Renato è il sindaco di Casal di Principe

“Le tracce a cui tengo di più di questi quasi cinque anni di amministrazione, riguardano atti ed eventi che possono sembrare piccoli e di poco conto, mentre in realtà hanno un significato profondo nell’ottica del rapporto rinnovato tra cittadinanza e istituzioni.”

renato casale

Credo ancora nella politica, lo so che può sembrare una provocazione o l’inizio di un percorso verso il TSO. Cresciuta a fianco di chi mi ha insegnato a interessarmi degli altri, a considerare il senso e il fine delle mie azioni e a ragionare, guardando ad una prospettiva, non posso smettere di pensare che ogni gesto pubblico di relazione, equivalga ad un piccolo o grande atto politico. Ho stimato e seguito chi ha preso la responsabilità di coordinare e guidare i comportamenti dei singoli, indirizzando e disegnando soluzioni presenti e future per le proprie comunità. Un ruolo che in passato era di segretari di partito o di parlamentari, e che penso, negli ultimi anni, sia ricoperto dai sindaci. A loro il compito di difendere l’autorevolezza della rappresentanza. E’ stato, quindi, un vero onore poter conversare per quasi un’ora con uno dei più emblematici tra di loro, per la mole delle problematiche affrontate e da affrontare in un territorio con ansia di rinnovamento: Renato Natale, sindaco di Casal di Principe dal 2014, già ricandidato per il suo secondo mandato. Mi ha chiamato, grazie alla mediazione di Giulia Migneco, eccezionale ufficio stampa di Avviso Pubblico (l’organizzazione nazionale che raccoglie enti e amministrazioni contro le mafie, a cui il comune di Casal di Principe con Natale ha aderito), mentre stava andando a fare volontariato, come medico, in un ambulatorio a disposizione dei migranti a Castelvolturno. È fondatore, insieme ad altri medici, dell’associazione Jerry Essan Masslo, impegnata nella tutela della salute degli immigrati e del loro reinserimento sociale. Il sindaco dottore se ne occupa da 30 anni, da quasi 50 invece cura, con diversi ruoli e responsabilità, il suo comune: di tracce lungo il suo percorso ne ha lasciate e ne lascerà di importanti. Dalla resistenza alla liberazione dalla criminalità organizzata verso la totale ricostruzione: il racconto di Renato Natale è una pagina di storia contemporanea nella quale non mancano accenti di ironia inattesi.

La Traccia: liberazione e rinascita di un territorio

renato microfono“Fare il sindaco è stato il risultato naturale di un percorso politico che mi ha visto segretario della sezione locale del PCI dal 1977 fino al 1988. Nel 68 avevo 18 anni, non potevo sfuggire al clima per cui “non eri, se non ti impegnavi.” Io, studente universitario, quasi laureato in medicina, frequentavo la sezione tra i braccianti e gli operai, molto più preparati di me sulla situazione del territorio. Ci ho messo tempo prima di prendere la parola: per due anni ho ascoltato e sono stato in silenzio, ma poi il discorso non si è più fermato. Per tutti gli anni 80 ho svolto il ruolo di consigliere di opposizione rispetto ad una amministrazione vicina alla criminalità organizzata. La prima iniziativa contro la camorra, però, l’abbiamo organizzata nel 1982 proprio nella sala consiliare. Erano gli albori dell’organizzazione di quelli che definisco “falsi casalesi”, perché i veri sono gli abitanti di Casal di Principe. La resistenza è cominciata in questi anni.”

renato don diana sorriso“Paragono questo periodo a quanto è stato fatto nel centro nord durante la guerra di liberazione dal nazi fascismo: una battaglia condotta di nascosto, caratterizzata da gesti che mantenevano un fuoco acceso, come scrivere sui muri la parola Libertà. Non si poteva fare di più in quegli anni nei quali la criminalità organizzata avevo colluso l’amministrazione, gli apparati dello stato, la massoneria. Don Peppe Diana è stato uno dei protagonisti maggiori di questa lotta silenziosa, coinvolgendo nel suo messaggio di pace e giustizia sempre più donne, uomini e ragazzi. Per questo il suo omicidio, il 19 marzo del 1994, ha segnato il confine: dalla lotta di resistenza si è passati ad una marcia di liberazione. Un numero maggiore di persone si è messo su questa strada: stanchi di dover abbassare e nascondere la testa, i cittadini si sono mostrati nelle piazze. La storia è fatta di eventi ed anche di date simboliche. Don Diana è stato ucciso il 19 marzo, abbiamo organizzato il funerale il 21, primo giorno di primavera.”

