“Io non nego la realtà di Scampia, la assolvo. Non bisogna annullare la speranza: ognuno diventa la possibilità per un altro. C’ è stato chi ha creduto in me: nonostante fossi un camorrista, ha visto un Davide diverso. Uscito dal carcere, grazie a loro, ho capito che potevo cambiare e offrire il mio cambiamento agli altri: a partire dai bambini.”
“Puoi leggere, leggere, leggere, che è la cosa più bella che si possa fare in gioventù: e piano piano ti sentirai arricchire dentro, sentirai formarsi dentro di te quell’esperienza speciale che è la cultura”. Pier Paolo Pasolini indicò una strada ad una ragazza che gli scrisse di voler studiare, ma non avere i soldi per farlo. E’ il cammino per chi non vuole arrendersi allo stato delle cose, ma chiede per sé la possibilità di costruire una speranza di miglioramento. Sono i semi che vogliono provare a diventare alberi anche nei terreni meno fertili. Luoghi aspri, dove si deve provare a coltivare, come Scampia. Nell’immaginario televisivo è il set di ogni disperazione, della violenza che erge a regola di vita, della miseria come norma, opposta alla squallida opulenza criminale di pochi. Ma cosa accade veramente ogni giorno tra i palazzoni delle Vele, dove non ci sono telecamere a riprendere e registi a dirigere? Cosa c’è scritto nella sceneggiatura delle tante persone normali che ci abitano? Quanti sono i bambini, le ragazze e i ragazzi che chiedono di poter sognare una esistenza normale? Davide Cerullo, in un momento della sua vita si è trovato a metà: tra chi è raccontato e chi racconta. Tra i sommersi e i salvati, ha deciso di emergere per aiutare a non considerare più necessaria la scelta, offrendo percorsi ordinari di bellezza che anche a Scampia possono essere tracciati. Dopo un’adolescenza da affiliato, in prima linea a gestire una delle piazze più importanti di spaccio, salvo per miracolo da un agguato, finito in carcere, ha iniziato a salvarsi, partendo da un libro e grazie alle persone che hanno creduto potesse ricavare da quelle pagine un Davide diverso. E’ tornato a Scampia con i suoi figli, per restare e per costruire, da dentro, un’immagine diversa dei suoi luoghi. Ha fondato un’associazione a cui ha dato un nome che Padre Alex Zanotelli ha definito esotico “l’Albero delle storie.” Scrive poesie e scatta foto che sembrano quadri, quelle della traccia sono sue. Vuole essere considerato però, soprattutto, per quanto sta portando avanti, diventando una possibilità per gli altri. Dal male nasce il bene è la sua guida, per farlo fiorire però bisogna leggere, informarsi, pensare e sognare.
La traccia: progetti per i bambini di Scampia
“Parto da una considerazione: piantare un albero di limone o far tenere pulito uno spazio comune, fino a 25 anni fa, qui, era normale, adesso non più. Bisognerebbe uscire dalla logica dell’emergenza che rende straordinario ciò che è ordinario. Ho pubblicato dei libri, esposto le mie foto a Parigi, ma sono soprattutto uno che ha trovato la sua strada, la sua identità: so chi sono.
Non mi impegno quotidianamente perché sono a Scampia, ma perché la sento come la mia quota di responsabilità che investirei in qualsiasi territorio. E’ la vita che ho scelto di fare, ma non sono un eroe. Vorrei essere considerato fuori dal pantheon di tutti coloro che vogliono immolarsi per Scampia. Siamo ormai al paradosso di dover salvare i salvati dai salvatori. Sono tutti delle Vele, anche se non ci hanno trascorso nemmeno un giorno. Io ci vivo e trovo normale il mio lavoro e il mio impegno.”
“Mi vogliono premiare per quello che faccio, ma io non vedo la logica. Se siamo tutti eroi, chi la fa la persona normale? Scampia sembra una zona di guerra anche nei nomi delle strade, delle scuole e delle associazioni. Ogni via e istituto è dedicato ad una vittima: diventiamo un cimitero. Non è questo il modo giusto per fare memoria, per ricordare nel modo giusto chi non c’è più. Diamo nomi di poeti, rivoluzionari, partigiani. Riscriviamo la storia, richiamando chi l’ha fatta.”
