Giacomo dopo 50 anni porta il Pride nelle Marche

“Tutti possono venire al Pride ad esprimere la libertà di autodeterminazione. Questo è il significato di una manifestazione che compie 50 anni, forse non è un caso ed è importante che proprio mentre si celebra questo anniversario, ci sia il primo Pride delle Marche. Speriamo che non ci vogliano ulteriori 50 anni per velocizzare il riconoscimento di altri diritti fondamentali per noi e per tutti coloro che vogliono vivere liberamente nel rispetto reciproco.”

giacomo pride 50 anni originalEra la notte del 27 giugno del 1969, davanti allo Stonewall Inn, ritrovo gay del Greenwich Village, la polizia di Manhattan iniziò un pestaggio. C’è una versione che parla della risposta ad una ennesima provocazione da parte di uno degli agenti; altre di attacchi senza alcuna motivazione se non l’odio di genere. Il gruppo che venne picchiato, riuscì a resistere, nonostante la disparità delle forze, motivati da una esasperazione, evidentemente inaccettabile. L’anno seguente, in commemorazione dei moti di Stonewall, si organizzò una marcia dal Greenwich Village al Central Park. Quasi in 10.000 vi presero parte. Da allora, da 50 anni, nel mese di giugno, in tutto il mondo, si svolgono parate ed eventi che rivendicano il diritto alla libertà sessuale attraverso le armi della non violenza: la musica e il ballo. Pride significa orgoglio di sé, prevede il rispetto degli altri che non deve mai venire meno. Negli ultimi mesi purtroppo sono frequenti gli episodi di violenza e discriminazione nei confronti di chi decide di vivere naturalmente le proprie libere scelte sessuali. In 50 anni sono stati conquistati molti diritti, anche qui in Italia, grazie alla forza di chi non si è mai arreso e ha sempre creduto in una risorsa universale che è l’amore. Rimane da vincere l’ignoranza che genera timore e diffidenza. Il Pride lo fa con il sorriso che non deve essere mai scambiato per un’ostentazione sterile. Nelle Marche, quest’anno per la prima volta, le strade verranno illuminate dai colori di questa speranza. Sabato 8 giugno ad Ancona sfileranno uomini, donne, bambini, famiglie, tutti insieme perché la libertà non si insegna, ma si respira condividendo. Giacomo Galeotti da Fermignano, artista e attivista di Arcigay e Gap, è tra i fondatori del comitato, perché ha creduto che nella regione dove si è sempre preferito tacere e nascondersi, sarebbe arrivato, prima o poi,  il momento per unire le forze e scendere, a testa alta e orgogliosi, nelle vie della città. La sua è una traccia che raccoglie un testimone da quella strada del Greenwich Village e lo porta verso il Passetto del capoluogo marchigiano.

La traccia: l’impegno per i diritti della Comunità LGBT

giacomo ritratto“Da quando avevo 17 anni, ho fatto politica: prima in un partito, poi nelle associazioni. La mia voglia di libertà si è manifestata attraverso l’impegno per rivendicare diritti e con l’arte. A 18 anni sono partito da Fermignano, il mio paese di 8000 abitanti, per andare a Roma a studiare recitazione. Ho frequentato per un anno e mezzo i corsi del Centro Formazione Attori, sentivo però che volevo trovare altri canali di espressione. Ho iniziato a scrivere canzoni e pubblicato un libro di poesie.

“Dal 2015 con Riccardo Righi ho portato nel nostro progetto “Shape without Shame” tutto ciò che ho imparato negli anni. Un percorso che è partito da me per poi essere trasferito agli altri con un messaggio centrale da veicolare: bisogna accettare sè stessi e gli altri. L’arte è una ricerca di libertà. Per me è iniziata dal teatro ed è esplosa nella consapevolezza che volevo raccontare la mia realtà e non quella scritta da altri. “

“Ho deciso di intraprendere la mia strada con le mie parole. Forma senza vergogna è un lavoro concentrato sul corpo, narrato attraverso dei cortometraggi e delle foto. Le immagini invitano a comprendere la propria corporeità e ad accettarla.”

Dalle immagini alle parole

“E’ il senso fondamentale che provo a trasmettere dal 2011 anche nelle scuole, dove vado, seguendo progetti per diffondere la conoscenza e il rispetto dei diritti LGBT. Purtroppo siamo in un territorio che ci ha messo molto tempo prima di attivarsi su questi temi. Faccio parte dell’Arcigay di Pesaro Urbino, rappresentiamo il solo comitato territoriale delle Marche, da Ascoli alla Repubblica di San Marino. Una situazione analoga la vivo all’Università: sono attivista di GAP l’unica sigla LGBT nell’Ateneo di Urbino. Mi hanno mandato delle foto che testimoniano dell’esistenza di un’associazione gay a Urbino negli anni 70 di cui poi si sono perse le tracce.”

giacomo urbino“Negli anni Arcigay ha provato a far sentire la nostra voce, soprattutto a livello istituzionale, nel portare avanti istanze e richieste di leggi. Intorno ha resistito silenzio ed indifferenza che hanno rappresentato una forma sottile di omofobia. Se si fosse manifestata come divieti e attacchi, avremmo potuto contare su un sostegno anche dall’esterno, su una dialettica in grado di accendere l’attenzione. Fare finta di nulla, ha creato una barriera nel paradosso di considerare che gli omosessuali qui non esistessero. Questo ha fatto crescere un’omofobia interiorizzata: in un contesto nel quale alla conoscenza si preferisce l’ignoranza, la difficoltà di dichiararsi e vivere liberamente la propria sessualità è ancora maggiore rispetto ad altre situazioni.”

