“Sarà difficile e forse inutile, spiegare quanto di più naturale esista, certo dovrò provare in tutti i modi a definire loro, sia a Viola, sia, con maggiore forza a Luca, ciò che non è amore: possesso, obbligo, sottomissione, paura, privazione della libertà, violenza.”
“Capirai di aver trovato l’amore quando ti allacceranno le scarpe.”
Avevo circa l’età di Viola quando un carissimo amico dei miei genitori, papà di due bambine con cui giocavo sempre, nella piazzetta di San Felice Circeo, mi lasciò questa massima, proprio davanti alle mie Superga slacciate. Ed io, che lo amavo in segreto, pensai che il gesto che poi fece in maniera automatica per evitare che rotolassi sui miei passi, fosse un’emozionante dichiarazione. Ovviamente non avvenne nulla che si possa trovare nelle preziose pagine di Nabokov, anzi, temo che per l’emozione finii vittima di uno dei miei celeberrimi capitomboli, nonostante avessi le scarpe allacciate. Le sue parole, però, così tenere nella loro semplicità, mi sono tornate in mente da quando ho cominciato ad affrontare l’argomento sentimenti con i miei figli.
In nove anni, Viola si è già innamorata almeno tre volte, con intensità spesso inversamente proporzionale all’età. I primi palpiti li ho osservati con divertita dolcezza. Aveva 4 anni: con il suo compagnuccio di asilo, Luigi, stavano seduti vicini in cortile e facevamo gli stessi gesti senza nemmeno sfiorarsi. Guardavo la scena con il cuore gonfio di tenerezza, sarebbe più coerente dire che spiavo e, onesto ammettere, che mi commossi. Mi colpisce che anche lei ancora ne abbia traccia, anche se ne parla con il sorrisetto sarcastico.
Il grande amore dell’asilo è stato in realtà Cesare il poeta, occhi profondi e carattere silenzioso. Due anime affini. Il primo anno di elementari si sono innamorati di lei, ma li ha considerati solo amici. Quando siamo arrivati a Pesaro, ha trovato conforto nei massaggi sul collo di L. ( i nomi devono necessariamente cominciare ad essere iniziali puntate per la privacy). L’anno scorso, finalmente, si sono invece dichiarati con il principe F. Pari timidezza, discrezione e loquacità, un miracolo che siano riusciti a dirsi la fatidica frase “mi piaci” a cui rispondere con un filo di voce “anche tu.” Confesso di averci messo, anche in questo caso, del mio, tentando, in maniera maldestra, di essere discreta.
“Sistemiamo il letto nella tua cameretta così puoi invitare F. a casa…”
Ho insinuato, quando, dopo il trasloco, cercavamo di organizzare il fatidico appuntamento con quello che può essere considerato, nelle mie note di sua biografa ufficiale, il terzo amore.
“Mamma, ma possiamo stare anche in terrazzo!”
Mi ha risposto giustamente lei, mentre io borbottavo tra me giustificazioni non richieste alla mia proposta: “ma certo, non volevo mica dire che dovevate usare il letto, ci mancherebbe, solo per avere una camera più ordinata, potete stare pure in cucina, se è per questo.”
Poi F. è venuto ed in realtà si sono chiusi nella camera, con interventi salvifici dell’inviato Luca.
“Mi ha detto che mi vuole bene…”
Ha confessato, a dir la verità, meno turbata di me già con la lacrima sulle ciglia. Lei consapevole, io obiettivamente scema, soprattutto nel seguente commento interrogativo: “E poi che avete fatto?”
“Niente, abbiamo continuato a giocare a UNO”
“Ah, nemmeno un bacetto?”
“Ma che dici, mamma!”
Come fa un’anima straziatamente romantica come la mia, a stare vicina ai propri figli, rispettando la loro indipendenza e discrezione sentimentale? Anche scriverne è molto più di uno spioncino nella porta.
Vorrei che incontrassero l’amore in tutte le sue forme, da quella umana a quella ideale. E desidererei che fossero liberi di inseguirne ogni sfumatura senza pregiudizi, rimpianti o timori. Le delusioni fanno crescere, recita realisticamente la vulgata tradizionale, ma si potrà maturare innamorati ricambiati e soddisfatti?
