“Abbiamo deciso di mettere a disposizione questa porzione di casa a chi voleva tornare nel paese, almeno nei finesettimana, per poter respirare, anche se per poco, l’aria della propria terra. “
Sono passati quasi tre anni dal terremoto che la notte del 24 agosto e la mattina del 30 ottobre del 2016 ha distrutto interi paesi tra Lazio, Umbria e Marche. Per chi in quei luoghi è nato ed ha vissuto il tempo si è fermato e i giorni a seguire hanno pesato nelle ore e nei minuti in una lotta quotidiana per ricominciare e provare a dimenticare. C’è chi in una manciata di secondi ha perso tutto e, nello smarrimento, ha capito di aver conservato il bene più importante se stesso e i propri cari. Al terrore di quei momenti si è aggiunta l’angoscia, forse ancora più pungente, dei mesi che passano senza vedere progressi nella ricostruzione di palazzi, strade, piazze, negozi, case. L’allontanarsi della possibilità di riprendere i propri ritmi, di tornare alle atmosfere nelle quali si respirava sereni, ai riti a quali si era legati, colpisce, nel silenzio, l’animo di centinaia di famiglie a cui a volte basterebbe rivivere almeno per poche ore, una giornata come quelle del loro passato. C’è chi sta offrendo ad alcuni di loro questa possibilità: Isabella e Ottaviano, nati e cresciuti tra Spelonga e Trisungo, frazioni di Arquata del Tronto, il paese in provincia di Ascoli che il terremoto ha raso al suolo, provocando anche numerose vittime, sono riusciti a rientrare nella loro casa, l’hanno ristrutturata e, da agosto dello scorso anno, mettono a disposizione una parte come bed and breakfast per chi vuole passare del tempo vicino al proprio paese. L’hanno chiamato Gl’Urse. Isabella Di Vittori che mi ha raccontato la loro storia, mi ha spiegato che non si tratta di un richiamo al grande animale delle montagne, ma a qualcosa di più legato alle loro tradizioni. E’ una traccia di resilienza che spinge chi può a percorrerla per aggiungerne altre e aiutare, con piccoli significativi contributi delle comunità a resistere.
La traccia: un bed and breakfast per far ripartire il territorio
“Ci sono momenti che non si possono dimenticare, anche se ci si prova. Quelle giornate nelle quali ho pensato di vivere fuori dalla realtà le ho davanti ogni volta che guardo il panorama davanti a me e non vedo più Arquata. Io sono orgogliosa di essere nata a Spelonga, il paese dove ogni tre anni si celebra la Festa bella, e sono stata molto felice, 4 anni fa, quando mi sono sposata, di rientrare a vivere a Trisungo, una frazione vicina dove mio marito aveva la casa.”
“Sono un’infermiera. Ho vissuto per 15 anni lontana da qui, prima a Torino e poi ad Ancona. Sapevo che sarei tornata: pensavo per non andarmene più. Dopo il terremoto è crollata la mia prospettiva e, come per tanti, è seguito un periodo di confusione totale. Per fortuna tutta la mia famiglia e quella di mio marito si è salvata, ma qui ci conosciamo tutti: la famiglia è un concetto allargato. Ogni crollo, ogni perdita, ha segnato tutti. Ho perso sei chili in un mese e non ho dormito per tante notti. Vedere e immaginare interi borghi e paesi nei quali c’era l’abitudine di andare e di passare giornate felici con gli amici, spazzati via, provoca un dolore così intenso che non si riesce a spiegare.”