Dalla guerra alla marcia

“E’ cominciata la marcia che ha visto diversi soggetti camminare insieme: la magistratura, le forze di polizia e la cittadinanza. Non è stata facile e senza rischi, attraversando anche periodi bui. Ci sono stati contraccolpi per cui ci si è dovuti fermare per poi ripartire. Nel 94 il mio primo mandato da sindaco viene bloccato: la camorra, che non mi aveva mai visto bene nel ruolo, mi dimissiona. Sono stati 11 mesi di consiliatura che per i finti casalesi hanno rappresentato quasi un’offesa personale. Dopo molti anni si è scoperto infatti che stavano progettando un agguato per uccidere anche me, mimando un incidente automobilistico. La vittima alla fine è stata mia moglie a cui le è toccato rimanermi vicina in tutti questi anni tra rischi e preoccupazioni.”

“Ovviamente provo ad ironizzare, la realtà è che riuscirono a farmi sfiduciare e a tornare al potere della città. Intorno però la battaglia non si è fermata e sono stati inflitti bei colpi. Sono iniziati gli arresti dei rappresentanti di spicco dei clan. Grazie alle indagini della Direzione Distrettuale Antimafia, nel 1998 si arriva a prendere Francesco Schiavone, Sandokan, arrestato proprio a Casal di Principe. Inizia il processo Spartacus che porterà alle prime pesanti condanne e alla cattura di altri capi storici del clan, fino a quelli di Antonio Iovine nel 2010 e nel 2011 di Michele Zagaria che si erano imposti al vertice dell’organizzazione. Molti di loro si pentono ed iniziano a collaborare con la giustizia. In mezzo ci sono state le stragi, i pentiti ammazzati, le vittime di una resistenza civica come l’imprenditore Domenico Noviello.“

renato pacco alla camorra
“Colpi e contraccolpi, ma non più da una parte sola e la cittadinanza si è sentita più forte a reagire anche aderendo ad iniziative di educazione economica come “Facciamo un pacco alla camorra” nel 2008. Un progetto negli anni passati impensabile che vede coinvolte 16 imprese, tra cui cooperative sociali, attività che hanno denunciato il racket, associazioni ed il Comitato Don Peppe Diana. Si vuole imporre una nuova visione dell’economia del territorio che riparte dai terreni confiscati e da una diversa coscienza di chi acquista un prodotto, frutto di una filiera trasparente e legale. Dopo anni di “pacchi”, ossia fregature in dialetto, ricevute dalla camorra, la popolazione di queste zone si rialza e risponde. “

La ricostruzione

“Un nuovo clima, in cui io ho continuato a fare la mia parte, come opposizione nel consiglio comunale fino a ricandidarmi nel 2014, ma questa volta senza partiti. Il ragionamento parte sempre dal parallelo con la storia del nostro paese. Alla fine della seconda guerra mondiale, per ricostruire l’Italia, Togliatti e De Gasperi decisero di lavorare insieme e dare vita al governo di unità nazionale. Così a Casal di Principe dopo la resistenza e la liberazione, è arrivato il momento per la ricostruzione e bisogna mettere insieme tutti coloro che hanno a cuore un solo obiettivo: ricostruire la comunità. Abbiamo chiesto ai partiti di farsi da parte e di lasciare la possibilità di costituire un’ampia alleanza con soggetti provenienti da storie ed esperienze politiche diverse, ma con la voglia di fare per il bene di Casale. “

renato vittoria

“La camorra non è stata completamente sconfitta, sappiamo che abbiamo situazioni intorno a noi e dobbiamo sempre mantenere alta l’attenzione. L’organizzazione che conoscevamo e che ci preoccupava, però, non c’è più: sono stati arrestati i capi e soprattutto il fenomeno del pentitismo ha portato all’implosione dei clan, colpiti in una della caratteristiche, l’omertà, che consentiva loro di controllare il territorio, attraverso la paura e il silenzio. La camorra come organizzazione militare al momento non c’è, rimane l’area grigia, tutti coloro che hanno vissuto nella collusione e che ora non mi vedono di buon occhio, ma non hanno la forza di fare opposizione e contrastarmi.”

“Un esempio chiaro viene dalle gare di appalto del comune. Sette anni fa si sarebbero presentate al massimo tre ditte, ora, quando apriamo una gara, arrivano almeno cento imprese, anche da fuori. Hanno perso il controllo e si percepisce. C’è maggiore fiducia: si torna a credere e ad investire nel nostro territorio.”

Giovani, cultura, servizi e trasparenza

“Di prove che questa fiducia non andrà persa, abbiamo tentato di crearne diverse. Le tracce a cui tengo di più di questi quasi cinque anni di amministrazione, riguardano atti ed eventi che possono sembrare piccoli e di poco conto, mentre in realtà hanno un significato profondo nell’ottica del rapporto rinnovato tra cittadinanza e istituzioni. Penso ai più giovani, alla biblioteca che ci era stata richiesta da una studentessa e che abbiamo allestito nella sala consiliare del comune. I libri sono arrivati e continuano ad arrivare da diverse parti d’Italia. Non è solo un simbolo, ma un’opportunità per i nostri ragazzi ed anche la possibilità di stringere rapporti con altre realtà attraverso la cultura. Come abbiamo fatto, portando alcune opere dalla Galleria degli Uffizi in una mostra all’interno di un bene confiscato: 40 mila visitatori.”

