Poteva passare per una ragazzata, un gesto per farsi notare, invece, la battuta cattiva contro una bambina con la sindrome di Down da parte di un suo compagno, è diventata, per una insegnante, sensibile al suo ruolo, l’occasione di spiegare a tutta la classe la bellezza di stare insieme nelle differenze.
L. ha fatto una carezza finta sulla testa di A., dicendole: “lo sai che sei proprio brutta”. Poi ha riso. A. non ha pianto, ma F. si è accorto di quello che era successo ed è andato a riferirlo alla maestra B.
Oggi in classe si è fatta lezione, vedendo il cortometraggio Il Circo della Farfalla.
Il film, girato da Joshua Viegel nel 2009, è interpretato da Nick Vujicic, il predicatore australiano, nato senza braccia e gambe, diventato uno dei simboli della lotta contro le discriminazioni nei confronti delle persone con disabilità.
Racconta di Will, usato come fenomeno da baraccone per impressionare o far ridere grandi e piccini a causa del suo aspetto fisico. La storia cambia dall’incontro con Mister Mendez, direttore di un altro circo nel quale si sta insieme in armonia, ognuno con le proprie debolezze. Seguendo il motto “più grande è la lotta, tanto più glorioso sarà il trionfo”, Will osserverà come si possano valorizzare le differenze, fino a renderli talenti. “Portiamo lo stupore in questa epoca”, grida Mendez, è chiaro dai protagonisti che non si tratti di clamore o folklore, ma di capacità di meravigliarsi anche di sé stessi. Will diventerà uno di loro, superando i suoi timori, per primo quello di non poter essere accettato dagli altri.
Le scene sono emozionanti, a volte si eccede nel pathos tipico di una produzione americana, la metafora del bruco che diventa farfalla può risultare banale, ma il risultato è un sorriso che si apre sulle labbra e un respiro di consapevolezza.
“Siamo rimasti tutti in silenzio per 20 minuti, qualcuno si è spaventato quando Will sembrava stesse per affogare, ma è stato bellissimo vedere che si è salvato ed ha avuto un suo ruolo nello spettacolo.”
Ha raccontato Viola, che era nella classe in cui la maestra ha proiettato il corto, strumento di coscienza.
“Alla fine ci ha chiesto se la storia ci avesse ricordato qualcosa, ovviamente per primo ha fatto la domanda a L. che era molto imbarazzato. Ognuno di noi ha raccontato di quando ci è successo di assistere o essere oggetto di attacchi, battute o esclusioni dal gruppo. Quasi tutti avevamo qualche episodio. F. ha avuto il coraggio di ribadire il gesto di L. su A., commentando “se lo facessi io, se solo ci provassi a trattare in quel modo chi ha un problema, mi sentirei una “cacchetta”.”
Viola poteva tornare da scuola, pensando che prendere in giro A. fosse sbagliato, perchè educata al massimo rispetto degli altri, ma poteva anche considerare che una battuta fosse lecita, accettando che accadesse per quieto vivere nel gruppo. Grazie alla sua maestra B., invece, ha rafforzato la certezza che non si debba deridere in nessun modo, mai, una compagna con una disabilità, aggiungendo un altro tassello fondamentale nel percorso delle relazioni con gli altri: la dimostrazione di quanto l’incontro, il sostegno, la possibilità di esprimere liberamente sè stessi, possa diventare meraviglia e stupore.
Ci sarà il tempo e il modo per far capire anche quante siano le difficoltà di A. e della sua famiglia, per dimostrare, fuori dalla finzione cinematografica, che non tutti possano e debbano lanciarsi da un trampolino nel vuoto, come Will, per avere ciò che spetta loro di diritto. Intanto, quella che può sembrare una piccola trascurabile storia quotidiana, trasmette una speranza. Oggi, una insegnante, appassionata al senso del suo mestiere, oltre all’area di un poligono e alla divisione in paragrafi di un brano, ha impresso una traccia preziosa in L., in A., in Viola e in tutti i suoi compagni della V C della Scuola Carducci di Pesaro.
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