“San Lorenzo è un labirinto nel quale: si possono trovare presidi di cittadinanza; si deve partecipare alla vita vera di quartiere; bisogna ricordare le regole, molte non scritte ed evitare le zone oscure. E’ un’appartenenza faticosa, ma che resiste.”
Ogni volta che torno a Roma, anche per poco, rifletto sui motivi per i quali sono andata via. Passeggiando per i vicoli del mio rione, uguali e diversi, ascoltando quell’accento che si fa subito battuta, sento il calore della città e salgono i dubbi. Poi piove, si aprono voragini, per raggiungere un’amica a poche fermate di tram ci metto un’ora, esco dai miei luoghi e mi sento straniera. Penso a chi resiste, per amore, per abitudine, per necessità o per tigna, quel misto di orgoglio e voglia di non darla vinta alle difficoltà di vivere in uno dei posti più assurdi e incantevoli al mondo. Nello Lupino, io spesso lo chiamo Nelletto per i 20 anni di amicizia che ci legano, nato a via dei Coronari nel cuore della capitale, dal 2007 vive con la sua famiglia a San Lorenzo e, insieme, resistono. Oltre i luoghi comuni e le inquietanti evidenze, hanno trovato le strategie e soprattutto quei presidi di civiltà e di appartenenza che rendono il quartiere ancora una comunità. Dall’Atletico San Lorenzo all’ex Cinema Palazzo fino alla Scuola Di Donato, partecipano, fanno quello che si può, senza dimenticare mai che l’ironia è l’arma vincente per vivere e non sopravvivere. Quando torno, però, mi vado a fare una passeggiata con la loro cagnolina Luna.
La traccia: idee e partecipazione per vivere un quartiere
“Da tre settimane abbiamo preso un cucciolo, Luna, un misto tra labrador e pit bull, nero come la pece. E’ un modo per comunicare più facilmente con i punkabbestia del territorio. Morde a destra e a manca, ma poi scondinzola più agli estranei che a noi. E’ da difesa, nel senso che ci dobbiamo difendere da lei. ”
“I cani qui a San Lorenzo hanno tre corsie, quelle che non ci sono per pedoni, bici e auto. I più piccoli vanno sul marciapiede vicino al muro; la taglia media in mezzo alla strada; i grandi devono andare oltre le fermate dell’autobus per non dare fastidio a nessuno. Una mattina presto, ho incontrato un padrone, distratto, nella mia corsia: si è scusato anche se ha ammesso che il suo cane era grosso, ma frescone, infatti si sono annusati con Luna e poi è scappato via, spaventato.“
“Qui a San Lorenzo ci si muove così: si condividono regole silenziose e si sta attenti a non superare il confine di zone oscure che pure tutti conoscono e in molti abbiamo anche denunciato. Penso a quello che vedo dalle mie finestre: le 50 roulotte ammassate a Largo Passamonti, a ridosso delle mura del Verano. E’ a 200 metri dal luogo in cui hanno ucciso Desirèe, dove ci sono stati riflettori e ministri per diversi giorni, ma nessuno se ne è accorto. L’impressione è che tutti sappiano tutto e non facciano nulla. Le mura del cimitero monumentale della città sono costellate da baracche e ricoveri di fortuna di coloro che arrivano dagli sgomberi che sono stati fatti in altre zone della città. Ed aumentano. Non ce l’ho con chi vive queste situazioni di disagio, ma sono lì e non hanno nulla da fare, quindi girano, a volte gridano, senza meta e senza motivo. Sono anni che noi cittadini denunciamo. “
“Non è l’unica segnalazione che facciamo, ormai ci siamo quasi abituati all’idea che: tra le otto e le nove, se passi tra piazza Immacolata e Scalo, ricevi continue offerte di droga ai prezzi migliori. C’è una divisione del mercato tra italiani, nordafricani, sudamericani e cittadini dell’est: a rotazione si acchiappano, scatta qualche faida e poi tutto torna a tacere. Siamo all’ingresso del centro storico di Roma, si sa che qui si può venire a comprare.
Tempo fa mi hanno fermato mentre tornavo dal lavoro, in motorino, credevo chiedessero aiuto per un incidente, invece volevano solo vendermi qualcosa. Conosciamo la situazione e non ci meravigliamo. “
“Con la mia famiglia viviamo a San Lorenzo dal 2007 e non ce ne vogliamo andare.”
