“Consapevolezza, sensibilizzazione ed esperienza concreta con il volontariato: questi sono i nostri strumenti, con i quali andremo avanti, felici di scoprire tante persone che vogliono condividere il viaggio per rimanere umani.“
Quando mi sono occupata della scuola Penny Wirton di Senigallia, Lisa, la responsabile del progetto mi aveva informato che a breve avrebbe aperto una sede anche a Pesaro. Mi ha detto:“devi contattare Musli Alievski, che poi ha una onlus e fa tantissimo per i rifugiati.” La rete è eccezionale: sono rientrata per un soffio nei 5000 contatti del profilo Facebook di Musli e questa mattina, finalmente, sono andata ad incontrarlo per conoscere la sua storia e i progetti in corso. Al primo piano di uno dei palazzoni dietro al centro Benelli, una delle poche zone che ricorda vagamente una periferia romana, ho chiacchierato un’ora con lui e con Benedetta, entrambi anima della Onlus Stay Human. Seduti al tavolo del piccolo ufficio nel quale, da due mesi, hanno organizzato la sede, con naturalezza disarmante, mi hanno illustrato l’oneroso impegno passato, presente e futuro. 6 carovane nei campi profughi in tre anni di missioni, una in preparazione per aprile; diverse iniziative in altre città d’Italia e nelle scuole per sensibilizzare sul tema; una denuncia contro Salvini per istigazione all’odio razziale; una scuola per insegnare italiano di prossima apertura e, da domani, uno sciopero della fame di 3 giorni per porre l’attenzione e chiedere provvedimenti sulle violenze continue ai danni dei rom. Da tre anni stanno portando avanti tutto, senza strutture e fondi pubblici, autofinanziandosi, per convincere centinaia di persone a restare umani. Musli, 31 anni, nato in Macedonia, cresciuto a Foggia, da 3 anni a Pesaro, ha deciso di dedicare il tempo libero che gli rimane dal suo lavoro di operaio in una fabbrica di cucine, a chi si trova in percorsi e condizioni difficili come quelle vissute dalla sua famiglia. Benedetta, 29 anni da Acciaroli, lo ha conosciuto in un campo a Salonicco dove lei già collaborava. Ha ospitato la carovana italiana al seguito di Musli nel suo appartamento, da allora lo ha seguito e continua a farlo, prestando il suo prezioso impegno nelle pause dal lavoro nel centro italiano di volontariato. Certa che le loro ore valgano il doppio rispetto a quelle degli altri, grazie al racconto di Musli e di Benedetta, ho acquisito nuove speranze sulla salvezza della coscienza civile e sentito crescere la voglia di dare una mano a chi, senza necessità di guadagni e visibilità, porta avanti un impegno fondamentale.
La traccia: le carovane nei campi profughi e le iniziative contro il razzismo
“Sono nato in Macedonia, cresciuto con la mia famiglia in un campo rom a Foggia. Nel 2004 ci siamo trasferiti a Macerata Feltria, un piccolo paese della provincia di Pesaro Urbino. Avevamo dei parenti in un comune vicino e poi c’era il lavoro. Dal 2004 al 2006 ho fatto l’operaio in una fabbrica della zona. Poi altri impieghi in aziende che producevano mobili, fino al 2012, quando ho deciso di trasferirmi a Pesaro per fare il corriere. Da 6 anni lavoro per una importante realtà locale che produce cucine, sempre come operaio.
Nel 2015 ho sentito l’esigenza di riempire il mio tempo libero con l’impegno nei confronti dei rifugiati, andando nei campi profughi in Grecia che da quell’anno in poi hanno cominciato a riempirsi di uomini, donne e tanti bambini in fuga dalla Siria.
Ho solo scritto un post nel mio profilo facebook nel quale comunicavo che sarei partito: prima missione Idomeni. Ho avviato una raccolta di indumenti e generi alimentari che ho caricato in un furgoncino, con il quale, nell’aprile del 2016, sono partito insieme ad un altro ragazzo Andrea Zucchi.”
“Non c’erano ancora le organizzazioni che gestivano il campo: 16 mila persone raggruppate in un terreno agricolo, nelle tende, tra il fango. Un luogo di tale grandezza e densità in Europa non c’era mai stato nella storia. Qui sono nati anche dei bambini.
