Rileggendo di Elena e Mario

“Ciò che ho capito di Elena, che viene fuori a chi legga il suo diario è che: è sì una forza della natura, ma proprio perché ha scelto di non essere solo la madre di un figlio disabile, anzi di portarlo in tutte le sue cose, come energia, sprone, a volte sotto forma di occhiaie e di dolori articolari.”

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Sul comodino vicino al mio letto c’è una pila di libri scomposta. Ha, come quasi tutto nel mio caos, un ordine da me stabilito. Non ci sono, come forse sarebbe plausibile dedurre solo l’ultimo romanzo che sto leggendo o il saggio appena acquistato, fanno loro compagnia, in precario equilibrio: le poesie di Caproni che devo avere sempre vicino come Saltatempo di Stefano Benni e La vita davanti a sé di Romain Gary, pagine in cui rifugiarmi in un momento di ansia, paura o inquietudine: accanto Lontano da Croom appena finito; sotto almeno tre titoli che sono in corso di lettura; nella colonna di fianco il saggio di Vito Teti che inizierò e le raccolte di versi che mi incuriosiscono.

elena libro lettoIeri notte dall’allegra e scombinata famiglia letteraria è emerso un taccuino speciale: in questa forma, l’editore Ponte Sisto ha voluto pubblicare Ordinaria Diversità, il diario di Elena Improta, scritto in collaborazione con il giornalista Claudio Bellumori. Ho avuto il privilegio di leggere in anteprima il testo, quando Elena mi chiese qualche consiglio. Ricordo che in due ore fermai il mio delirio di incombenze quotidiane, per perdermi nel racconto della sua storia e delle sue giornate, realmente infinite. Ne uscii scossa, con gli occhi lucidi e uno strano fremito di orgoglio per avere una donna così forte tra i miei amici. La lettura, però, era stata condizionata dalla richiesta che, diventava un onore avvertito con impegno, di segnalare se ci fossero passaggi da rendere più chiari, punti da approfondire o da togliere. Non trovai molto da osservare, tranne forse suggerire di mettere a parte le poesie che si inserivano tra le pagine. Il testo filava così come era stato scritto. Un flusso di ricordi e di pensieri nitido: dagli occhi, dritto allo stomaco, per rimanere poi nel cuore.

L’ho comprato appena uscito, l’ho riletto, ma ieri, che il libro ha compiuto il suo primo anno di vita, me lo sono gustato. Il verbo può sembrare inappropriato dato che il tema centrale è l’esperienza di una madre che lotta contro tutte le difficoltà quotidiane per crescere suo figlio gravemente disabile, invece corrisponde alla mia sensazione. Ho ritrovato tra le righe anche tutto il resto che è Elena: una donna appassionata della politica, dell’amore, dell’impegno, della famiglia, degli amici, pronta a riconoscere e restituire, in emozioni, quanto la vita le ha tolto e dato.

elena inizioLe pagine iniziali fanno subito sorridere, mostrandoci la realtà di un uomo dello Stato, il prefetto Umberto Improta, alle prese con un tema da scrivere insieme alla figlia. La professoressa gli mette tre. E’ il primo segnale che ci guiderà alla scoperta di un rapporto speciale tra padre e figlia: entrambi arrivano alla conclusione che quella insegnante non sia affatto brava. Insieme si ritroveranno, uniti da tenerezza e determinazione, in tanti capitoli della vita di Elena.

Seguono i racconti degli anni del liceo, nel pesante clima degli attentati terroristici nei quali perderà la vita anche il giudice Vittorio Occorsio, caro amico di famiglia. Elena, cresciuta tra l’amore per l’arte e la cultura della mamma e la ferma osservanza dei valori e dei diritti della tradizione paterna, viene definita di sinistra in un liceo di destra. Lei che vive in un commissariato e ci viene riportata quando la scoprono a partecipare ai sit -in; lei che sente forte l’impegno, soprattutto per il rispetto dei diritti delle donne, ma che non riesce e non può provare disprezzo e attaccare i poliziotti.