L’abbandono dei luoghi dimenticati
“Non ci rassegniamo. Vediamo che d’estate aumentano i camioncini della Polizia, ma la situazione non cambia. Due anni fa è stato chiuso un parchetto, sempre a Largo Passamonti con i cancelli che danno sulla tangenziale: era una tendopoli di emarginati e disperati. Una notte abbiamo sentito gridare una donna che urlava che la volevano ammazzare. Prima mia moglie, poi io, abbiamo chiamato il numero unico per le emergenze: hanno fatto un interrogatorio di un’ora a tutti e due, poi sono arrivati a capire cosa stesse accadendo. Dopo poco hanno sgomberato e pulito tutto. Ora, rotti i lucchetti, sono rientrati a dormirci. Basta non passarci vicino, non ti fa niente nessuno, ma perché andarsela a cercare. Un tempo c’era la Caritas con una roulotte proprio per far riparare i senza tetto, poi non è venuta più nemmeno la Caritas.”
“E noi denunciamo, non solo per possibili pericoli per le nostre famiglie, ma anche per le condizioni igieniche di chi vive in quei luoghi. Quando chiamiamo per segnalare, la prima domanda che ci fanno è: “vi hanno minacciato?”. Ci deve essere un reato prima di intervenire e procedere, oppure ti rimandano alla Caritas che poi ti gira a Sant’Egidio che però opera fuori dal raccordo, ritorni dai vigili che ti consigliano di nuovo di rivolgerti alla Caritas.”
E’ un giro continuo di responsabilità che non sono mai ben definite. Nel luogo dove è stata uccisa Desirée durante l’era Veltroni, nell’ultimo Piano regolatore approvato, era previsto sorgesse la città dell’artigianato. Poi è arrivato Alemanno e lo ha trasformato in altro. Ricordo la riunione alla quale partecipammo come san lorenzini, con me c’erano degli architetti con i capelli bianchi che alla fine se li strappavano: “ancora stiamo a parlà, sono anni che lo facciamo!” Da città dell’artigianato si passò quindi ad un progetto per renderla una zona ad uso abitativo, con pochi parcheggi e pochissimo verde. Non è mai partito nulla ed è rimasta terra di nessuno. Abbandonato, è diventato un non luogo: un vai vieni di ricoveri e di nascondigli. Se i lampioni sono spenti lì dentro c’è il buio totale. “
“Il paradosso è che, dalla parte opposta del marciapiede, ci sono le ex dogane che sono state riutilizzate per organizzare eventi e concerti a cui portiamo anche i nostri bambini. C’è stata Futura, una mostra che è stata portata a New York, Tokyo e, davanti: l’abbandono. E’ la prima parola che mi viene in mente se ci penso, la seconda è: dimenticatoio. “
I presidi di cittadinanza
“Nonostante tutto noi vogliamo rimanere, vivere qui è motivo di orgoglio. Quando andavo all’Università si veniva qui a mangiare la pizza a due lire e a giocare a biliardo fino a tardi. Le sale sono state trasformate in bingo e poi spesso abbandonate.”
“Ci sono però tutti quei luoghi che sono nati per la tigna dei cittadini che li hanno occupati e hanno dato loro una nuova vita: l’ex cinema Palazzo, la palestra popolare, l’Atletico San Lorenzo. Iniziative spontanee che permettono al quartiere di vivere. Sono i nostri spazi, nei quali ci ritroviamo per fare le feste dei bambini o le rappresentazioni teatrali, anche di scuole di territori vicini. Sono dei presidi di valori e di popolarità.”
“Elio Germano per due anni ha organizzato la briscolata davanti all’ex cinema Palazzo, uno di qua è il protagonista di Dog man: per noi è Marcellino. Quando racconta la sua storia parla di una famiglia che dal Sud è arrivata in città nelle baracche della periferia: è uno del quartiere. “
“Bisogna tirare fuori ciò che c’è di buono dalle persone e darsi da fare. Mia moglie è tra i dirigenti dell’Atletico San Lorenzo per i pulcini. La prima squadra è sempre in promozione, ma partecipa a tornei ufficiali e ce la farà ad emergere. Le donne del basket e della pallavolo sono invece molto forti. Per gli allenamenti si appoggiano negli spazi dei Cavalieri di Colombo, in mezzo a San Lorenzo.”
