“E’ bellissimo raccontare la grande umanità che sto continuando ad incontrare. Provo sulla mia pelle la forza delle risposte alle domande retoriche che mi sono posta all’inizio del viaggio. C’è ancora il senso di condivisione: esiste una comunità diffusa, pronta ad aiutare chi ha lo stesso obiettivo, senza chiedere nulla in cambio, anzi offrendo tutto ciò che è possibile.”
Spesso avvertiamo la tentazione di pensare che non ci sia speranza. Assistiamo impotenti al trionfo della diffidenza, della cattiveria e dell’ostilità. Il senso di smarrimento blocca lo slancio verso l’altro, fermo nella considerazione che possa essere inutile e non compreso. Vorremmo ancora credere; aiutare chi vicino a noi ne ha bisogno; sostenere un ideale; portarlo avanti verso un obiettivo più alto, non da soli, ma insieme. La paura sembra vincere, poi ricevi una telefonata, un venerdì prima delle elezioni, mentre cerchi almeno di sconfiggere gli incubi. Dall’altra parte c’è Barbara Cassioli, ha una mezz’ora di tempo libera durante il suo lungo viaggio che da Bologna la sta portando a Lampedusa. E’ a Lamezia dove è arrivata dopo due mesi di incontri, scambi, dialoghi, sorprese attraverso i quali ha scoperto un’Italia diversa che la sta aiutando a rispondere alle domande dalla quali è cominciata la sua avventura. La prima: si può viaggiare senza denaro? La seconda: si può condividere la missione di devolvere tutto quello che si è risparmiato, a Mediterranea Saving Humans per continuare a salvare la vita di chi fugge da guerre e privazioni? La terza: I limiti personali si possono superare se si affrontano insieme? La voce di Barbara con il racconto della sua impresa ha fermato la mia paura. Oggi prova ad allontanare i brutti sogni e a regalare un barlume di luce.
La traccia: da Bologna a Lampedusa, un viaggio con e per gli altri.
“Il progetto è nato nella mia testa nel 2016 per compiere un piccolo gesto di resistenza alle politiche sull’immigrazione. La spinta me l’ha data nel 2017 l’allora ministro Minniti, anche se non lo sa. Volevo scoprire se fossimo messi così male in Italia o resistesse ancora la bellezza e il senso di comunità. Ho aspettato tre anni prima di mettermi in viaggio: avevo paura soprattutto dell’idea di muovermi senza denaro.
I casi della vita hanno sostenuto la mia scelta e dipanato i miei dubbi.”
Lasciare e ripartire
“Sono un’educatrice sociale, ho 32 anni, per 10 ho lavorato con i migranti in condizioni in disagio. L’anno scorso è scaduto l’ultimo contratto con una cooperativa: mi ero già resa conto di come spesso si stesse imponendo una mentalità aziendale, mentre io avevo studiato e mi ero formata per mettere al centro gli esseri umani come individui liberi. Ero amareggiata, ho pensato di cambiare.”
“Ho iniziato ad occuparmi della sartoria che era sempre stata una mia passione. Ho creato una piccola officina artigianale “Amalia pensa con le mani”: un progetto che unisce la sartoria al percorso di crescita delle donne. Ho cominciato da sola, partecipando a dei mercatini che mi hanno garantito alcune entrate.”
“Dopo aver trovato il coraggio per lasciare un lavoro più stabile, potevo lanciarmi nella ricerca delle mie risposte attraverso il viaggio. Tre le domande: Cosa succede se sono senza soldi: potrò pagare quanto mi serve con i miei talenti? Quale è la merce di scambio tra gli individui? Esiste e quanto conta la volontà di sostenere chi vuole raggiungere un obiettivo?”
“La paura di partire senza denaro si è trasformata nel senso di libertà e nella voglia di farlo. Tutto quello che avrei risparmiato, non pagando vitto e alloggio, lo avrei versato nel conto di Mediterranea. Li ho conosciuti in varie iniziative: è una rete che rappresenta per me un baluardo di bellezza. Ciò che hanno fatto e continuano a portare avanti, dimostra che in Italia, solo in maniera comunitaria, si possono realizzare dei progetti. Sposare il loro ideale con quello alla base del mio viaggio mi è sembrata già la realizzazione di un sogno. Da Mediterranea mi hanno detto che sono un genio.”