La normalità di pensare ai bambini
“Ho battezzato la nostra associazione “l’Albero delle storie”, per provare a distinguerci da un linguaggio che, pure ai bambini, evoca solo violenza. Scampia è capace anche di tanto bene che c’è. Peccato non ci si possano scrivere e girare fiction su questo! Fa più colpo rappresentare solo il negativo, di cui non nego l’esistenza, ma non si spara ogni giorno tra le Vele!
Chi supera le paure e i pregiudizi, viene a trovarci anche da città del nord: riesce a tornare a casa arricchito, stupito e appagato da ciò che facciamo con i nostri ragazzi. Questo è il miracolo di Scampia che si dovrebbe far conoscere. Un’altra prospettiva che non nasconde, ma mostra cosa c’è oltre all’Oro di Scampia, l’ennesimo film, volto a descrivere questi luoghi solo con sparatorie e minacce. Altro che la meraviglia dell’Oro di Napoli che mostrava lo spirito reale della nostra città!”
“Vedo con i miei occhi che questo spirito di calore, fratellanza e allegria si può respirare nel mio quartiere. All’Albero delle storie si trovano i bambini delle Vele che non sono i figli del boss o della donna che sta in carcere: sono bambini. Qui creiamo la magia del gioco, dello stare insieme. Diamo un valore importante all’abitare nella convivialità delle differenze, nella gioia dell’uguaglianza.”
“I bambini si aspettano questo quando varcano la nostra porta. Sono 20, da 1 a 7 anni. Abbiamo deciso di investire in piccolo per poter seguire bene ognuno di loro. Siamo in dieci a lavorarci: ci sono anche un professore universitario e due insegnanti che portano qui i loro figli. Ognuno ha una propria vita, ma hanno trovato il centro della propria esistenza venendo in associazione: è un farmaco di umanità, non un antidolorifico. Ci sono ragazze che si facevano un sacco di spinelli: vengono da noi e non sentono più la necessità di fumare. “
“Non facciamo attività incredibili, ma l’effetto sui bambini e su di noi lo è. Sfogliamo libri da cui escono foglie e alberi. Abbiamo un Piccolo Principe che quando si apre diventa un mondo. Si leggono le fiabe che non insegnano solo ai bambini che esistono i draghi, soprattutto li aiutano a capire che si possono sconfiggere. Diventano così una metafora della lotta possibile per non cedere alla camorra e alle mafie in generale.
Noi ci basiamo non sulla qualità, ma sulla quantità del tempo: bisogna darne ai bambini. Non c’è cosa peggiore per loro di non essere pensati, equivale a non esistere, a non trovare una direzione e quindi un’identità. Peggio c’è solo il non essere sognato. Noi tentiamo di far crescere questi bambini facendo sentire che sono pensati e sognati.”
Alberi e parole che salvano
“Per cui piantiamo alberi, dando nomi con significati rivolti al futuro, con speranza. C’è il cedro del Libano, Malala, come la bambina che ha lottato contro i talebani; abbiamo piantato l’albero di Silvia Romano che speriamo torni presto dal Kenya. C’è spazio anche per l’ulivo Elia, battezzato coì perché ha 40 anni e resiste: richiama la memoria dei campi di concentramento che deve rimanere viva e resistente. Abbiamo messo anche la Mela Annurca. “
“Insieme bambini con le famiglie ci ritroviamo a piantare alberi: questo ordinario che diventa straordinario mi piace. “
“Dicono che sono matto. Penso che per essere credibili nelle nostre azioni ci debba essere poesia. I versi sono i colori dei disegni dei bambini che rappresentano fiori, case, immagini felici di amicizia. Qui stanno insieme in un modo particolare rispetto a fuori dove viene chiesto loro di competere ed essere i migliori. All’albero delle storie c’è uguaglianza e fratellanza. “
“Quando entro qui non ci penso neanche più a chi fossi 30 anni fa. Ora giro con un libro in tasca, allora con la pistola; a 14 anni mi avevano già affidato una piazza di spaccio importante di Scampia; a 16 mi hanno arrestato la prima volta; a 17 mi sono ritrovato addosso 32 proiettili; a 18 sono finito a Poggioreale.”