“Nostro figlio è iscritto all’Atletico: 50 euro l’anno, per due allenamenti settimanali, prezzi popolari. Mia moglie fa anche le dieci di sera alle riunioni: siamo una famiglia che partecipa. Il sabato dobbiamo anche andare a portare i nostri colori nel torneo, fuori territorio.”
“San Lorenzo è un’appartenenza, faticosa, ma che resiste. Penso al Parco dei Galli. Nel 2008, durante l’amministrazione provinciale di Nicola Zingaretti, ci avevano affidato la cura dello spazio. Prima era una specie di parcheggio per un ristorante che sorgeva accanto. Noi ci abbiamo messo i giochi, i bagni, la fontana di acqua pubblica e lo abbiamo trasformato nel nostro parchetto di zona. Poi è riapparso il proprietario che, carte alla mano, se ne è ripreso una gran parte, compresi il bagno e la nostra fontana e l’ha trasformato in un resort privato, distruggendo alcuni dei nostri giochi e abbattendo gli alberi che avevamo piantato. A noi è rimasta una mezza luna, a lui la luna piena. Ci facciamo ancora le feste per i bambini, abbiamo salvato le altalene, autofinanziandoci, abbiamo ricomprato gli scivoli e, periodicamente tagliamo, a turno, l’erba. Io ho ancora le chiavi.”
La partecipazione contagiosa
“San Lorenzo porta la sua voglia di partecipazione e condivisione anche fuori dal territorio. Molti dei nostri figli vanno alla scuola Di Donato all’Esquilino. Una mamma argentina che si occupa del pre e post scuola è rimasta colpita dall’aver scoperto che, proprio i locali dell’associazione genitori, erano adibiti a ricoveri per i feriti dei bombardamenti di San Lorenzo, mentre nel resto della scuola vivevano gli altri sfollati del quartiere. Quindi il legame c’è ed è storico. Se non bastasse: io sono stato rieletto rappresentante del consiglio d’Istituto. Si attraversa la ferrovia e il nostro mondo continua in quello che si apre in una realtà speciale. Una scuola che, grazie all’associazione dei genitori ( abbiamo festeggiato da poco 15 anni di attività), alle iniziative di Intermundia, ai progetti di intercultura è un esempio seguito a Roma con il progetto Scuole Aperte e anche a livello nazionale. Come rappresentante ho contribuito a regolamentare le 3 anime che vivono all’interno: quella curriculare del Ministero, quella del municipio e quella dei genitori. Tutte e tre insieme, unite, per far vivere, anche dall’esterno, questi spazi. Abbiamo messo tutto nero su bianco, così è più regolare e sicuro, senza perdere le caratteristiche di massima apertura e accoglienza. E’ un luogo dove è evidente il risultato che si ottiene quando si lavora in sinergia con le istituzioni. C’è una continuità a livello municipale con chi se ne occupa da anni. Se devo fare un confronto tra le esperienze: non è che sia mancata attenzione delle amministrazioni di prossimità per il Parco dei Galli, ma, forse, il comune avrebbe potuto reggere di più la partita con il proprietario.”
“San Lorenzo è un labirinto nel quale: si possono trovare presidi di cittadinanza; si deve partecipare alla vita vera di quartiere; bisogna ricordare le regole, molte non scritte ed evitare le zone oscure. A mia figlia che, da due anni ha cominciato ad andare a scuola da sola con l’autobus, dico di: guardare sempre avanti, non fissare e non fermarsi con nessuno. Torna spesso che è già buio d’inverno, noi siamo un po’ preoccupati, ma lei sa quello che deve fare e non vuole lasciare il quartiere. Mi sembra di vedere mia mamma che, dopo una vita passata a Via dei Coronari, da poco è qui con noi: ogni volta che si affaccia dice di vedere le luci del ristorante che aveva nella piazzetta davanti a casa vecchia. Ai propri quartieri ci si deve affezionare e fare quello che si può. Io sono ancora il presidente del Comitato SOS Via dei Coronari. Lavoro a Trastevere e se c’è da dare una mano per il territorio, lo faccio anche lì. Nella politica e nella società bisogna prendere quello che c’è di buono.”
“San Lorenzo è uno degli ultimi posti della città in cui si possono incontrare i veri romani. Mio figlio vorrebbe cambiare casa per avere più spazio, ma, ci tiene a precisare, non la zona. “
La Traccia volante: Più semo e mejo stamo.
E’ la frase che è scritta sul calendario dell’Atletico San Lorenzo.
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