia Franco fa la psicoterapeuta a Padova ed è la sorella di Giacomo, disabile grave. La sua esperienza l’ha messa al servizio dello studio, del lavoro e di un impegno che prosegue in terapie quotidiane per le famiglie, articoli, ricerche, un libro pubblicato nel 2015 “Il guanto di mio fratello” e convegni annuali come quello di domani, sabato 25 maggio all’Auditorium di Casa Madre Teresa. In collaborazione con Formiamo Impresa Sociale, presenterà il risultato del progetto “Fratelli in Azione” che ha condotto quest’anno, intervistando i bambini: i loro vissuti di fratelli e sorelle sono anche la trama di un cortometraggio, ispirato al suo libro, realizzato con l’aiuto della regista e attrice Nicoletta Maragno che domani verrà presentato. Durante la mattinata si alterneranno testimonianze e contributi di professori e specialisti, uniti da momenti di recitazione e musica. Una miscela che racconta anche dell’esperienza di vita di chi l’ha messa insieme. Ho conosciuto Giulia, tre anni fa, l’ho risentita in questi giorni per raccontare la traccia del suo amore per Giacomo che si è trasformato in un percorso per poter aiutare chi come lei non deve sentirsi in colpa per la propria condizione e per la necessaria voglia di identità.
La traccia: progetti e percorsi per fratelli e sorelle di persone con disabilità
“Ogni anno organizziamo un convegno su questo argomento: significa tanto lavoro. Arricchiamo le edizioni di contenuti e allarghiamo la platea di chi può essere coinvolto dalla tematica. Cerco di coordinare tutto con una buona squadra di collaboratori: ci tengo a curare al massimo ogni dettaglio. Chi me lo fa fare? Non nego di pormi ogni tanto questa domanda, soprattutto nelle fasi di massima stanchezza. Mi rispondo che il mio non è un lavoro, ma uno stile di vita. Esercito la mia professione con la volontà e la passione, soddisfatta e felice per gli obiettivi raggiunti.”
“Sono più di cinque anni che mi occupo dei fratelli e delle sorelle delle persone con disabilità. Sono psicologa abilitata dal 2013, psicoterapeuta dal 2016. Svolgo il mio lavoro come libera professionista, spesso insieme o nel contesto di associazioni attive nel territorio.”
Domande e risposte necessarie
“Mi sarebbe piaciuto incontrare un sostegno come quello che offro io alle famiglie, quando ero piccola. Siamo stati bambini dimenticati, noi, fratelli e sorelle di disabili. L’attenzione era concentrata solo sui loro bisogni e non sull’analisi delle esigenze di tutto il contesto famigliare. Da qualche anno si sta puntando l’attenzione, finalmente, anche su questi aspetti. Prima non avevamo nemmeno il coraggio di dire “ci siamo anche noi!”. La versione tradizionale era: “tanto tu sei quello che sta bene!”, sottendendo: “di cosa ti dovresti lamentare?”. Finalmente il pensiero si sta spostando su considerazioni che partono da quella sensazione che hanno provato tutti coloro che si sono trovati nella mia stessa condizione: “Non è colpa mia se mio fratello è così.” Spesso ci si è quasi abbandonati all’inevitabile crogiolarsi nella sofferenza.”
“Il mio lavoro parte proprio dalla necessità di trasformare una situazione difficile in una risorsa. E’ chiaro che non tutto è bellissimo e facile. Le famiglie iniziano a venire da me per chiedermi un aiuto per i fratelli. La domanda principale è : “come dobbiamo spiegare la disabilità?”
Rispondo che bisogna dire la verità: il fratello può migliorare, ma non guarire. I bambini piccoli non hanno le stesse preoccupazioni degli adulti, si chiedono se il fratello e la sorella potrà diventare come loro e soprattutto temono il contrario :“verrà anche a me quello che a lui o lei?” A noi può sembrare tutto chiaro, ma loro si fanno fantasie che vanno fermate con la verità. E’ dannoso poi che la sappiamo da altri, magari a scuola ed entrino realmente in confusione.”
Il distacco
“Per fortuna con le famiglie giovani si può lavorare dall’inizio sulla consapevolezza. Il presente e il futuro dei fratelli non è più un tabù, prima non ci si voleva nemmeno pensare ed ora se ne discute, sia nei colloqui privati, sia nelle occasioni pubbliche.
Il tema del Dopo di noi che diventa il Durante noi è un’esigenza avvertita con forza, senza tutti i sensi di colpa che caratterizzano da tempo il rapporto tra genitori e figli disabili, caricando di responsabilità anche gli altri componenti della famiglia. Spesso ci sono ragazzi che vivono in maniera simbiotica rispetto a madre e padre, bisogna lavorare sulla necessità della costruzione di un distacco.”
