Di fatto uguali

“Noi non vogliamo che le nostre donne si mascolinizzino, non vogliamo che le donne italiane aspirino ad una assurda identità con l’uomo; vogliamo semplicemente che esse abbiano la possibilità di espandere le proprie forze, tutte le loro energie, tutta la loro volontà di bene nella ricostruzione democratica del nostro Paese.”

Teresa Mattei, costituente

«Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

E’ tutto nell’articolo 3 della Costituzione, alla cui redazione hanno contribuito fortemente 21 donne, tra cui Teresa Mattei la più giovane donna eletta all’Assemblea Costituente. E’ lei che volle venisse aggiunta la locuzione rafforzativa “di fatto”.  

Per celebrare la Giornata internazionale per i diritti della donna, provando a superare l’odiosa retorica della festa, che da festeggiare non c’è proprio nulla, scelgo le parole della partigiana “Chicchi”: traccia da non dimenticare e diffondere.

Teresita Mattei, nata a Genova, il 1° febbraio 1921, a 17 anni, venne espulsa dal liceo classico Michelangelo di Firenze e radiata da tutti gli istituti del Regno perché, dopo aver ascoltato in classe l’intervento del professor Santarelli, inviato nelle scuole a far propaganda razzista, si alzò in piedi e disse: «Io esco perché non posso assistere a queste vergogne». Combattente dei nazi fascisti nei Gap, si laureò in filosofia il 3 giugno del 1944, in fuga dai tedeschi dopo aver fatto saltare in aria un convoglio carico di esplosivo nascosto in un tunnel. In prima fila a battersi per i diritti delle donne. C’è lei dietro la mimosa diventata il simbolo della festa delle donne: “Scegliamo un fiore povero, facile da trovare nelle campagne” suggerì a Luigi Longo nel lontano 8 marzo 1946, insieme a Teresa Noce e a Rita Montagnana.

Nel Comitato dei 18 che, il 27 dicembre 1947, consegnò nelle mani del Capo dello Stato, Enrico De Nicola, il testo della Carta Costituzionale.

Questo il suo intervento in aula da far stampare e imparare a memoria a figlie e nipoti (ringrazio il sito della Fondazione Nilde Iotti da cui l’ho tratto).

“Noi salutiamo quindi con speranza e con fiducia la figura di donna che nasce dalla solenne carta costituzionale nazionale. Nasce e viene finalmente riconosciuta nella sua nuova dignità, nella conquista pienezza dei suoi diritti, questa figura di donna italiana finalmente cittadina della nostra Repubblica. Ancora poche Costituzioni nel mondo riconoscono così esplicitamente alla donna la raggiunta affermazione dei suoi pieni diritti. Le donne italiane lo sanno e sono fiere di questo passo sulla via dell’emancipazione e insieme dell’intero progresso civile e sociale. E’, questa conquista, il risultato di una lunga e faticosa lotta di interi decenni. […] In una società che da lungo tempo ormai ha imposto alla donna la parità dei doveri, che non le ha risparmiato nessuna durezza nella lotta per il pane, nella lotta per la vita e per il lavoro, in una società che ha fatto conoscere alla donna tutti quei pesi di responsabili e di sofferenza prima riservati normalmente solo agli uomini, che non ha risparmiato alla donna nemmeno l’atroce prova della guerra guerreggiata nella sua casa, contro i suoi stessi piccoli e l’ha spinta a partecipare non più inerme alla lotta, salutiamo finalmente con un riconoscimento meritato e giusto l’affermazione della completa parità dei nostri diritti. […] La nostra esigenza di entrare nella vita nazionale, di entrare in ogni campo di attività che sia fattivo di bene per il nostro paese, non è l’esigenza di affermare la nostra personalità e qui contrapponendola alla personalità maschile. […] Noi non vogliamo che le nostre donne si mascolinizzino, non vogliamo che le donne italiane aspirino ad una assurda identità con l’uomo; vogliamo semplicemente che esse abbiano la possibilità di espandere le proprie forze, tutte le loro energie, tutta la loro volontà di bene nella ricostruzione democratica del nostro Paese. Perciò riteniamo che il concetto informatore della lotta che abbiamo condotta debba stare alla base della nostra nuova Costituzione, rafforzarla, darle un orientamento sempre più sicuro. E’ nostro convincimento che nessun sviluppo democratico, nessun progresso sostanziale si produce nella vita di un popolo se esso non sia accompagnato da una piena emancipazione femminile”.

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