Dalla disperazione alla resilienza
“Quando ero fuori per lavoro, mi sentivo Heidi per quanta nostalgia avessi dei miei paesi. Per questo, nella disperazione, ho tirato un piccolo sospiro, quando, dopo il 24 agosto, ci hanno concesso di restare nelle tende. La nostra casa era rimasta in piedi e potevamo tornare durante il giorno per poi dormire fuori. Fino alla seconda botta, la mattina del 30 ottobre, forte, terribile, io non riuscivo ad alzarmi dal divano per uscire in giardino. Ci hanno obbligato ad andarcene: ricordo la carovana di macchine, precedute dai vigili del fuoco che ci portavano via dai nostri paesi, temendo cosa potesse ancora accadere. “
“Siamo stati un anno in un albergo con tutta la mia famiglia: i miei genitori, 3 fratelli, nipoti e suoceri. Tutti a Porto d’Ascoli. I più spaesati erano gli anziani, abituati a vivere in case spaziose con il verde e non certo in piccoli appartamenti come le stanze di hotel. Non smetterò comunque mai di ringraziare la protezione civile, i vigili del fuoco e chi ci ha accolto, permettendoci di provare a dormire più tranquilli.”
“La vita tentava di ricominciare, ma sembrava non essere più la nostra. Io continuavo a lavorare nella Residenza per anziani di Acquasanta terme nella quale presto servizio da quando sono tornata in paese, 4 anni fa. Tutte le sere per tornare in albergo mi sbagliavo e prendevo la strada per andare verso Arquata dove tanto non mi avrebbero mai permesso di arrivare.”
“Per fortuna, dopo un anno ci hanno permesso di rientrare perchè le case erano agibili: la nostra aveva bisogno di una ristrutturazione, ma la struttura portante aveva retto. C’è chi, anche se poteva, ha preferito non tornare, e non mi permetto di giudicare, perché ho sofferto anche io degli attacchi di panico, ma ha prevalso il richiamo dei nostri luoghi. Il distacco ci avrebbe fatto più male. “
“Nell’attesa che finissero i lavori nella nostra casa, siamo stati dai miei a Spelonga. Nella primavera del 2018, facendo pressioni per velocizzare la ristrutturazione, finalmente siamo rientrati. Non posso affermare che si viva sereni, si ha il terrore di passare sotto un tetto e i brividi quando si avverte una minima scossa,
ma alla domanda “Ma che fate ritornate?”, la risposta è stata e rimane: “Certo che sì!”
Gl’Urse
“Finiti i lavori, abbiamo chiesto di dividere la casa in due parti perché è molto grande: al piano superiore siamo riusciti a far ricavare un appartamento con ingresso indipendente, 2 camere, bagno ed angolo cottura. Ci sentivamo quasi in colpa ad avere una così grande disponibilità rispetto a chi aveva perso tutto. Abbiamo deciso di mettere a disposizione questa porzione di casa a chi volesse tornare nel paese, almeno nei finesettimana, per poter respirare, anche se per poco, l’aria della propria terra.”
“Sapevamo che in tanti avevano questo desiderio, ma in zona, tranne un altro bed and breakfast a Spelonga e da poco una piccola struttura che il vescovo ha voluto predisporre ad albergo, non c’è altro. Da subito sono arrivate richieste superiori ai due giorni di permanenza. Una signora che ha visto la sua casa completamente rasa al suolo, è stata da noi con tutta la famiglia per l’intero mese di agosto. Io continuo a lavorare nella RSA e mio marito nella ditta di costruzione con mio fratello: il B&B non è la nostra attività principale, ma ormai ci teniamo a far sapere che ci siamo a chi ne ha bisogno. Ogni tanto, ultimamente, stiamo ospitando anche chi viene a lavorare con le imprese che si stanno occupando della ricostruzione, ma ci rendiamo conto che servirebbero molti più posti. Noi possiamo ospitare al massimo cinque persone. “
La festa bella
“I lavori sono lenti, vediamo che si puntella, ma intorno ci sono ancora cumuli di macerie. Molti vivono nelle SAE, ma eravamo abituati troppo bene: si abitava in case con giardino, vicini, legati, ma ognuno con il proprio spazio. E’ dura ritrovarsi in piccoli appartamenti con aree comuni. C’è poi il richiamo delle tradizioni che spingeva anche chi si era trasferito in un altro continente a tornare, soprattutto d’estate.”
