Luigi per sempre

All’alba di domenica, una madre e un padre hanno adagiato un neonato, in salute, nella culla termica, posta davanti la parrocchia di un quartiere di Bari. E’ la prima volta da quanto è stata attivata, sei anni fa. Per il parroco, Don Antonio Ruccia e per i medici, giustamente, è un messaggio di vita, ma chi pensa alla frustrazione della scelta di due genitori?

 Non si sa se continuerà a chiamarsi Luigi, come hanno chiesto i genitori naturali. Indossava una tutina a righine bianche e blu e strillava più dell’allarme sonoro che ha avvertito della sua presenza nella culletta termica davanti la Parrocchia San Giovanni Battista a Poggiofranco a Bari. Il primo a vederlo è stato Don Antonio Ruccia, a cui lo squillo del cellulare all’alba ha significato subito ciò che era accaduto. Nelle foto in cui tiene stretto il fagotto, ha un’espressione goffa e innamorata che lo fa sembrare veramente un padre. Ha constatato che il neonato fosse in buone condizioni, contemporaneamente, come da prassi, sono arrivati i medici del Policlinico avvertiti dallo stesso segnale che si attiva dal dispositivo nella culla.

luigi bimbo finale 2

Il piccolino sta bene: è la notizia più importante. Quel rifugio, protetto dagli alberi e dalle inferriate, scaldato seguendo la giusta temperatura del neonato e allertato perché se ne prenda subito cura: dopo sei anni dalla sua installazione, ha mostrato il suo valore pratico. Per il parroco, come pure per i medici e gli infermieri, ogni vita luminosa, soprattutto in un periodo così buio, diventa simbolo di rinascita per tutti, ma io non riesco a smettere di pensare al biglietto lasciato a fianco al bambino, in modo che venisse letto e forse conservato:

“Mamma e papà, non riescono a prendersi cura di te, ma ti ameranno per sempre”.

Ho immaginato il duro percorso della scelta di due genitori, privi di qualsiasi conforto che consentisse loro di proseguire lungo la strada ormai arrivata all’agognato traguardo. Intuisco la fatica per permettersi una gravidanza sana, sicura. Se Luigi, come al momento confermano dall’ospedale, è sano, la mamma sarà stata attenta ad evitare qualsiasi rischio, sostenuta anche dal padre, augurandosi che realmente siano stati d’accordo fino all’ultimo per quella lacerante decisione. Intorno la solitudine che ha reso l’alba dell’altra notte così fredda. Li vedo con in braccio Luigi, coccolato fino ai sogni, fermi davanti ad un cartello che ricorda loro che “Nessun bambino è un errore”, soffermarsi sul messaggio meno giudicante che segue e precisa che “si sarebbero presi cura di lui o lei, che sarebbe stato assistito.” In quei momenti dopo tanta razionalità è l’istinto di un attimo a muovere ogni azione. Poggiare il bimbo avvolto nel suo pigiamino, trovando forse solo l’ultima forza per un bacino sulla fronte.

luigi culla

“Se sei in una situazione difficile, se non riesci a prenderti cura del tuo bambino.” C’è anche questa frase incisa sul cartello davanti l’inferriata.  Come vorrei che, dopo queste parole, non ci fosse solo l’invito, giusto e necessario, di lasciare che altri lo facciano, ma magari l’indicazione verso un altro campanello, dal suono più sottile a cui far rispondere chi può aiutare quell’intera famiglia: una mamma a chiamare Luigi suo figlio non solo l’ultima volta che lo saluta nell’anonimato.

Bisogna ringraziare Don Antonio e la neonatologia del Policlinico di Bari, avamposto operativo e senza giudizio che ha accolto questa vita, ma la vera notizia bella, di rinascita, l’avremmo scritta se davanti quella culla si fosse accolta e salvata una piccola famiglia che, evidentemente dal messaggio che ha lasciato e da come ha salutato la propria creatura, avrebbe voluto esserlo.

Quella mamma che oggi, forse, legge, sospirando, che Luigi, suo figlio, sta bene vorrei abbracciarla, pure se non troverei mai le parole da dirle.

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