“Prevale la nostra concezione intimistica del rapporto tra attori e spettatori. Ritrovarsi in uno spazio contenuto, vicini, porta ad osservare dettagli che nella distanza andrebbero persi. Nella prima fila arriva il fiato degli attori su chi è seduto: la partecipazione è inevitabile.”
“Per fare un buon teatro bisogna rendere difficile la vita all’attore”. Marta De Lorenzis e Samuel Dossi sono due attori che hanno deciso di interpretare le parole del grande Eduardo De Filippo e si sono complicati la vita da soli: hanno cercato e allestito uno dei 7 teatri più piccoli d’Europa. Il Moscerino: 35 mq tra palco, quinte e poltroncine in una strada centrale di Pinerolo, nella provincia di Torino. Volevano uno spazio raccolto dove realizzare spettacoli e laboratori che rendessero sempre più intima e raccolta l’esperienza teatrale. Alla quinta stagione hanno scoperto che ci sono molti attori che la pensano come loro e come il maestro De Filippo: devono selezionare le proposte e anche le iscrizioni, sempre più numerose, ai loro laboratori. Marta, che nelle sue giornate interpreta diversi ruoli, studentessa, doppiatrice, attrice e presidente del Moscerino, racconta un’avventura che risponde ad un imperativo categorico: siate voi stessi, matti, felici di esserlo. (Le bellissime foto in bianco e nero sono progettate da Marta e Samuel, scattate da Samuel per quello che loro definiscono “un progetto un po’ fotografico un po’ teatrale”, protagonista a breve di una mostra.)
La traccia: l’avventura di uno dei teatri più piccoli d’Europa
“Ho cominciato a fare teatro a 20 anni, ne ho 26. Ho osato, grazie al mio compagno che frequentava la scuola Paolo Grassi a Milano. Samuel è un drammaturgo e mi ha coinvolto da subito in produzioni impegnative, soprattutto monologhi basati sui testi di Benni. Li portavamo nei teatri di Torino e della provincia. Ci ha affascinato in particolare lo spazio de la Caduta, una vecchia bottega di quartiere trasformata in sala teatrale: 45 posti. Ci è venuta anche a noi l’idea di trovare un piccolo locale a Pinerolo dove poter provare un esperimento simile. Cercavamo un negozio, accessibile a tutti, visibile, ma non in strade troppo trafficate. Le agenzie immobiliari stavano abbandonando l’impresa, quando ci fecero vedere un monolocale con soppalco, inizialmente usato come cantina con il soffitto abbastanza alto. Era il 2014, avevamo trovato il nostro teatro.”
“A Pinerolo non c’è proprio l’abitudine ad andare a vedere spettacoli, l’idea di una dimensione raccolta con pochi posti ci è venuta anche da questa consapevolezza pratica. Non potevamo certo pensare di riempire 100 posti. Prevaleva però la nostra concezione intimistica del rapporto tra attori e spettatori. Ritrovarsi in uno spazio contenuto, vicini, porta ad osservare dettagli che nella distanza andrebbero persi. Nella prima fila arriva il fiato degli attori su chi è seduto: la partecipazione è inevitabile. “
“Non ci abbiamo messo molto a trasformare il locale. Comprate alcune attrezzature, costruite le quinte, intonacato tutto di rosso, ci siamo rivolti ad una azienda toscana per avere delle poltroncine comode, senza svenarci. Tutto finanziato da soli, compreso il locale che abbiamo voluto acquistare. La scelta del nome è stata quasi automatica: Il Moscerino. Perfetto a definire la dimensione, ma anche facile da rimanere impressa. Bisognava passare alla fase artistica: trovare gli spettacoli da rappresentare. Mi sono messa in internet a cercare e a contattare. Dovevano essere performance al massimo di due persone, anche se siamo riusciti a incastrare sul palco cinque musicisti per uno spettacolo jazz.
Il nostro primo spettacolo è arrivato da Roma: Monsieur David e la Danse du Pied. Non ci aspettavamo che ci rispondesse subito perché è molto richiesto e conosciuto. Ci ha permesso di partire, facendo notizia e con la sala piena. “
“Non è stato facile, per il primo anno, mantenere lo stesso livello dell’offerta. Abbiamo accolto anche principianti, ma poi ci siamo dati la linea di scegliere solo attori professionisti e privilegiare una vena comica. Scegliamo anche tematiche che possano far riflettere, ma attraverso approcci più leggeri che rendano il cartellone anche più attrattivo.”