“Quest’anno vogliamo provare a rifare la nostra adorata Festa bella, a cui io, come tutti coloro che sono nati e cresciuti in questi posti, sono molto legata. Si festeggiava ogni tre anni e durava un mese intero, coinvolgendo tutta Spelonga. La storia narra della presenza di spelongani durante la battaglia di Lepanto nel 1571, lo scontro navale che nell’arco della guerra di Cipro tra impero ottomano e la Lega Santa, portò alla vittoria delle flotte cristiane. Pare che avessero partecipato come vogatori, un ruolo legato alla presenza dell’abete rosso nelle nostre montagne, buono per costruire le galere. Tanto che nella chiesa principale del paese, Sant’Agata, era custodita la bandiera turca. Ogni tre anni per rievocare l’evento, gli spelongani andavano nel Bosco del Farneto a prendere un abete di 30 metri che veniva riportato a mano da 100 di loro in paese. Qui, entrava trionfalmente nella piazza centrale, dove veniva sollevato con corde tese dai balconi e dal campanile per costruire tutto intorno una barca e poi issare in cima all’albero la bandiera turca. Tutto intorno a questo evento centrale, ce ne erano ovviamente altri che riuscivano a richiamare visitatori da varie parti d’Italia, tornavano anche dall’Australia per assistere. “
“Vogliamo provare a rifarlo ad agosto, certo non ci sono più i balconi da cui lanciare le corde, ma si può ragionare su diversi modi per provare a riportare una delle nostre tradizioni più sentite. Non cerchiamo gratificazioni, elogi o visibilità, sappiamo quanto l’amministrazione sia sommersa di richieste e di esigenze da parte di tutti, vogliamo solo dare il nostro contributo per provare a ripartire insieme. A Pescara del Tronto hanno inaugurato la cittadella con i negozi, i bar non mancano nemmeno intorno alle SAE, ma vorremmo che si ritornasse ad aprire attività e a vivere anche qui. “
“E dire che nel nome che abbiamo scelto non c’è proprio il richiamo a questa nostra propensione e apertura verso gli altri. All’inizio volevamo giocare con i nostri e si pensava di battezzare il B&B “Isotta”, ma poi ho pensato a qualcosa di più legato al territorio, al soprannome con cui la famiglia di mio marito veniva chiamata nel paese: loro sono GliUrse. Forse per via di qualche antenato scontroso come un orso. Comunque un mio zio ce ne ha regalato uno enorme in vetro resina che abbiamo messo all’ingresso, realizzato così bene che qualcuno si è pure spaventato. “
“L’orso protegge la nostra casa e questo nostro piccolo progetto di cui siamo molto contenti. Le richieste sono continue: ad agosto abbiamo già prenotato per tutto il mese. C’è chi ci ha chiesto perché non aumentiamo le stanze, ma l’idea di tornare a vivere in tenda ancora non c’è venuta. Non pensavamo di avere tutta questa considerazione. E’ uscito un articolo sul giornale e ci hanno chiamato in tanti, anche solo per ringraziarci. C’è poi chi mi ha commosso come la signora di Trisungo che voleva tanto tornare per la Festa del papà e grazie a noi sarà qui il 19 marzo. Era così felice. 5 posti letto non possono accontentare tutti, né risolvono i grandi problemi del territorio, ma ci sono e mi scoccia così tanto dire di no. “
La traccia volante: Per chi ama questi paesi e non vuole abbandonarli noi ci siamo.
Siete delle persone veramente meravigliose ed il vostro gesto è davvero unico. Non posso immaginare come si può stare senza poter vivere più nella propria casa o nelnproprio paese, vederlo distrutto,,credo che neanche tutte le lacrime del cielo bastino ad esprimere un dolore cosi immenso e voi date una speranza a chi ha perso tutto. Siete meravigliosi 😊
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