I ragazzi chiedono aiuto e rispetto
“A scuola se ne è sempre parlato poco, anzi ora sembra ancora meno. Quando frequentavo il liceo socio psico pedagogico a Urbino, avevo un professore di filosofia che affrontava l’argomento con grande naturalezza, in maniera aperta come deve essere normale fare, Adesso mi capita di entrare nei licei nei quali gli studenti sono più preparati dei professori: non tutti, ma molti docenti, non sono stati al passo con i tempi e non riescono a trasmettere i passaggi fondamentali della battaglia per i diritti delle donne e della comunità LGBT.”

giacomo logo gap“I ragazzi ci chiedono spiegazioni e ci ringraziano per il nostro approccio scientifico. Noi portiamo loro dati e studi dell’Organizzazione mondiale della sanità, attraverso cui abbiamo potuto spiegare loro il senso del 17 maggio, giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia. E’ proprio in quel giorno, nel 1990, che l’OMS ha dichiarato l’omosessualità una normale variazione del comportamento umano, non una patologia o una devianza. Nelle scuole ci sono ancora professori che si permettono di dire che è una malattia e che è meglio non affrontare l’argomento. Ci chiedono continuamente di andare a parlare per capire come superare le difficoltà che molti ragazzi vivono sia nelle aule sia in famiglia. La comunità LGBT diventa una famiglia allargata nella quale ci si sente finalmente accolti, senza doversi più nascondere.”

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“Io sono stato fortunato: a 15 anni ho dichiarato la mia omosessualità ai miei genitori. Mia madre è diventata subito un’attivista AGEDO, mia sorella segue le mie battaglie, mio padre si tiene più in disparte, ma non mi ha mai ostacolato. Lui non ci sarà per motivi lavorativi, ma mia madre e mia sorella saranno con me, sabato, al nostro primo Pride delle Marche.”

Finalmente Pride

giacomo marche pride“E’ il risultato di un lungo e tortuoso percorso: anche noi, direttamente coinvolti, per anni non siamo stati convinti di farcela ad organizzarlo. Andavamo a Roma o a Bologna. Quando il Pride è arrivato a Rimini, abbiamo cominciato a pensarci. Io, in realtà, ci ho sempre creduto e con il GAP pensavamo che fosse l’obiettivo da costruire. Il problema è sempre stato che avevamo scarse risorse non solo materiali, soprattutto la presenza di poche associazioni e il persistere, anche tra quelle, di alcuni personalismi e scontri che impedivano di trovarci d’accordo. A volte c’è stato anche fuoco amico, bisogna ammetterlo. E’ normale avere diverse opinioni, ma non chiudere il dialogo e la capacità di fare rete.”

“Per fortuna nell’ultimo periodo sono state aperte nuove associazioni con rappresentanti giovani che non conoscevano i vecchi dissapori. Ci siamo uniti e abbiamo iniziato a preparare il nostro Pride. Lo slancio lo abbiamo avuto dalla manifestazione, organizzata insieme alla CGIL, nel 2016 ad Ancona, per chiedere l’approvazione del disegno di legge Cirinnà per le Unioni Civili. Eravamo veramente tanti e abbiamo pensato che fosse arrivato il momento.”

“Abbiamo preparato la giornata di sabato con oltre 40 incontri ed eventi culturali che si sono svolti nel territorio. Non vorrei sbilanciarmi, ma speriamo di avere almeno più persone rispetto al 2016. Il comitato fondatore è formato da 7 sigle: GAP; Arcigay Agorà Pesaro Urbino, AGEDO, UAAR Ancona, Rebel Network, Comunitas APS, ESNA consulenze di genere. Abbiamo ottenuto il patrocinio della Regione Marche e di diversi comuni, anche di centro destra. Parteciperanno le famiglie arcobaleno. Ci sarà Franco Grillini. La nostra madrina è l’atleta olimpica Antonella Belluti, ciclista su strada e bobbista, oro ad Atlanta nel 96 e a Sidney nel 2000. Verrà con sua moglie. Partiamo con una conferenza la mattina alle 10.30 nella Mole Vanvitelliana. Alle 15.30 il concentramento al Passetto di Ancona: alle 17.30 si sfila per quasi tre chilometri.”

giacomo pride 50 anni

“Sarà una grande festa come è sempre il Pride: un’occasione per rivendicare diritti in maniera gioiosa. A chi ci obietta che ci sono altri motivi di emarginazione per cui lottare, dalla disoccupazione alla disabilità, ribattiamo: tra di noi ci sono disoccupati, immigrati, disabili che vivono le difficoltà, se possibile, in maniera raddoppiata e al Pride trovano uno spazio per farsi sentire. I diritti che sono moltiplicatori. La nostra rivendicazione è trasversale. Tutti possono venire al Pride ad esprimere la libertà di autodeterminazione. Questo è il significato di una manifestazione che compie 50 anni, forse non è un caso ed è importante che, proprio mentre si celebra questo anniversario, ci sia il primo Pride delle Marche. Speriamo che non ci vogliano ulteriori 50 anni per velocizzare il riconoscimento di altri diritti fondamentali per noi e per tutti coloro che vogliono vivere liberamente nel rispetto reciproco.”

La Traccia volante: “Se non posso ballare, non è la mia rivoluzione” lo ripeteva Emma Goldman. Quale altra minoranza arrabbiata come noi, ha deciso che per cambiare le cose, non bisogna distruggere, ma ballare!

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