“Non abbiamo ancora capito bene il nostro pubblico. Ci sono spettacoli che siamo sicuri possano riempire e non ce la fanno ed altri che ci sorprendono. Di sicuro abbiamo fatto più repliche con le pièces riguardanti tematiche e problematiche femminili. Gli spettatori sono soprattutto donne, vengono anche uomini, ma il più delle volte sono mogli e compagne a prenotare.”
“Il successo inatteso sono i nostri corsi per bambini, adolescenti e adulti. Li tiene Samuel, qui ed anche nelle scuole della zona. Sono rivolti a non più di sette persone per volta, si svolgono tutti i giorni e negli orari che possano essere funzionali sia a chi studia, sia a chi lavora.”
“L’attività del teatro è impegnativa ed io non rinuncio anche all’altro mio ruolo, quello di attrice. Dal 2016 giro con lo spettacolo “Quattro ruote, un sorriso, una vita”, grazie al quale ho vinto il Festival Nazionale Il Giullare a Trani. Lo ha scritto Irene Formento, una ragazza disabile che è riuscita a raccontare con ironia le sue difficoltà. Io sono la sua voce. Lei sale sul palco, si presenta e poi mi lascia il testimone per raccontare la sua storia. E’ un’esperienza che in tre anni mi ha dato molto e ha portato il nome del Moscerino dalla Puglia, a Roma, alla Liguria.”
“La mia veste di attrice, ma anche coordinatrice delle attività di un teatro ha permesso di vivere in maniera diversa entrambi le condizioni. Ad esempio, non mi arrabbio più, molto, se mando una proposta e devo aspettare tempo per ricevere una risposta: mi metto nei panni di chi riceve quanto invio e nello stesso tempo deve pensare a gestire altre richieste e preparare gli spettacoli in corso. Posso poi usufruire di aggiornamenti continui sulla mia professione artistica, osservando da vicino i professionisti che calcano il nostro mini palcoscenico. Vedendo più volte le loro performance, apprendo e capisco anche dettagli fondamentali. Quando non devo occuparmi della sistemazione delle luci, della musica: perché facciamo tutto noi, non possiamo permetterci tecnici,nemmeno entrerebbero nello spazio. E’ un modo per interpretare, ogni volta, tutti i ruoli che ci sono anche dietro il mondo del teatro. “
“Ogni volta è un’emozione, ma io ho anche un’altra passione a cui non ho voluto rinunciare: il doppiaggio. Da due anni frequento una scuola a Torino e riesco anche a lavorarci. La mattina mi muovo tra Torino e Milano per i corsi e per i turni di doppiaggio e poi la sera sono al Moscerino per seguire i laboratori o gli spettacoli. Sarò la voce della protagonista di Tempesta d’amore, una telenovela tedesca molto seguita sulle reti Mediaset. E’ un lavoro garantito che mi dà la possibilità di svolgere le mie altre attività, più serena. Compresa la laurea che sto per prendere in psicologia del lavoro. Bisogna attrezzarsi, anche in questo senso, per capire meglio ciò che si vive.”
“Capita che con Samuel ci si ritrovi a fare un bilancio di questa nostra piccola grande avventura. All’inizio volevamo puntare su stagioni con tanti spettacoli poi ci siamo accorti che sono i corsi ad essere più richiesti. C’ è più voglia di essere attori che spettatori. Va bene, perché ci consente di avere le risorse per offrire poi meno spettacoli, ma di maggiore qualità. Sono molti gli attori che ora chiedono di venirsi ad esibire da noi, quasi tutti i rappresentanti della scena Off di Torino e provincia. Il nostro modello rimane sempre La Caduta di Torino da cui tutto è partito, se avremo il tempo, d’estate, magari andremo a vedere come sono gli altri 6 teatri con cui dividiamo il record dei più piccoli d’Europa. C’è la curiosità, ma anche la voglia, ogni tanto, di avere qualche giorno nel quale non pensare a palchi, quinte, prove, luci e toni di voce.
Da 5 anni non ne abbiamo avuti molti, ma non saremmo qui se ci fossimo riposati e se non avessimo creduto a quel piccolo sogno che dall’esterno poteva sembrare una follia. “
La traccia volante: Siamo matti felici di esserlo. Bisogna essere stessi anche se ci possono considerare strani per questo, perché poi è l’unica strada per diventare felici.
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