L’impatto è stato allucinante. E’ seguita la consapevolezza. In un momento, dopo essermi ripreso dall’impressione iniziale, ho capito, in maniera palpabile, l’incapacità dei paesi europei a reagire a questa emergenza mondiale. La Macedonia e la Serbia avevano chiuso le frontiere e non c’era stata altra soluzione per migliaia di persone: bloccati in Grecia che già si trovava in crisi. Un posto per chi stava fuggendo dalla guerra dove provare a sopravvivere. Ho visto bambini giocare nel fango ed altri ammalati di epatite perché nutriti con latte in polvere diluito con acqua non sterile.
Appena arrivato, ho cercato i volontari italiani da più tempo nel luogo: abbiamo scaricato gli aiuti in una tenda e poi cominciato a distribuirli. Siamo rimasti tre giorni, al ritorno ho deciso di fondare la onlus, da solo. Non potevo aspettare oltre.”
Le ferie in carovana
“Dal 2016 tutte le mie ferie le ho passate nei campi profughi, organizzando e gestendo le carovane per portare aiuti umanitari: alimenti, vestiti, farmaci. 2 anche 3 appuntamenti durante l’anno nei quali hanno deciso di seguirmi sempre più persone, da diverse regioni d’Italia. In questo modo abbiamo coinvolto sia chi si impegnava a raccogliere quanto ci occorreva, sia chi decideva di vedere con i propri occhi e di dedicare delle giornate alla distribuzione e al volontariato nei campi. Tutto a proprie spese.
Abbiamo raggiunto i campi nelle varie zone della Grecia: da Salonicco a Chios dove torneremo anche quest’anno, ad aprile. Qui il numero dei rifugiati ad oggi è pari a quello del 2015 e non se ne parla.
Con noi, anche questa volta, partirà un gruppo animato da identità varie: chi si è accostato per la prima volta al volontariato, chi ha già fatto esperienze, insegnanti, vigili del fuoco, capotreni, studenti, avvocati, medici. Pesaresi, ma anche da altre regioni. Quando andiamo in traghetto ci si incontra ad Ancona e si parte insieme; se in aereo, ci ritroviamo direttamente nel posto e poi raggiungiamo insieme il campo.”
“E’ un’esperienza che non può lasciare indifferenti: chi è venuto con noi ha deciso di continuare a collaborare anzi ad impegnarsi di più. Quando non prepariamo la carovana, non ci mancano le attività. Abbiamo partecipato ad iniziative a Napoli e in Toscana per far conoscere le nostre missioni, con noi sono venuti anche altri carovanieri.”
La scuola e le scuole
“Tra dieci giorni inizieranno le lezioni della scuola Penny Wirton e abbiamo già 50 volontari iscritti. Con me e Benedetta, ci sono molti ragazzi, giovani che si dedicheranno ad insegnare l’italiano.
Sulla lavagna nella sala ho scritto: chi maestro, chi studente. Sono convinto che i ruoli non siano ferrei, anzi si invertiranno spesso perché è un’esperienza che insegna a chiunque sia coinvolto.
Il volontariato è una base fondamentale per creare consapevolezza in chi lo fa e in chi lo riceve. “
“Siamo andati nelle scuole ed alcuni studenti hanno fatto uno stage con noi, alcuni continuano a venire nonostante siano finite le ore che dovevano fare. Chi inizia non si ferma. Io ho forse un motivo in più che viene dal mio passato, avendo vissuto sedici anni della mia vita in un campo rom con la mia famiglia.”
