“Farò un omaggio alla mia città: sabato 26 gennaio, dalle 16.30 in poi, riprodurrò, a Piazza del Popolo, il ritratto di Gioacchino Rossini con 720 cubi. Io ho creduto in me ed ora sono fiero di lasciare il segno della mia arte a Pesaro, cinque giorni prima di partire per New York dove ho firmato un contratto di due anni con una galleria. Spero che Rossini sia anche il mio porta fortuna.”
Sabato 26 gennaio, a Piazza del Popolo, a Pesaro, Giovanni Contardi, giovane artista pesarese, ormai prestato al mondo, realizzerà un ritratto di Gioacchino Rossini con 720 cubi di rubik. Lo ha annunciato insieme al sindaco, Matteo Ricci, in un video da centinaia di visualizzazioni. Per me che non ho mai completato una faccia del diabolico solido e non saprei nemmeno ripassare i bordi di un ritratto, ci sono più di una ragione per rimanere stupefatta. Ho contattato Giovanni di ritorno da Londra, dopo quattro anni vissuti a Melbourne e in partenza per New York: gli ho chiesto di spiegarmi la sua magia. Se non bastasse la sua geografia a descriverne la generazione, il suo racconto ha confermato l’immagine di un ragazzo geniale che, come molti suoi coetanei, non ha temuto di inseguire un sogno. Senza dimenticare la concretezza di un lavoro, diventando tostatore di caffè in Australia, ha utilizzato una passione e i social per costruirsi il futuro. Ora è un artista quotato per i suoi ritratti con non meno di 450 cubi di rubik, prossimo ambasciatore del famoso marchio e in galleria a New York per due anni. Prima di partire, però, lascia un omaggio alla sua città, realizzando l’opera del suo personaggio simbolo nel mondo, prendendosi una piccola rivincita su chi lo prendeva in giro per quello che era considerato un curioso passatempo. Crescendo ha capito che bisogna credere in sé, prima che nel giudizio degli altri, anzi, grazie ad un libro, letto cinque volte, è ormai convinto che fregandosene anche un po’, si sta pure meglio. Mi ha convinto: comprerò un cubo e proverò a completare almeno una faccia.
La traccia: da Marilyn a Rossini, ritratti fatti con i cubi di Rubik
“A 15 anni, nel 2009, ho risolto il mio primo cubo di Rubik, regalato da un amico delle superiori. Frequentavo il liceo scientifico a Pesaro. Non ero tra i primi della classe, studiavo il necessario e suonavo nella mia band metal. Mi sono costruito però un primato. Ho iniziato a sfidare nelle gare di risoluzione veloce, prima il mio amico a ricreazione e poi i rappresentanti di diversi paesi in competizioni ufficiali. La mia prima gara è stata nel settembre del 2009. Dal 2010 al 2014 sono risultato campione italiano; nel 2011 ho rappresentato l’Italia ai mondiali a Bangkok. Ho collezionato più di 60 record nazionali e 3 nel mondo.
Nel 2012 ho battuto ilo record mondiale: le sei facce risolte con una mano sola in 9 secondi. “
“Per fare questi numeri mi allenavo almeno 3 ore al giorno: ascoltavo musica e risolvevo cubi. Dal lunedì al venerdì andavo a scuola e nel finesettimana partecipavo alle gare. I miei mi hanno supportato perché vedevano che l’ambiente era bello e positivo. E poi li ho sorpresi con la mia prima opera d’arte in cubi, portata all’esame di maturità.
Ho riprodotto l’Urlo di Munch di cui avevo scritto nella tesina. Mio padre mi ha costruito una struttura di legno con le ruote che abbiamo tagliato a metà per metterla in macchina e portarla a scuola. I prof sapevano, ma quando ho tolto il telo, è stata comunque una sorpresa per tutti.
Se penso che a 10 anni mio fratello mi aveva regalato un cubo ed io avevo fatto solo una faccia!”
A Melbourne tra caffè e cubi
“Quella del cubo è una pixel art, ogni quadratino è un pixel e si hanno a disposizione solo i colori delle facce. Alle gare c’era anche uno spazio per sperimentare l’arte, ma era solo un intermezzo. Mi sono appassionato ed interessato a questo altro utilizzo dei cubi, in maniera autonoma. Finite le superiori, ho deciso di accantonare per un po’, soprattutto le gare. Non avendo idea di quali studi volessi e potessi fare, sono partito per l’Australia a cercare una strada da seguire. Sono andato a Melbourne dove si trovava la mia ragazza di allora con un permesso per lavorare. Non mi allenavo più, ma la passione era rimasta: con le prime paghe da cameriere mi sono comprato 700 cubi. “
“Ho cercato in internet la piattaforma che riproduceva delle opere create con i cubi, ma il risultato non mi piaceva. Ho iniziato a fare dei mosaici di ritratti, manualmente, in casa. Quelli al computer erano risultati di algoritmi, ma per rappresentare un uomo, serve una prospettiva umana. Ho intrapreso quindi il percorso al contrario: dai cubi alla conoscenza artistica per capire come rappresentare meglio le parti del viso e i dettagli.
