“Allora siete poveri, disperati e vi portano pure gli zingari a rubare quel poco che avete.” E’ stato facile per le sigle di destra che ogni volta soffiano sull’odio, accendere l’ennesimo fuoco dell’intolleranza che arma la disperazione.”
E’ un pensiero comune che per questo spaventa. Attraversa, magari più nascosto, anche gli animi progressisti e aperti: “certo si può accettare tutto, ma pure i rom, mi sembra troppo!” E’ automatica anche la risposta che obietta a chi vuole provare a ribadire il concetto di un’umanità che non ha differenze: “sì, vivici tu con uno zingaro davanti casa, mandaci a scuola i tuoi figli!”. La vergognosa e paurosa protesta di Torre Maura, innescata dal trasferimento in un centro della zona di 70 cittadini rom, tra cui 33 bambini e tre donne incinte, è in realtà una bomba già esplosa che continua a mietere vittime.
Il pane ritorna come simbolo manzoniano della lotta nella povertà. “Abbiamo sopportato i rifugiati, volevamo i terremotati, ma questi no!”. Queste sono le motivazioni anche della signora che sembra più pacifica, la nonna che teme per i suoi nipoti che sta facendo crescere in un luogo dove, come ricordano in tanti, illuminati dopo anni di oblio dalle telecamere, non ci sono negozi, c’è solo un autobus che non porta da nessuna parte e le case popolari, una volta costruite, non hanno più avuto manutenzione.
“Allora siete poveri, disperati e vi portano pure gli zingari a rubare quel poco che avete.” E’ stato facile per le sigle di destra che ogni volta soffiano sull’odio, accendere l’ennesimo fuoco dell’intolleranza che arma la disperazione.
Mia nonna mi ha lasciato un’abitudine e un senso di colpa: se rimane e proprio non posso utilizzarlo in altro modo, devo dare un bacio al pezzo di pane, prima di buttarlo. Era la sua concezione non solo religiosa, ma anche storica di un passato in cui non ce ne era e pure l’ultima mollica aveva un valore prezioso, quasi da santificare. Fa male, vedere come siano stati calpestati quei panini con il senso dichiarato di non volere che arrivassero alla bocca di uomini, donne e bambini
“Che muoiano di fame!”
Sono frasi che nascondono sentimenti ormai incontrollati, legittimati da chi dovrebbe mediare, amministratori, politici e anche l’opinione pubblica. I titoli dei giornali e gli editoriali di alcuni cosiddetti intellettuali, sostenuti da linguaggi più forbiti, ma totalmente immotivati nella rabbia, spaventano nella semplicità della resa a quella che viene ormai considerata un’evidenza.
“Non volere i rom sotto casa è legittima difesa” è arrivato a titolare Vittorio Feltri, sguazzando impunito nell’incitamento a proseguire in quella inevitabile violenza. “Arrivederci Rom” ha ironizzato persino il giornale locale della città in cui vivo, nella quale, praticamente non ci sono i “temuti” zingari e lo sguardo verso i pochi migranti presenti è sempre vigile “sia mai se ne accolgano troppi”.
A guardare, leggere e ascoltare, si prova il terrore di ricordare in quale periodo storico si siano coperte le crisi economiche e l’incapacità a gestirle, utilizzando nemici esterni, inventati per distrarre l’attenzione ed evitare che tutte le reali vittime di un sistema malato, si unissero per levare una voce unica.
Spaventa come anche il fatto che oggi tutto si possa sapere e conoscere in tempo reale, non fermi l’intenzione di chi vuole far tacere le coscienze nel terrore. Le spie sono tante e quotidiane, ma la luce di un fuoco che vorrebbe ardere, di nuovo e distruggere una civiltà, rea di aver scelto una vita diversa, a tratti non si nega anche discutibile, rispetto a quella comunemente accettata, è più alta e accecante.
Torre Maura è una periferia della capitale dove non ci sono mostri, ma cittadini frustrati da promesse e privazioni, per cui pronti a farsi arruolare in una battaglia di difesa, ma ai Parioli dove una donna è stata aggredita con in braccio la sua bambina solo per il colore della sua pelle, cosa ha animato l’innesco, se non questo odio che tutto vuole coprire e confondere? In un bar di piazza Euclide, nell’ora di punta dell’aperitivo, solo un uomo si è alzato per aiutarla.
La gente dei lotti per altri giorni passerà davanti al presidio di chi fa della violenza uno strumento politico. I bambini nati in quelle strade, che non hanno spazi per giocare, potranno ascoltare slogan e imparare il saluto fascista, mentre altri coetanei verranno velocemente caricati su un pulmino e portati altrove dove forse verranno accolti, o meglio nascosti.
A Piazza Euclide sabato ci sarà una manifestazione contro il razzismo, si spera partecipata.
Non giudico chi non ha le forze per manifestare il dissenso: ieri le immagini di Simone, il ragazzo di 15 anni che ha difeso, in solitudine, le ragioni dell’esistenza dei rom, hanno riacceso una speranza. Conosco realtà e progetti che cercano, negli stessi territori o vicino a quelli nei quali è esplosa la protesta, di attivare iniziative di incontro e di dialogo, ed ora è ancora più chiaro tra quante difficoltà, ma serve un sostegno maggiore. Tra i fuochi e le urla non c’erano rappresentanti politici di chi pure ha nel DNA valoriale, la lotta al razzismo e alla xenofobia. C’è una differenza anche nella risposta: gli zingari paiono indifendibili, non meritano una manifestazione di sostegno, non conviene dimostrare che si è dalla loro parte.
Il Movimento Kethane -Rom e Sinti per l’Italia ha chiesto alla magistratura di individuare e assicurare alla giustizia “gli autori degli atti vandalici esercitati contro la presenza innocua di 33 bambini, 22 donne, di cui 3 incinte, e 15 uomini documentati e vantati sui social come trofei di una crociata che stabilisce una scala diversa tra persone umane.”
Ma sì: “Che di difendano tra di loro”. E’ il senso neanche troppo nascosto.
Chi ancora non vuole farsi spegnere la coscienza e l’anima da urla e fuochi, deve però stare attento: l’attacco non è solo contro quei 70 uomini, donne e bambini, contro quella donna che vende collanine a piazza Euclide, ma è contro Simone, e tutti coloro che vogliono crescere liberi, informati e solidali.
Il pane schiacciato non è più condivisibile e presto finirà, forse mangeremo brioche, ma saremo sempre più soli, fragili e spaventati.
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