“Abbiamo scelto Padova e speriamo di essere in tanti per dire che ci ribelliamo alle mafie e che lo facciamo anche in nome delle mille vittime di cui leggeremo i nomi. Tre di esse sono venete: Silvano Franzolin, Cristina Pavesi e Matteo Faggin.”
Il 21 marzo è il primo giorno di primavera e, dal 1996, è anche la giornata nella quale, in diverse piazze d’Italia, si ricordano le vittime innocenti delle mafie. Un lunghissimo elenco a cui purtroppo nel tempo si sono aggiunti nomi, che Libera insieme ad Avviso Pubblico, fa leggere, portando nella voce, nel suono, nel rumore, nella partecipazione dei cortei, la memoria di un impegno che non può finire. Una responsabilità che si tramanda, soprattutto a non tacere, a mantenere alta l’attenzione sulle modalità di infiltrazione della criminalità organizzata presente, in maniera diversa, in tutto il territorio nazionale. Nessuno si deve sentire esente dal pericolo e dalla necessità di dare un contributo al contrasto. Quest’anno la manifestazione principale sarà a Padova: Passaggio a Nord est è il messaggio che l’accompagna a significare una presenza ormai massiccia delle mafie proprio nelle regioni più produttive del paese. C’è chi questo allarme lo lancia da tempo perché ha studiato e si è impegnato, a livello nazionale, partendo proprio dalla provincia di Rovigo. Ho collaborato con Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale di Avviso Pubblico ed è stata un’opportunità per capire quanto una passione possa diventare un lavoro quotidiano, tra treni, aerei, aule di commissioni e di scuole. Pierpaolo ha coordinato ricerche, scritto e pubblicato libri sulle mafie italiane e straniere, creato progetti nelle scuole, collaborato con enti nazionali e internazionali, messo la luce su ogni settore nel quale si può annidare l’interesse della criminalità, senza tralasciare nemmeno il mondo del calcio, attivando una collaborazione con l’Associazione italiana calciatori. La sua traccia è una storia che da un giorno di marzo del 1978 fino a questo giovedì ed oltre, non si ferma, nell’affermare, da Siracusa a Treviso, il valore della giustizia e della libertà.
La traccia: progetti, azioni e interventi per la legalità
“Era il 16 marzo del 1978, frequentavo la terza elementare. La mitica bidella Gina entrò in classe: disse che dovevamo uscire per andare tutti in Chiesa, era successo un fatto terribile. Nel mio piccolo paese in provincia di Rovigo, ci ritrovammo nella parrocchia per condividere l’angoscia delle prima notizie sul rapimento di Aldo Moro. Quando arrivai a casa, mi misi a guardare la televisione e sentii dentro di me salire la rabbia, non la paura, ma la voglia di poter fare qualcosa perché non accadesse più. I bambini sanno essere epici, ma anche determinati.”
“Nella mia famiglia c’era un amico sacerdote, Don Pierantonio, che nel Centro di documentazione Polesano aveva raccolto libri e giornali. Cominciai a frequentare questo posto e soprattutto, grazie a lui, imparai a scrivere a macchina e a fare le ricerche. Partecipavo anche agli incontri e alle attività che si organizzavano nelle scuole. Fino a quando non arrivò un altro sacerdote, Don Giuliano: alla fine degli anni 80 invitò figure come il giudice Caselli, Nando Dalla Chiesa, Saveria Antiochia. Con il mio quadernino prendevo appunti e cresceva in me la voglia di sapere e di impegnarmi.”
“Con le stragi di Capaci e via D’Amelio ci fu uno scatto di volontà ulteriore. Nel 1994 partecipai alla costituzione di Libera, diventando successivamente referente regionale per il Veneto. Nel 1997 divenni consulente della Commissione Antimafia, dove sono rimasto fino al 2001, sono tornato nuovamente con la presidenza degli Onorevoli Forgione e Bindi. Dal 2001 al 2005 mi sono dedicato al progetto Macramè con il Gruppo Abele. Nel 2006 è arrivato l’impegno con Avviso Pubblico di cui sono Coordinatore nazionale.”
Lo studio come strumento fondamentale
“Devo ringraziare i miei genitori perché, mentre lavoravo, mi hanno incoraggiato a continuare a studiare e a laurearmi in Scienze Politiche all’Università di Bologna. La mia tesi sulle Commissioni Parlamentari di inchiesta, aveva un focus sulla Commissione antimafia che scrissi con la collaborazione dello staff dell’allora presidente On. Luciano Violante.”