L’impegno per Rom, sinti e camminanti
“Un’esperienza che mi lega ad un’altra istanza a cui teniamo molto con la Onlus: la sensibilizzazione sulla storia e i diritti del popolo rom, sinti e camminanti. Io capisco che anche la comunità sia chiusa, ma è giustificata da secoli di persecuzione e pregiudizi. Sono anni che il nomadismo è legato al fatto che vengano cacciati da una parte all’altra, senza tenere conto delle condizioni dei bambini, costretti ad abbandonare la scuola. Questo è un tema fondamentale: l’istruzione è la salvezza per la comunità rom. Spesso, però, i campi si trovano in luoghi distanti chilometri da una scuola per non parlare degli ambienti scolastici che non favoriscono l’inclusione necessaria: a volte è proprio qui che un piccolo scopre di essere uno “zingaro”. “
“Ci vuole un impegno maggiore da parte delle istituzioni. Dopo quanto emerso dall’inchiesta Mafia Capitale, occuparsi di Rom sembra equivalere a mangiare soldi che poi, se si leggono bene le carte, non sono mai andate nelle tasche dei rom stessi. Ci sarebbe una strategia europea con dei fondi previsti per i progetti di inclusione di Rom, Sinti e Camminanti, ma in pochi se ne vogliono interessare. Sono un utile strumento di campagna elettorale per chi vuole attaccarli e per gli altri, un tabu da non toccare. “
In sciopero della fame contro la violenza continua
“Le violenze però continuano e stanno toccando soprattutto i bambini per questo non si può tacere. Domani dalle 15 sarò davanti a Montecitorio con una delegazione della rete Kethane – rom e sinti per l’Italia per iniziare uno sciopero della fame contro la violenza razzista. E’ un’escalation caratterizzata dall’identità delle vittime e dall’impunità degli aggressori. Giovedì 21 febbraio nella metropolitana romana, un uomo di 29 anni ha afferrato un taglierino e ha ferito alla nuca un bambino di 11 anni. Il bambino è rom e l’aggressore italiano. L’uomo continuava ad urlare: “Voglio ammazzarvi tutti “ e ha accusato il ragazzino di avergli rubato 70 euro. Il bambino non aveva in tasca i 70 euro, ma questo non cambia di molto. Che rubino, chiedano la carità o non facciano niente, gli “zingari” sono da rieducare. Proprio come la bambina di 18 mesi, che a Roma, mentre era in braccio alla madre, è stata colpita alla schiena con un fucile a piombini. Ha destato clamore all’inizio, poi non se ne è più parlato, ma quella bambina ancora non sta bene.”
” “Non importa, tanto sono rom!” è il commento che purtroppo spesso si sente. Come il sinto che nel Bresciano è stato preso a fucilate mentre scappava dal suo camper al quale un criminale aveva dato fuoco e così via. Insieme a Diana di Milano, Miguel dalla Toscana, Rubino e Vanessa dalla Sardegna, in rappresentanza della comunità, vogliamo testimoniare la sofferenza dei Rom e Sinti in Italia. Chiediamo alle istituzioni che si intervenga, non si può lasciar passare, si comincia in questo modo poi si attaccheranno altre minoranze con la sicurezza di rimanere impuniti. Chiediamo di applicare la Costituzione, riconoscendo e tutelando la minoranza rom e sinta, come tutte le altre minoranze.”
“Al ritorno da Roma, ci metteremo al lavoro per la scuola. Voglio lasciare le chiavi a chi ha deciso di darci una mano, così a turno ognuno saprà che può venire e aiutare chi ne avrà bisogno anche nel sistemare il curriculum o gestire tutti i documenti burocratici, necessari per rimanere nel nostro paese. Metterò una bacheca sulla quale sarà possibile gestire una banca delle ore: nella quale si potrà offrire del tempo anche per accompagnare ad una visita medica e dove si segneranno offerte e richieste di indumenti o mobilio.”
Volontariato senza paura
“E’ il nostro metodo. Noi ci autofinanziamo per tutto, anche per la sede. Tutto quello che raccogliamo lo usiamo per le carovane e per i nostri progetti. Quando si comincia a fare volontariato pensando al guadagno personale si rischia di non vedere più le esigenze delle persone. Ci crediamo e per noi non è insolito comportarci in questo modo, anche se so che amici e famigliari spesso mi considerano un matto, ma sanno che io sono fatto così.”
“Questa estate ho denunciato Salvini, per ‘diffusione di idee basate sull’odio razziale ed etnico’, per l’intervista rilasciata a Telelombardia in cui annunciava il censimento per i rom che vivono nei campi, violando apertamente sia la Costituzione, sia il Testo Unico sull’Immigrazione.
Ha risposto con uno dei suoi tweet, mettendo la mia faccia in primo piano e il suo proclama: per lui ogni denuncia è una medaglia e ovviamente ha aggiunto #prima gli italiani. Certo fa fatica a pensare che l’80% dei rom sia italiano e che per questo percepiranno il reddito di cittadinanza.”
“La battaglia va combattuta anche contro l’ignoranza. Il 23 marzo abbiamo organizzato un convegno per raccontare la storia delle persecuzioni di Rom, sinti e camminanti. “
“Consapevolezza, sensibilizzazione ed esperienza concreta con il volontariato: questi sono i nostri strumenti, con i quali andremo avanti, felici di scoprire tante persone che vogliono condividere il viaggio per rimanere umani.”
La traccia volante: i diritti umani non hanno confini.
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