Valerio salva e documenta

Mi capita di pensare che guadagnerei di più e sarei tranquillo se facessi, come ho già fatto, video musicali e cortometraggi, ma come farei a rinunciare a tutto questo? La mia scelta è stare dove c’è bisogno di raccontare e di essere raccontati.”valerio copertina 2Se le vostre foto non sono abbastanza buone, non siete abbastanza vicino.” Diceva Endre Ernő Friedmann, meglio conosciuto come Robert Capa, il più grande fotografo di guerra. I suoi scatti hanno immortalato momenti drammatici ed emblematici della storia mondiale. La foto lascia una traccia indelebile quando a realizzarla c’è un’anima dietro l’obiettivo che sente ciò che sta riprendendo e capisce l’importanza di farlo conoscere agli altri. Valerio Nicolosi, videomaker e filmmaker freelance per Associated press, non sta documentando una guerra, ma una serie di battaglie nelle quali il nemico spesso è invisibile, ma non per questo meno insidioso, e le vittime sono tutte innocenti da salvare. Valerio è sulle navi delle ONG che cercano di aiutare i migranti che fuggono dalla disperazione, affrontando qualsiasi pericolo; ogni missione entra a far parte dell’equipaggio dei volontari che sono gli altri protagonisti delle storie che documenta. La sua è una traccia di impegno e di arte, di umanità e di conoscenza. Le foto, Valerio, le scatta abbastanza vicino al dolore e alla felicità, nel momento esatto in cui a provare sentimenti sono coloro che, altrimenti, resterebbero solo corpi senza identità e senza anima. Ci sentiamo mentre è a bordo di una nave di Open Arms, dopo aver finito il turno in cucina. E’ stanco, ma ha voglia di raccontare, per questo lo ringrazio ancora.

La traccia: il racconto dei migranti da parte di chi li aiuta a salvarsi

Ho fatto un po’ di tutto nella vita. Sono di Roma, del Tufello, cresciuto nelle case popolari. Mentre andavo a scuola consegnavo le pizze. Per un po’ di anni sono stato promosso pizzaiolo. Studiavo, lavoravo e iniziavo la mia militanza politica. A 23 anni sono entrato in Parlamento come consulente della Commissione parlamentare di inchiesta sugli infortuni sul lavoro e le morti bianche. Nel 2008, quando il mio partito non è riuscito ad eleggere parlamentari, sarei potuto andare in altri gruppi, ma, per coerenza, ho deciso di lasciare il posto in Parlamento e dedicarmi a due passioni che avevo tentato di portare avanti parallelamente: la fotografia e il lavoro da cameraman. Mi sono iscritto a due scuole specializzate e sono tornato a collaborare con Teleroma 56 a cui devo molto. Le realtà delle reti locali sono state per molti di noi delle palestre professionali fondamentali.”

valerio bruxellesCon gli anni si sono affinate le mie competenze con la videocamera, tanto che ho cominciato a realizzare dei miei reportage che sono stati pubblicati nelle pagine internet del Corriere della sera e di giornali stranieri. Sono stato uno dei primi ad usare il drone in Italia. La svolta è stato l’incarico che mi ha assegnato Sky Tg 24: 3 anni a Bruxelles come cameraman della corrispondente. Ho potuto seguire la cronaca di tutti gli eventi che si sono susseguiti: dagli attentati alle manifestazioni contro le leggi sul lavoro in Francia. Sono stato mandato anche negli Stati Uniti a seguire le ultime elezioni presidenziali. Per motivi personali ho voluto rientrare in Italia: ho lasciato Sky e dopo un passaggio in Rai, ho lavorato a Milano per la Reuters. Finalmente rientrato a Roma, sono stato chiamato dall’ Associated Press.”

Con i migranti in terra e in mare

La mia attenzione e il mio sguardo durante tutti questi ultimi anni di lavoro si sono sempre indirizzati verso le tematiche sociali, in particolare ho seguito le sorti dei migranti: dalle frontiere, alla rotta balcanica; dai tavoli delle trattative europee ai luoghi nei quali si fuggiva e cercava una via di salvezza. Nel 2014 ho documentato Mare Nostrum, salendo sulle navi della Guardia Costiera e della Marina Militare. Dal 2016 ho deciso che volevo tornare in mare: vedevo ciò che facevano le ONG e cresceva in me la necessità di andare a documentare dal vivo.”

valerio josefa.jpgSono stati gli occhi di Josefa a farmi prendere la decisione e rompere ogni indugio. Lo sguardo terrorizzato della donna salvata da Open Arms dopo 48 ore in acqua, il 18 luglio del 2018, non mi hanno fatto dormire. “Basta voglio partire!” mi sono ripetuto. Ero stato anche soccorritore con la protezione civile. Mi sentivo pronto. Tramite l’Associated Press, dieci giorni dopo essere stato travolto dalla disperazione di Josefa, sono salito a bordo. Sono alla settima missione. Sono stato sulle navi di Open Arms, Sea Watch e Mediterranea.”