“Considero la formazione e lo studio, strumenti fondamentali di prevenzione oltre che di contrasto alle mafie. Nel 1997 quando entrai come consulente nella Commissione, ci inventammo lo Sportello Scuole e Università. Bisognava incentivare e diffondere la cultura della legalità e della cittadinanza responsabile. Scoprii un’altra prospettiva sul Paese, perché da allora ho cominciato a muovermi per incontrare direttamente studenti, insegnanti, presidi: non mi sono più fermato.”
“Le realtà con cui mi sono confrontato sono state diverse, dalle più singolari come quella di una scuola in Sicilia dove trovai delle ragazze madri di 16 anni che lavavano i propri bambini con l’acqua minerale perché mancava l’acqua potabile nel loro paese. Quasi ovunque ho avuto la conferma dell’esistenza di una rete di docenti eccezionali che era necessario mettere in collegamento, con cui avviare confronti costanti. Non si poteva rimanere negli uffici, si doveva raggiungere la scuola anche del comune più sperduto per dare un messaggio di attenzione e di presenza delle istituzioni.”
Da quella scuola a Francofonte
“Un giorno di primavera del 1997, mentre ero in treno dal Veneto verso Roma, lessi sulla Stampa di Torino un articolo che raccontava dell’incendio in una scuola media, l’istituto Fermi, a Francofonte in provincia di Siracusa. L’incendio era stato appiccato il giorno dopo la visita di Rita Borsellino. Avvisai subito il presidente della Commissione antimafia, che allora era Ottaviano Del Turco, e gli chiesi se potevo andare. Una volta autorizzato, presi l’aereo e arrivai in Sicilia. Dopo aver attivato le segnalazioni necessarie al Ministero della pubblica istruzione per chiedere un aiuto concreto, mi sono messo in contatto con Libera e diverse associazioni. Bisognava darsi da fare subito. Insieme al Preside, Armando Rossitto, organizzammo un campo estivo di volontariato a cui parteciparono giovani di tutta Italia, dal Piemonte, all’Emilia, alla Puglia. Andai anch’io. Sapevo dare il bianco e mi misi a pitturare le pareti. Per me non era solo un modo per dare una mano ma, soprattutto, un’esperienza concreta per capire meglio le cose di cui dovevo occuparmi anche in Commissione. Altri ragazzi aiutarono a sistemare la struttura, aiutavano i bambini delle scuola a fare i compiti, una ragazza di Torino organizzò spettacoli di clown. Dormivamo dalle famiglie del posto che ci facevano da mangiare molto bene. Quella di Francofonte è stata un’esperienza che è durata per 5 anni. All’ingresso della scuola era stato disegnato un grande sole con la scritta “I care”, la stessa che don Lorenzo Milani aveva fatto scrivere nella scuola di Barbiana.
“Il penultimo anno ci sorprese la richiesta di un gruppo di ragazzi che ci vollero fare una foto in posa. Scoprimmo il motivo solo l’anno successivo, alla fine dei lavori della scuola, dove nel frattempo era stato costruito anche un teatro ed erano stati attivati 32 laboratori educativi. I ragazzi ci portarono in fondo al corridoio principale, tolsero il drappo dalla parete e apparì un murale ripreso dalla nostra foto. Quei giovani volevano mantenere un ricordo vivo di quanto avevamo fatto tutti insieme. Sotto il murale scrissero questa frase: “Noi qui a Francofonte facciamo le cose perché ci stanno a cuore, non perché c’è qualcuno che ci comanda di farle.”.
Aveva ragione Antonino Caponnetto quando diceva che la mafia teme più la scuola che la giustizia.
“Alla fine degli anni novanta ho proposto un gemellaggio tra questa scuola ed una veneta di Camponogara, in provincia di Venezia, un zona molto toccata dalla mafia del Brenta. Ci fu un bello scontro di stereotipi: i genitori siciliani non volevano mandare i figli al Nord perché temevano gli attacchi razzisti; quelli del Veneto avevano paura della mafia. Alla fine i ragazzi si sono incontrati, gemellati ed alcuni di loro sono si sono frequentati anche dopo la fine della scuola.”
In Avviso Pubblico la bella politica che esiste
“La scuola, la cultura e l’istruzione rimangono la mia bussola per capire il Paese e per indirizzare progetti e strategie che mirano a diffondere la cultura della cittadinanza attiva e responsabile contro la criminalità. Lo sanno bene anche i Comuni che hanno competenze sulle scuole primarie e secondarie di primo grado.