Il coraggio e le sorprese
“Il 21 marzo di quest’anno sono finalmente partita. Per le prime due settimane avevo programmato alcune tappe, scegliendo degli eco villaggi. Uno dei temi che volevo approfondire è anche quello dell’abitare condiviso. Subito si è verificato una specie di miracolo: dal cancello della mia casa di Livergnano all’eco villaggio Ciricea di Villa di Piteccio a Pistoia, non ho aspettato per più di cinque minuti un passaggio. La prima tappa si è conclusa in un ristorante sul Ponte della Venturina, al confine tra Emilia e Toscana, a tavola con un signore anziano che ha voluto offrirmi il pranzo dopo aver saputo lo scopo del mio viaggio durante il tragitto nel quale mi ha accompagnato. Sono arrivata all’eco villaggio come tramortita da tanta positività.
“Lo sta facendo veramente, ed è così semplice!” mi sono ripetuta.”
“Avevo già fatto viaggi in solitaria, collaboro con il sito “Viaggio da sola perché”; ho avuto esperienze di lavoro in strada a contatto con realtà di droga e prostituzione, ho in qualche modo il fiuto allenato. Ero preparata ai rischi, ma molto meno alle sorprese belle che mi hanno travolto.”
“Come a Grosseto. Mi sono fermata a casa di un’amica. Sono partita da Seggiano, decisa a raggiungere Cerveteri, dove avevo fissato un’altra tappa. Inaspettatamente la mia ospite toscana mi ha fatto una proposta che ha cambiato il programma. Era Pasqua, stava andando a fare treccking sull’Isola d’Elba. Mi ha invitato ad andare con lei. Le ho detto che non avevo soldi: “non ti preoccupare ci penso io”.
Ho versato a Mediterranea la quota, per due, del traghetto. Un regalo così emozionante meritava un’offerta adeguata all’obiettivo della mia avventura.”
“Il dono inatteso ha cambiato anche le modalità del mio viaggio. Da quel momento in poi mi sono mossa, seguendo le indicazioni che di volta in volta mi hanno suggerito le persone che ho incontrato.”
“Le sorprese sono proseguite con un carico di sentimenti ed emozioni. Da Cerveteri verso la Campania, dovevo raggiungere Castel Volturno: mi aspettavano un gruppo di ragazze, attive in una sartoria sociale. Il caso, non so nemmeno più se chiamarlo in questo modo, ci aveva fatto incontrare 4 anni prima a Nairobi, durante un mio viaggio da sola. Ero lì per partecipare ad un progetto legato alla sartoria ed una delle operatrici mi aveva raccontato del lavoro in Campania. Mi hanno scritto proprio poco prima del fatidico 21 marzo, chiedendomi di andarle a trovare. Mi sembrava una tappa perfetta. Prima di arrivare, però, c’erano dei problemi nel laboratorio, non era visitabile e non potevamo ospitarmi: hanno fatto un giro di telefonate e mi hanno indirizzato alla Cooperativa Al di là dei sogni a Sessa Aurunca, all’interno di un bene confiscato. In questo modo sono entrata nella rete di Libera e della Nuova Cucina Organizzata.”
La forza nel calore e negli scambi
“La cooperativa offre un nuovo percorso di vita a chi proviene da situazioni di disagio (salute mentale, ex dipendenze, ospedali psichiatrici giudiziari). L’atmosfera così coinvolgente, unita ad un eccesso di consumo di mozzarella di bufala, ha trasformato questa tappa nella prima di un possibile ripensamento. Sono stata malissimo per un’intera notte: volevo solo la mia mamma. Per fortuna sono stata ospitata da una ragazza a Casal di Principe che ne ha quasi fatto le veci, curandomi e comprandomi anche i fermenti lattici. Ho dormito un po’ di più e tirato fuori il mio amuleto: la lettera di una mia amica, chiusa in una busta con su scritto “da aprire solo in un momento tragico.”