“Le prime prove pratiche, fuori casa, le ho fatte in strada con il bunsking: esibizioni per cui avevo il permesso formale. La gente apprezzava sempre più i miei lavori, lasciando delle buone donazioni ed incuriosendosi della mia forma di arte. Mi chiedevano anche di insegnare a risolvere il cubo: è fattibile, basta imparare un metodo. Era comunque un’attività che facevo come divertimento nelle pause dal mio lavoro principale che è il tostatore di caffè, arte per per cui Melbourne è conosciuta nel mondo.“
Dalle strade ad Instagram
“La svolta c’è stata un anno fa, nel gennaio del 2018. Ho cominciato a postare su instagram, con regolarità, foto delle mie opere. Ritraevo delle celebrità in modo da attirare i loro followers, così, in poco tempo, ne ho sommati tantissimi anche io. Il primo che ho pubblicato è stato Jocker nella versione di Jared Leto a cui è seguito un classico: Marilyn Monroe. Riproduco i ritratti di chi riesce a provocarmi emozioni come mi è capitato con David Grohl dei Foo Fighters, realizzato subito dopo essere stato al concerto. A volte, punto al marketing: il conto dei followers è cresciuto molto quando ho pubblicato i volti dei protagonisti della serie tv Stranger Things. Principalmente però creo personaggi che piacciono a me.“
“La parte centrale del lavoro è quella del disegno al computer: sono riuscito a trovare un programma che mi consente il livello di riproduzione che mi soddisfa. Sono un perfezionista quindi impiego almeno due settimane. Fatto questo, per creare l’opera, un mosaico con 700 cubi, mai meno di 450, impiego tra le due e le tre ore. Ovviamente conta il mio allenamento e il fatto di avere dei cubi più leggeri da utilizzare. In questo modo posso fare le esibizioni dal vivo. Come base utilizzo dei pannelli di legno che devono resistere al peso dei cubi incollati. Lascio sempre un po’ di bordo per sfruttare la profondità.”
Prima Rossini poi New York
“Quasi tutti i lavori finiscono nel mio profilo instagram: è il mio biglietto da visita social, arrivato fino a New York. La Galleria 104 mi ha contattato e sono andato a firmare un contratto di due anni. Ho chiuso la mia esperienza a Melbourne, sono da quattro mesi in Italia e il 31 gennaio parto per la Grande Mela. Ho 24 anni o lo faccio ora, o me ne pentirò. Per ogni opera i galleristi chiedono 55 mila dollari. E’ il momento di rischiare, lascio il mio lavoro da tostatore e magari tra qualche anno, con i guadagni dei miei ritratti, riesco ad aprirmi una mia torrefazione.”
“Prima di partire, però, farò un omaggio alla mia città: sabato 26 gennaio riprodurrò a Piazza del Popolo il ritratto di Rossini con 720 cubi. Su idea di mio fratello, a novembre ho mandato una mail al comune per chiedere se per le celebrazioni dei 150 anni dalla morte del musicista, simbolo di Pesaro, potesse interessare una mia esibizione. Il sindaco mi ha risposto di sì: abbiamo fatto preparare il grande quadro di legno e ordinato i cubi. Sono emozionato, ma soprattutto contento che dopo essere stato chiamato anche a Dubai, si siano accorti di me nel luogo in cui sono cresciuto e dove mi consideravano un nerd per la mia passione. Nella casa di Rossini o nel museo che stanno allestendo in suo onore, andrà l’omaggio di chi veniva preso in giro perché stava sempre a giocare con il cubo. Io ho creduto in me ed ora sono fiero di lasciare il segno della mia arte a Pesaro, cinque giorni prima di partire per New York, sperando che Rossini sia anche il mio porta fortuna.
La traccia volante: “The subtle art of not giving a f*ck” ( la sottile arte di fregarsene), è il titolo del libro che ho letto 5 volte nel 2018, l’anno della mia svolta. Mi è servito come guida. Molti mi hanno ripetuto che dovevo fregarmene di quello che pensava di me la gente, ma è difficilissimo. Nel libro si spiega, logicamente, come arrivarci. Dopo 200 pagine ho capito che i valori in cui si crede e la fiducia in se stessi ci devono guidare, non i giudizi che vanno ascoltati senza farsi condizionare.
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