Perché se io penso ad un ragazzo che possa far soffrire, tradire, prendere in giro o peggio fare violenza a Viola, provo sinceri istinti maneschi. Pari immaginazione, scevra di solidarietà femminile, mi prende all’idea di una giovane donna che trascuri o ferisca il cuore di Luca.
L’amore si potrà spiegare prima di viverlo? Ammesso che a 40 anni io abbia capito che non ci sono regole scritte e che la meraviglia sta nello stupore anche delle nostre capacità di amare o di resistere al dolore di un sentimento maltrattato, avverto l’esigenza, definiamola pure ansia, di capire cosa trasmettere loro in merito.
“Sai che la mia sposa G. oggi aveva un vestito bellissimo”
“Ah sì…”
Luca ha preso ad utilizzare un linguaggio più aulico per trattare il tema ed una confidente che, stranamente non sono io, ma la sorella.
“Ma è più bella lei o Viola?”
“Ho capito non vuoi che G. sia la mia sposa.”
E’ chiaro che per presenti e future fidanzate non sarà semplice. Non bastasse la gelosia della sorella, ammetto che glielo ho chiesto anche io, ma a me ha risposto, secco e crudele: “G. è molto più bella di te, mamma.” Infierendo come è giusto che sia, rimettendomi nella condizione di ulteriore consapevolezza della difficoltà di impartire lezioni di amore, senza proferire verbo.
Noi, innamorate degli anni 80, cresciute aspettando che ci mettessero le cuffiette di un walkman nelle orecchie; che la bottiglia girasse nel turno del bacio nella giusta direzione; noi che provavamo il salto di Baby dal divano verso le infinite braccia di Patrick Swaize; che ci facevamo venire la broncopolmonite nell’attesa che il ragazzo di cui eravamo innamorate ci prestasse la giacca, per sentirne l’odore, che poi non era mai neanche particolarmente buono, misto di sudore adolescenziale e deodorante a buon mercato; noi che lasciavamo i biglietti sotto il banco, ricopiando versi e parole prese dai libri nei quali facevamo un’orecchia sulla pagina come segnalibro. Ora sta a noi assistere alla semplice naturalezza con cui interpretano i sentimenti le innamorate del 2009 e gli innamorati del 2014 e, soprattutto è nostro dovere spiegare loro il trinomio inscindibile amore, rispetto e libertà. Sperando che abbiano anche loro miti di adolescenza per cui sussultare, oltre le schermaglie di due divetti di youtube; che non perdano la voglia di abbandonarsi alla voglia di un lieto fine di un film; che si ritrovino per caso abbracciate/i a principi e spose, consapevoli ma stupefatti; che si scrivano ancora una lettera, un bigliettino, usando parole di altri o proprie, anche sotto forma di mail, messaggi e chat, che non si fermino ad acronimi e faccine.
Sarà difficile e forse inutile spiegare quanto di più naturale esista, certo dovrò provare in tutti i modi a definire loro, sia a Viola, sia, con maggiore forza a Luca, ciò che non è amore: possesso, obbligo, sottomissione, paura, privazione della libertà, violenza.
Mi rimprovereranno ancora quando mi scopriranno ad origliare; quando farò quel commento stucchevole che per molto meno mandavo a quel paese quella inscalfibile decadente di mia mamma; quando cercherò di ribadire con lo sguardo ebete ciò che già sanno.
Alla fine mi dovrò arrendere alla meraviglia di una immagine di questa estate, illudendomi che sarà sempre così, senza abbassare però mai la guardia. Allora l’amore è: stare arrampicati su uno scivolo, insieme, al tramonto, rispondendo uniti, con una bella risata, alle battute che arrivano dagli amici rimasti con i piedi nella sabbia. E sicuramente è già nel complimento sincero di Luca al vestito di G. che riesce a provocare la gelosia mia e di Viola.
Lo scopriranno nei gesti e nelle parole, posso solo continuare ad osservare, esserci quando vorranno chiedere, e sperare che i gesti e le parole dolci e emozionanti siano sempre di più di quelli che fanno soffrire.
Un giorno vedrò un ragazzo unire in un fiocco i lacci sempre slegati di Viola e ammirerò Luca che si piega sulle scarpe di una bambina per evitare che cada, o forse accadrà il contrario: in entrambi i casi sentirò Reality risuonare nell’aria, rimarrò nell’angolo, coperta con una delle mie giacche pesanti, anche se farà caldo, per resistere ai brividi.
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