“Chi sono io adesso lo devo ad una rinascita e a chi ci ha creduto. Risorgo da un albero di carta che è il Vangelo, il libro scritto dal più grande psicanalista di tutti i tempi, Gesù. Sono un laico, salvato dalla forma sanitaria di questa parola. Un testo rivoluzionario che racconta di un seminatore che esce, già l’azione dell’uscire ha un significato profondo: uscire dai propri spazi, dai libri per seminare. Dove? Tra le spine, le pietre, lungo la strada e nella terra buona.
Tra le spine ero io 30 anni fa; tra le pietre ci sono alcuni dei ragazzi di Scampia che vedo a rischio:
non ci sono irrecuperabili.
“Gesù insegna a provare tutti i terreni: nessuno è perduto. Questo è rivoluzionario.
Qualcuno ha creduto ci fosse qualcosa di buono anche in me: io sono stato riesumato da loro e dalla poesia. E’ il modo con cui ci si rende consapevoli della grandezza che si ha dentro.”
La conoscenza va oltre i pregiudizi
“Io credo nel libro e nell’istruzione come il più grande atto di devozione e di libertà.
Dal mercoledì al venerdì proviamo a fare questo, qui, nell’Albero delle storie. Da cinque anni ci stiamo occupando anche dei ragazzi più grandi. Portiamo dei gruppi in viaggio al nord, per stare nelle famiglie che li ospitano gratuitamente. Andranno dal 17 al 24 giugno a Monza e poi dal 25 al 2 luglio a Como. E’ un’esperienza che prepariamo bene, soprattutto parlando con chi accoglie i ragazzi in modo che capiscano che non chiediamo la pietà per evitare qualsiasi effetto zoo.”
“E’ una situazione che viviamo spesso: vengono a Scampia come in una riserva per vedere se accade sul serio ciò che raccontano le fiction. Io ripeto che è più facile essere investiti da una macchina, visto quanto sono larghe le strade da attraversare, che rimanere coinvolti in una sparatoria.
E’ capitato che un ragazzo di una scolaresca di Bergamo, alla mia domanda perché fossero venuti a Scampia, mi abbia risposto: “quale posto migliore per imparare l’illegalità.” Mi sono limitato a chiedergli se sapesse dove avessero sequestrato la più grossa raffineria di eroina. L’ho informato io: a Vallemagno, in provincia di Bergamo.
Il più grande atto di illegalità è la disinformazione.
“Bisogna attivare tutti i canali possibili per far circolare un’immagine diversa anche delle Vele, non solo per chi ci vede da lontano, ma soprattutto per chi ci vive. Ho due figli grandi: Chiara ha 21 anni, Alessandro 18 fa il dj con Enzo Dong (Dong sta sia per Don Guanella sia come acronimo di Dove ognuno nasce giudicato.) Loro guardano le fiction, ma sanno capire e contestualizzare. Ci sono però i bambini fragili che vivono situazioni analoghe a quelle raccontate, oppure semplicemente abitano in maniera normale a Scampia: quanto subiscono loro questa narrazione senza speranza! Ai Camorristi non fa paura la morte che viene rappresentata costantemente nelle serie televisive, ma la miseria: Gomorra si può raccontare all’infinito, senza colpire chi vorrebbero fosse colpito. “
“Io non nego la realtà di Scampia, la assolvo. Non bisogna annullare la speranza : ognuno può diventare la possibilità per un altro. C’ è stato chi ha creduto in me: nonostante fossi un camorrista, ha visto un Davide diverso. Uscito dal carcere, grazie a loro, ho capito che potevo cambiare e offrire il mio cambiamento agli altri, a partire dai bambini.”
“A Scampia si vive, non si sopravvive. Noi cerchiamo sempre di offrire gli strumenti migliori per farlo. Ci siamo resi conto che dobbiamo rinnovare alcuni giochi e materiali per aiutare i nostri bambini a crescere e ad essere più sereni. Oltre ai viaggi al nord, dedicheremo l’estate a questo obiettivo. “
La traccia volante: dove c’è il male, lì, nasce anche il bene
Grazie 🙂 !
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