“Mio fratello è molto grave: ha 37 anni ed è allettato. Mia madre lo ha accudito con totale dedizione per 30 anni, poi un giorno è caduta in bicicletta. E’ dovuta stare ferma per 6 mesi: si è resa conto che senza di lei gli ingranaggi si sarebbero rotti e bisognava trovare una soluzione che fosse positiva per lui, ma anche per il resto della famiglia. Abbiamo studiato le varie possibilità: da un’assistente in casa, alla comunità, ha prevalso la scelta di una Residenza sanitaria assistita.”
“Le condizioni di Giacomo richiedono cure continue, che sappiamo riceve in maniera attenta, nella struttura che abbiamo scelto e nella quale io spesso vado a fare formazione agli operatori. E’ un modo per compensare il vuoto enorme che comunque si è creato nel non vivere più la sua quotidianità. La mia vita è iniziata con lui, reputavo la mia condizione normale, crescendo mi sono resa conto che non tutti controllavano se di notte il loro fratello respirasse. Il mio senso di responsabilità affettiva nei suoi confronti è parte di me. I miei genitori hanno sempre deciso per lui, senza darmi questo peso, però io ho sempre avvertito la necessità di prendermi in qualche modo cura di Giacomo.”
“Nessuno mi ha insegnato a volergli bene, è stato naturale. Avrei voluto però confrontarmi con chi mi confortasse e alleggerisse il mio stato, dicendomi che non era colpa mia se mio fratello stava così e non dovevo sentire l’obbligo di controllarlo e soprattutto non provassi la colpa di occuparmi di me. “
“Mentre coordino i gruppi degli adulti avverto una sensazione quasi di rabbia quando capisco che ormai ci sono dei meccanismi difficili da staccare nei quali sono immersi i fratelli. Io ho avuto la fortuna di aver avuto mia madre a proteggermi: davanti alle considerazioni del resto della famiglia “per lui c’è e ci sarà Giulia”, lei era sempre pronta a ribadire “no, Giulia deve avere la sua vita!” Anche la decisione che hanno preso da poco per lui, mi ha consentito di avere la libertà: mio fratello è grave, non c’erano alternative, ma se avessi dovuto scegliere io, sarebbe stata molto dura.”
“Per fortuna sta cambiando anche lo sguardo e l’attenzione di tutto il mondo che circonda i fratelli dei disabili: oltre alle famiglie, molti miei colleghi e anche diversi insegnanti si interrogano e intervengono per sostenerli.”
Cortometraggio e convegno
“Sono dolori così grandi, guardarli in faccia è difficile. Sarebbe più semplice dire che i fratelli stanno e staranno bene. E’ una versione elegante della realtà che poi però sfuma velocemente nel confronto con gli altri. Nel corto che abbiamo realizzato insieme ai piccoli che ho seguito durante quest’anno nel progetto Fratelli in azione, emerge il ruolo di difesa che assumono molti fratelli rispetto a quelli che sono visti come attacchi. C’è un bambino che ha sgridato gli altri suoi compagni perché scoppiavano i palloncini e questo terrorizzava sua sorella disabile. Cresce la consapevolezza e anche il coraggio di battersi per i diritti di chi si ama e non ha le possibilità di difendersi.”
“Vorrei che ci si interessasse sempre più al tema. I convegni come quello di domani parlano direttamente al territorio e alle famiglie, dicono “questo è quello che si può fare se ci si trova nelle condizioni che ci troviamo ad affrontare quotidianamente.” I protagonisti sono i ragazzi che seguo: 30, tra bambini, adolescenti e adulti con le loro storie, difficoltà e percorsi risolutivi. Mostrare che non è una vergogna chiedere aiuto e che il territorio deve essere pronto a rispondere e a fornirlo. ”
“Spesso mi capita di essere presa dal senso di colpa perché non riesco ad andare a trovare Giacomo. Mi rassereno quando capisco che io sono quella che sono grazie a lui: l’amore che provo nei suoi confronti è dentro di me, va oltre il discorso fisico. Non cambiano i sentimenti che ci legano ai nostri fratelli anche se decidiamo di prendere la nostra strada, diversa e lontana da loro. L’amore per Giacomo è nel mio lavoro e in tutto ciò che faccio con passione, continuando a pensare a lui.”
La traccia volante: I fratelli e le sorelle fanno parte di noi, l’amore che ci lega non finirà mai e ci darà la carica per andare avanti.
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