In Avviso Pubblico lavoriamo con gli enti locali che dedicano un’attenzione fondamentale a formare cittadini attenti e consapevoli. Diversi adolescenti partecipano ai consigli comunali dei ragazzi o alle consulte. Alcuni di coloro che hanno partecipato a queste iniziative o ad altri percorsi di legalità sono diventati successivamente consiglieri e sindaci, proseguendo nell’impegno dalle basi che abbiamo messo insieme.”
“Purtroppo, negli ultimi anni, note vicende di corruzione, mafia e malaffare hanno aumentato la sfiducia nella politica, accrescendo la rabbia e la cattiveria, come ha scritto anche il Censis nel suo ultimo Rapporto. Questa rabbia sociale diffusa colpisce anche chi continua a portare avanti un impegno politico, in maniera onesta, dentro le istituzioni locali. Da otto anni, Avviso Pubblico presenta il Rapporto “Amministratori sotto tiro” nel quale raccontiamo le minacce e le intimidazioni che subiscono i politici locali che lavorano nella trasparenza, rifiutando ogni tipo di collusione e connivenza.
Solo nell’ultimo anno abbiamo registrato più di 500 atti intimidatori.
In Italia il più delle volte questi fatti restano sconosciuti. Questi Sindaci, assessori, consiglieri comunali minacciati sono persone normali, che amministrano per tutelare e garantire il bene comune: non hanno scorte e nessun tipo di privilegio o lauto stipendio. Scoprono le illegalità, si battono perché il diritto non venga scambiato con il favore. E’ questa la bella politica che esiste e resiste, fatta di gente onesta e competente, che non può essere lasciata sola. “
Bisogna ribadire con forza che il rischio maggiore che l’Italia e l’Europa stanno correndo è l’infiltrazione della criminalità organizzata e mafiosa nel tessuto economico e politico.
La mafia è il vero nemico
“Si deve mantenere alta l’attenzione e contrastare la mafia che traffica e fa transitare, proprio nelle regioni più ricche d’Italia, quantitativi massicci di droga che vengono venduti anche tra i nostri ragazzi. La mafia si è fatta impresa e si è inserita nell’imprenditoria, condizionando sensibilmente il principio della libera concorrenza, inquinando l’ambiente, condizionando attività e sviluppo di interi comparti, come l’edilizia, il trattamento dei rifiuti, il movimento terra, il settore agroalimentare.
La mafia non risolve problemi, come qualcuno crede. Li crea.
“Lo scenario è inquietante. È descritto in relazioni ufficiali e rappresentato da dati oggettivi, che non possiamo e non dobbiamo smettere di diffondere e di raccontare per far capire che la politica deve occuparsi di questo. Per questo facciamo tanta formazione con gli amministratori locali: per fare politica bisogna essere certamente onesti, ma è necessario avere delle competenze per prevenire il rischio. “
“Quest’anno, insieme a Libera, abbiamo scelto di organizzare la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, il 21 marzo, a Padova. Abbiamo fatto questa scelta prima delle ultime inchieste della magistratura a cui sono seguiti gli arresti delle forze di polizia che hanno fatto emergere, in maniera ancora più palese, la presenza degli interessi delle cosche nel Nord Est. Avevamo percepito da tempo che la situazione si stava evolvendo. A Verona, insieme a tante altre associazioni del territorio, abbiamo attivato un Osservatorio civico della legalità con il quale ogni anno redigiamo un Rapporto sulla presenza delle mafie e della corruzione sul territorio, analizzando attentamente tutti gli articoli di stampa pubblicati sui principali giornali locali e leggendo attentamente le relazioni ufficiali. Una visuale attenta che ci fatto capire come un territorio florido, in una posizione geografica strategica, sia ormai di grande interesse per le mafie.”
Abbiamo scelto Padova e speriamo di essere in tanti per dire che ci ribelliamo alle mafie e che lo facciamo anche in nome delle mille vittime di cui leggeremo i nomi. Tre di esse sono venete: Silvano Franzolin, Cristina Pavesi e Matteo Faggin.”
“Il 5 aprile il nostro impegno continua con la presentazione del nuovo Rapporto “Amministratori sotto tiro” a Roma dove lo stesso giorno inaugureremo la nostra sede all’interno di un bene confiscato. L’ennesima conferma di quanto la legalità sia più vantaggiosa della disonestà e della connivenza.”
La traccia volante: “Occorre compiere il proprio dovere fino in fondo, costi quel costi, qualunque sia il sacrificio da sopportare. In ciò sta l’essenza della umanità.” E’ la frase di John Kennedy appesa anche nell’ufficio di Giovanni Falcone.
Rispondi