Si capisce che si poteva forgiare solo una personalità non comune. Dalla manifesta volontà di dare il proprio contributo alle battaglie ideali, si passa ad una fugace parentesi di amore: Paolo, così complicato da rimanere nel frammento di una poesia come gli occhi e la mano che si ritrovano nella notte.

Netto e spiazzante, solo all’inizio, è lo stacco ad un altro buio, quello che Elena percepisce nell’alba del 18 novembre del 1989: è arrivato il momento di partorire il suo Mario. Un racconto che riesce a far provare le contrazioni di un travaglio lungo, troppo, caratterizzato dalle assenze: il ginecologo che arriverà tardi, ma non sarà risolutivo e, soprattutto, il padre di quel bambino. Elena è sola con la sua famiglia mentre subisce qualsiasi manovra di ostetricia e poi chirurgica per mettere al mondo quel figlio da subito adorato.

elena mario piccolo

Ora è una donna che deve capire come essere madre di un piccolo che piange sempre e, dopo solo una settimana, ha una crisi epilettica così forte da temere che ne possa morire. Con lei in ospedale c’è suo padre, il prefetto, non in divisa. E’ toccante accarezzare le parole della frase: “poi mi presta il suo impermeabile. Lui resta in pigiama.” La diagnosi è una sentenza: “Mario non potrà parlare, camminare, essere come gli altri.” Il racconto non cambia il registro, le parole scorrono come le lacrime che invece sono state trattenute per trovare la forza senza cedimenti. Il padre di Mario se ne va. Ci sarà in qualche modo, ma sempre meno, in quella che diventa una battaglia costante, combattuta da Elena per consentire al reale, più grande amore della sua vita, di sfidare la realtà.

elena sorrisoLa ragazza che si sedeva ai sit in, protesta e si batte per i diritti di quel figlio che deve andare a scuola come tutti gli altri perché la legge lo consente. Scrive ai giornali, va in tv, non si fa fermare da una scala che supera con Mario in braccio per portarlo in classe. Per lui lavora, si confronta con le istituzioni, fonda un’associazione insieme ad altri genitori, intesse rapporti preziosi con terapisti e assistenti e cerca di non smettere mai di sorridere.

Perché, come emerge dalle foto inserite nell’album in appendice, ed è spiazzante dal vivo: il sorriso di Elena è potente. Elena è una donna proprio bella, che si girano a guardare nella strada per la fierezza dello sguardo e l’eleganza del passo delle sue gambe lunghissime.

elena anpiIo l’ho conosciuta così, quando il libro comincia a trattare del suo impegno politico legato proprio alle battaglie per i diritti di Mario. Ricordo che ero intimorita dal suo ruolo di assessore municipale, ma soprattutto da quello ricoperto di vice presidente dell’ANPI. Ci siamo ritrovate poi in un periodo di confusione delle appartenenze per entrambi, unite dall’affinità sugli ideali e sui valori a cui non avremmo mai derogato.

Conoscere Elena significa conoscere Mario in cui non si annulla, ma che ne rende ancora più forte la personalità. “E’ una forza della natura: fa tutte queste cose ed ha un figlio disabile”,  mi ha detto una volta una conoscenza comune, come se Mario avesse dovuto azzerarla in casa a pensare unicamente a lui.

Ciò che ho capito di Elena, che viene fuori a chi legga il suo diario è che: è sì una forza della natura, ma proprio perché ha scelto di non essere solo la madre di un figlio disabile, anzi di portarlo in tutte le sue cose come energia, sprone, a volte sotto forma di occhiaie e di dolori articolari.

elena e mario sorriso

Lei che è sempre pronta alle cinque perché Mario a quell’ora si sveglia e ci regala foto delle albe romane meravigliose, mentre gira con lui in macchina per fargli iniziare la giornata in maniera serena.

