Stanno girando video e foto che mostrano il suo bellissimo volto ricoperto di polvere. E’ un’immagine di propaganda che vorrebbe vedere sotterrate le sue idee e le sue conquiste. Con Anne, abbiamo deciso di coprire il suo viso e il suo corpo con la sua bandiera e di far volare dal suo sangue, nel cielo e non nella polvere, petali e uccelli a portare ovunque quanto ha fatto, per poter continuare sulla sua strada.

Hevrin Khalaf è morta per amore del suo popolo, uccisa dalla mano vigliacca chi non sa contrastare quanto stesse ottenendo per la pace e la libertà. Stanno girando video e foto che mostrano il suo bellissimo volto ricoperto di polvere: un’immagine di propaganda che vorrebbe vedere sotterrate, con lei, le sue idee e le sue conquiste. Con Anne abbiamo deciso di coprire il suo viso e il suo corpo con la sua bandiera e di far volare dal suo sangue, nel cielo e non nella polvere, petali e uccelli a portare ovunque quanto ha fatto, per poter continuare sulla sua strada. La sua icona diventa una statua di pace che cresce come un albero, con rami ricoperti di foglie, simbolo di rinascita, nel sole di quello stesso vessillo per cui ha lottato fino all’ultimo istante di vita.
Hevrin Khalaf si batteva per la convivenza pacifica tra i popoli e per il riconoscimento dei diritti delle donne. Lo faceva con la parola, con l’esempio e con la prospettiva. Era la segretaria generale del Partito Futuro siriano, considerata il “Ministro degli Esteri del Rojava”, la regione del Kurdistan siriano, portava il suo messaggio di pace e di uguaglianza anche oltre i confini del suo paese. Rivendicava il principio di laicità dello stato e l’importanza della risoluzione 2254 delle Nazioni Unite: “Tutte le fazioni del popolo siriano dovrebbero essere rappresentate nel processo politico, compresa la stesura di una nuova costituzione”.
Sabato 5 ottobre, quando la Turchia era ormai pronta all’operazione militare contro i curdi, Hevrin Khalaf ha rilasciato delle dichiarazioni con cui criticava aspramente la repressione decisa da Erdogan: “Noi respingiamo le minacce turche, soprattutto perché ostacolano i nostri sforzi per trovare una soluzione alla crisi siriana. Durante il periodo in cui l’Isis era al potere vicino al confine, la Turchia non lo vedeva come un pericolo per la sua gente. Ma ora c’è un’istituzione democratica nel nordest della Siria, e loro ci minacciano con l’occupazione”.
Hevrin parlava del Confederalismo Democratico del Rojava, una struttura politica e sociale che il popolo stava attuando, riconoscendo e stravolgendo il ruolo delle donne nel Medio Oriente. Le donne del Rojava hanno combattuto per la parità di genere contro il patriarcato,alimentato dal fanatismo religioso. L’YPJ (Unità di protezione delle donne) si è dimostrato fondamentale per le vittorie contro le milizie dell’Isis.
Mercoledì 9 ottobre è iniziato l’attacco: centinaia di migliaia gli sfollati e centinaia le vittime, tanti, troppi i civili. Sono state attaccate anche delle prigioni, favorendo la fuga di uomini affiliati allo Stato islamico.
Hevrin Khalafa sapeva di essere in pericolo, ma voleva andare avanti. Il 12 ottobre la aspettavano al vertice del suo partito a Qamishli. Un gruppo di uomini armati, si suppone milizie integraliste sostenute dalla Turchia (il tratto di strada era sotto il controllo del gruppo jihadista Ahrar al-Sharqiya, una delle tante formazioni, composte da ex appartenenti ad Al Qaeda (al Nusra), alleate della Turchia, responsabili di altre esecuzioni sommarie) hanno fermato la macchina su cui viaggiava, crivellandola di colpi. Hanno preso Hevrin e l’hanno uccisa.
A Derik, villaggio al confine con l’Iraq, dove si sono svolti i funerali, hanno voluto partecipare i massimi esponenti politici e militari curdi per dimostrare la gratitudine di un popolo. Tante le donne, coloro che lei ha contribuito a riconoscere e salvare fino all’ultimo minuto della sua vita. Un recente rapporto del SNHR (Syrian Network for Human Rights) documenta come dal 2011 al 2017 ne siano state uccise in Siria 24.746, tra queste 11.402 bambine. Più di 8.000, inoltre, sono scomparse o si trovano imprigionate. Secondo il rapporto, vengono colpite per lanciare un messaggio di terrore, un avvertimento per l’intero popolo. Spesso sono stuprate e uccise davanti ai mariti e ai figli. Quando poi vengono imprigionate, sono condannate a mesi di torture fisiche e psicologiche.
Per loro Hevrin c’è stata, c’è e ci sarà. Per lei e per tutte le donne curde che non si arrendono, i versi di Abdulla Goran che ha rivoluzionato la poesia tradizionale, riportandola nella realtà.
Io vado, madre.
Se non torno,
sarò fiore di questa montagna,
frammento di terra per un mondo
più grande di questo.
Io vado, madre.
Se non torno,
il corpo esploderà là dove si tortura
e lo spirito flagellerà,
come l’uragano,
tutte le porte.
Io vado, madre.
Se non torno,
la mia anima sarà parola
per tutti i poeti.
Abdulla Goran (poeta curdo 1904 -1962)
Rispondi