Da 20 giorni faccio parte dell’equipaggio di Open Arms. Sto seguendo una doppia missione. Sono stanco, ma è più forte la mia motivazione a mostrare quanto accade con uno sguardo diverso. Faccio video per AP ed ho un diario per The Post Internazionale. Le foto che scatto le sto raccogliendo anche per un libro che uscirà l’anno prossimo. Uso i tre strumenti in contemporanea: videocamera, macchina fotografica e scrittura, per comunicare anche il lato positivo di quanto ci troviamo a vivere.

Tratto le persone che salviamo come persone che sono in mare perchè scappano da condizioni infernali. Si è qui per aiutare, più che per raccontare. Spesso lascio la fotocamera perché devo occuparmi di chi è a bordo.

Siamo prima esseri umani, poi professionisti.”

valerio esseri umani

Faccio i turni come tutti i membri dell’equipaggio: svolgo compiti diversi oltre il mio specifico di documentare. Prima ero in cucina a fare i piatti, mi hanno avvisato che c’era un colibrì, l’aereo che segnala la presenza di imbarcazioni in mare, ho lasciato i piatti e sono andato a riprenderlo. Riscenderò giù e vedrò quello che serve, anche pelare le patate se necessario.”

Raccontare i volontari

Ognuno deve dare il suo contributo, è un impegno collettivo quotidiano che c’è bisogno di far conoscere. Prima di imbarcarmi ho cercato di fare ordine tra i miei hard disk e ho constatato quanto materiale io abbia sul tema: da quello che ho girato sulle frontiere a quello in mare. Ho lunghe interviste e foto a richiedenti asilo e rifugiati con cui ho vinto premi internazionali e documenti inediti riguardanti la vita a bordo dei volontari. E’ un archivio importante che si arricchisce ogni giorno. Per questo ho chiesto ad un gruppo di amici: la mia assistente, un direttore della fotografia e un’antropologa di lanciare un crowdfunding per realizzare il documentario “Frontiere, le vie per l’Europa.” Vogliamo raccontare le persone con uno sguardo particolare a chi presta soccorso. Ci servono contributi solo per coprire le spese, non ci vogliamo guadagnare. Qui c’è chi ha veramente messo da parte la propria vita per dedicarsi agli altri. Voglio che si sappia e si veda. “

valerio e riccardo gatti.jpg

Non mi aspettavo il grande risalto ottenuto dalla foto della donna sulla barca Alex a cui viene mostrata l’ecografia del suo bambino, ma sono contento se questo serve a far capire cosa c’è realmente davanti l’obiettivo. Se chi l’ha condivisa ha compreso cosa brillasse negli occhi di quella donna: la felicità, dopo solo un’ora che era stata salvata, perchè aveva visto che il suo bambino stava bene. Conosco altri occhi di donne incinta, tristi e smarriti: portano in grembo il frutto di una violenza. Era presente anche una di loro, mentre scattavo la foto all’altra madre. Avrei potuto pubblicare la sua immagine, alcuni colleghi lo avrebbero fatto, magari senza capire a fondo il dolore di quello sguardo. Io ho voluto mostrare il lato positivo di quel salvataggio. E’ una questione di prospettive, probabilmente mi capiterà a breve di documentare e scattare immagini di sofferenza che non conteranno lo stesso numero di condivisioni. E’ la mia idea di sguardo diverso che parte dalle mie sensazioni dirette, vivendole nello stesso momento in cui le documento.”

sorriso

Sarò in missione fino al 25 luglio, mi capita di pensare che guadagnerei di più e sarei tranquillo se facessi, come ho già fatto, video musicali e cortometraggi, ma come farei a rinunciare a tutto questo? Il 20 agosto sarò a Gaza per tenere un corso di formazione. La mia scelta è stare dove c’è bisogno di raccontare e di essere raccontati.”

valerio finale.jpg

La traccia volante: “C’era il sole su nel cielo, sorto nella libertà.” Da “Io ero Sandokan” – C’eravamo tanto amati. Quanto manca Ettore Scola per capire l’Italia!

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