“Un altro segno di cui andiamo fieri riguarda la strutturazione di servizi prima inesistenti. Penso che non c’erano assistenti sociali nel comune, ora ne abbiamo due e i nostri servizi sociali si sono meritati un servizio sul Venerdì di Repubblica, presentati come una eccellenza per la capacità, ma anche per la fantasia di quanto viene offerto. Per niente creativa, anzi concreta è la trasparenza che abbiamo imposto in ogni settore gestito dalla nostra amministrazione con criteri di rotazione degli incarichi professionali oltre alla chiarezza dei rapporti con tutte le ditte con cui entriamo in contatto. Seguendo il criterio della correttezza, anche delle spese pubbliche, abbiamo eliminato tutti i contratti di affitto con strutture indecenti che ospitavano le nostre scuole. Dando anche un valore simbolico importante all’operazione, abbiamo effettuato interventi di recupero su alcuni beni confiscati che poi abbiamo adibito a istituti scolastici.”

 

Senza mai dimenticare gli altri del mondo

“In vista della mia ricandidatura, mi sono riletto il nostro programma elettorale, scorrendo i vari punti ho capito che in realtà non abbiamo fatto tutto quello che avevamo scritto. La verità è che non c’erano le basi per attuare alcuni dei provvedimenti previsti e in questi quattro anni noi le abbiamo costruite. Siamo ripartiti dalle fondamenta con un dissesto economico spaventoso: dalla ricostruzione degli apparati comunali e dei servizi fondamentali per i cittadini. Un terzo del comune era senza illuminazione pubblica e rete idrica, le strade dissestate erano di più di quelle praticabili. Non abbiamo realizzato ancora il punto sul bilancio partecipato, ma abbiamo usato tutte le risorse in nostro possesso, in maniera trasparente e facendole fruttare, per rimettere in piedi un comune e dare dignità ai suoi cittadini a partire dai più giovani. Io sono soddisfattissimo e spero di avere la fiducia di Casal di principe per attuare, nei prossimi cinque anni, gli impegni per cui servivano le basi che abbiamo messe solide.”

“Allo stesso tempo non ho mai smesso di fare volontariato come medico al servizio di chi ha bisogno, di chi è in difficoltà. Qui sconto la mia identità catto comunista. Il Pci negli anni passati diceva che i problemi di carattere sociale li doveva risolvere lo Stato, l’attività di volontariato svolta dalla chiesa era vista come un ingiusto ingombro che si sostituiva a chi di dovere, creando quasi un alibi. Io, però sono un medico e cattolico, quindi dalla fine degli anni 80 ho cominciato a pensare che non si potesse lasciare nessuno indietro e a sentire come mio dovere civico mettere a disposizione di chi ne avesse bisogno la mia professione, in maniera gratuita.”

renato jerry manslo
“Se non bastasse questo, c’è il senso di colpa verso le popolazioni del sud del mondo. E’ determinato da diversi comportamenti negativi, per noi occidentali ormai quotidiani, legati al nostro benessere che sono in realtà frutto dello sfruttamento delle loro terre, della loro fame e delle loro guerre. Un esempio pratico è l’utilizzo del coltan. E’ il minerale estratto in Africa, fondamentale per i nostri telefonini. E’ costato e costa giusto la vita ad un milione di persone, morte nelle guerre scoppiate per avere il controllo dell’estrazione. Noi abbiamo il nostro telefono che gronda di sangue di popolazioni martorizzate e non ci facciamo nemmeno caso. Andare due volte a settimana sulla Domiziana a fare una ricetta e a segnare un’aspirina cosa può essere al confronto: un modo per scalfire un po’ il senso di colpa perché sono colpevole di strage. Il mio benessere nuoce altri. Io faccio il medico non posso fare altro che dare il mio piccolo contributo per aiutare chi riesce a fuggire da quegli scenari devastanti per cercare salvezza da chi li condanna nel proprio paese.”

renato trionfo
“Tutto parte sempre da quella sezione, dove sono entrato a 18 anni, ho ascoltato chi sapeva di più, ho capito il senso del rispetto per gli altri e dato un significato alla mia idea di politica.”

La Traccia volante: Ne ho due. Il primo è Ercolino sta sempre in piedi. Era un pupazzo del Carosello, aveva un peso sotto in modo che se lo si spingeva ritornasse sempre su. E’ un simbolo di chi non si arrende: quando il bene rinuncia a se stesso vince il male. Dobbiamo resistere ed essere Ercolini. E poi c’è il monito di papa Francesco “Restiamo umani”, aggiungo, contro l’oppressione della camorra e quella del coltan. Ogni giorno bisogna ricordarsi l’essenza dell’uomo per stare insieme agli altri.

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