“La terapia del riposo e del calore è servita. Non ho mollato e sono arrivata dalla professoressa Maria di Biase a conoscere il progetto della sua scuola speciale a Policastro. La preside insegna ai bambini a mangiare prodotti sani, coltivare l’orto, non usare plastica e non produrre rifiuti. Proprio Maria ha nuovamente cambiato il corso del mio viaggio, indirizzandomi a conoscere Massimiliano Gallo e l’orchestra dei bambini che ha creato, utilizzando solo strumenti realizzati con materiali riciclati. Un’altra meravigliosa realtà. Mentre ero divisa tra l’orto e la musica, mi ha scritto una professoressa di Cosenza, Alba Battista: “vorrei molto che venissi qui per conoscerci.” Un invito che non potevo rifiutare.”
“Il viaggio mi è sembrato sempre più ricco e anche più facile. Da Cerveteri in poi non mi sono più mossa in autostop e non perché, come qualcuno aveva provato ad intimorirmi, fosse pericoloso, ma perché non me lo hanno più permesso: chi mi ospitava mi accompagnava ovunque chiedessi o mi pagava i biglietti per il treno. Costi che ho risparmiato e quindi versato per Mediterranea.”
“Devo ammettere che il tanto temuto problema della mancanza di denaro non l’ho vissuto nemmeno prima di Napoli. Ho fatto scambio lavori, ripagando vitto e alloggio, fornendo le prestazioni più diverse: dalla baby sitter, alla cameriera ad un matrimonio, fino ad aggiustare dei fienili o concimare campi. Ho utilizzato la piattaforma Work Away. Ho provato anche il couch surfing: un modo gratuito di ospitare in cambio della condivisione di alcuni momenti come passeggiate o giri nella città.”
Obiettivi raggiunti, amore senza limite
“In questo modo, finora ho versato quasi 800 euro a Mediterranea: conto di arrivare a 1200 alla fine del viaggio. Avevo calcolato un prezzo simbolico per ogni pasto e alloggio, poi si sono aggiunte le sorprese, gli acquisti e i regali speciali di chi ho incontrato per cui ho dovuto e potuto mettere di più. A Cosenza dopo aver raccontato la mia esperienza all’Università, un professore mi ha lasciato venti euro senza che nemmeno me ne accorgessi, andranno nel conto di Mediterranea.”
“Manca poco alla fine dell’avventura: ho previsto di arrivare per il 2 giugno dalla mia amica Rossella a Lampedusa. Ci siamo conosciute sull’isola l’anno scorso. Mi mette a disposizione uno degli appartamenti che altrimenti affitterebbe ai turisti: dieci giorni, durante i quali mi raggiungerà mia mamma in aereo.
Poi verrà il momento più difficile: il ritorno. Ho programmato di muovermi sempre in autostop, più velocemente, con meno tappe, andando verso Bologna senza deviazioni. Una volta a casa, non so cosa accadrà. Alcune case editrici mi hanno offerto di pubblicare la mia storia ancora prima di scriverla. In effetti l’ho vissuta e la sto ancora vivendo con una passione che meriterebbe un romanzo. “
“E’ bellissimo raccontare la grande umanità che sto continuando ad incontrare. Provo sulla mia pelle la forza delle risposte alle domande retoriche che mi sono posta all’inizio del viaggio. C’è ancora il senso di condivisione; esiste una comunità diffusa, pronta ad aiutare chi ha lo stesso obiettivo, senza chiedere nulla in cambio, anzi offrendo tutto ciò che è possibile. Scoprendo gli altri, ho indagato anche in me stessa: posso rispondere anche ai dubbi sui miei limiti che sono sempre meno. Se prima pensavo fosse impossibile che riuscissi a fare alcune cose, ora l’asticella si è spostata molto in alto. Tutto potrebbe accadere e mi sentirei pronta ad affrontarlo.”
La traccia volante: Ci vuole un attimo di pura follia a fidarsi dell’ignoto per buttarsi in un cambiamento. E’ necessaria ed è anche l’unica cosa possibile. Non sono mai stata felice ed appagata come lo sono ora e questo accade perché sto realizzando un mio sogno, perché sono sulla mia strada.
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