Nel libro tratteggia alcuni dettagli della sua quotidianità, condivisa soprattutto con suo figlio, ma anche con la sua famiglia, i suoi adorati fratelli, il suo Andrea, i suoi amici e tutti coloro che hanno assistito Mario e sono entrati nella loro squadra.

Elena ha creato una Onlus “Oltre lo sguardo” proprio per aiutare chi è nelle sue condizioni a non rinunciare alla prospettiva.

elena onlus 2

Rileggendo questo passaggio, tra le pagine, ho risentito la sua voce, con quell’accento romano appena accennato, che mi chiede di buttare giù un comunicato per una loro iniziativa per ottenere il rispetto del parcheggio dei disabili oppure per accompagnare un atto di protesta. Elena ha dato tutta sé stessa, incarnando le sue istanze in scioperi della fame e incatenandosi ai cancelli delle istituzioni per chiedere l’assistenza negata a Mario e a tutti i ragazzi, costretti nella stessa situazione. Lei che in quelle stanze di potere avrebbe potuto chiedere di entrare in altro modo, ha voluto dare un segnale forte: lei non è gestibile, non si fa piegare, chiede ciò che è previsto per legge e non vuole meno per strategie elettorali.

Non bastassero le sue diete forzate, le sue tossi infinite ( un’altra nostra affinità), il mal di schiena, Elena mette a disposizione la sua casa a Roma e nella sua amata Maremma per costruire un presente e un futuro diverso per Mario e i suoi amici. Cuoca di livello, si fa anche animatrice per feste, cene e momenti di costruzione dell’autonomia. Mario a Orbetello viene chiamato il sindaco, qui dove c’è la villa di famiglia aperta e messa a disposizione per un progetto di accoglienza, ogni estate e uno futuro di autonomia, per il dopo di noi, in costruzione.

Il diario scorre a rivelare paure e dubbi e quell’aspirazione repressa a voler avere una vita normale per potersi leggere in pace un libro a Villa Ada. E’ solo un frammento perché poi, nella conclusione, torna la lucida, ma poetica determinazione della figlia del Prefetto: “Alcune mattine mi sveglio e vorrei non esistere, altre mi sento a mille. Sono Elena madre di Mario. Mario a cui dovrò dire un milione di volte grazie. Per un milione di motivi. Uno su tutti: mi ha reso una donna migliore.”

elena lettera padre

Segue il risultato di quanto ha mietuto il cuore di questa donna migliore: nel Carteggio si ritrovano le lettere che, chi ha avuto la fortuna di condividere momenti importanti della sua vita, ha voluto dedicarle. C’è la copia originale di quei fogli di carta intestata della prefettura di Napoli, scritti a macchina, con a penna il finale “ti abbraccio forte forte papà”, a cui si affianca la dichiarazione di un amore sincero e maturo come quello di Andrea, ma anche il racconto delle comuni vittorie della terapista Rosalba, grazie a cui Mario ha camminato; di Lella che le dà una mano in casa e si è sentita subito parte della famiglia; di Daniela, l’amica che non l’ha mai lasciata e della professoressa della scuola superiore frequentata da Mario.

La comunità di affetti e di intenti che consente ad Elena di vivere la sua Ordinaria diversità di figlia, moglie e madre.

elena e mario

Ho chiuso il libro, estraendo il piccolo fascicolo di poesie, miscellanea di pensieri premonitori scritti quando ancora tutto doveva accadere, dalla tasca della quarta di copertina ( consiglio seguito).

Non avevo gli occhi lucidi, ma nel silenzio della notte mi sono accorta di declamare ad alta voce : “Amo il vento che spazza via / i miei antichi dolori/ e che dolcemente spettina i miei capelli/ e un senso di libertà mi invade… Amo la tempesta che rigenera in me/ la voglia di “vivere”.

 Il libro rimane sul mio comodino.

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