“Sono proprio felice, oggi: la stanchezza delle miei gambe ha trovato un senso in più.” Ha commentato mamma, dopo aver firmato la proposta per la Legge di iniziativa popolare contro la propaganda fascista e nazista.

Questa mattina, per la prima volta dopo tanto tempo, io e Anne siamo uscite con nostra madre, non per accompagnarla a fare terapie, controlli o visite: siamo andate negli uffici del Comune per apporre la nostra firma all’elenco delle 50 mila necessarie a portare in Parlamento la LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE CONTRO LA PROPAGANDA FASCISTA E NAZISTA.
Depositata in Cassazione il 19 ottobre del 2020 dal Comitato Promotore, presieduto dal Sindaco di Stazzema, Maurizio Verona, la proposta è finalizzata a disciplinare pene e sanzioni verso coloro che attuano propaganda fascista e nazista con ogni mezzo, in particolare tramite social network e con la vendita di gadget. C’è tempo fino al 31 marzo 2021 per firmare.
Noi non vedevamo l’ora di farlo.

Il sole ha illuminato la fierezza dei nostri occhi mentre compivamo un gesto che ci ha fatto sentire l’orgoglio della cittadinanza e dell’appartenenza alla democrazia. Ci ha colto l’emozione di mostrare, alla sorridente impiegata, il documento, per registrare la volontà di non tacere l’impegno a difendere la storia di libertà e bellezza che ci ha donato chi ci ha preceduto.
“Sono proprio felice oggi: la stanchezza delle miei gambe ha trovato un senso in più” ha commentato mamma. Non si può nascondere l’amarezza per la necessità di lottare, nuovamente, per affermare le basi della società che sembravano acquisite.
Nei mesi, nei quali, improvvisa, ha colto tutti l’epidemia, si cantava Bella Ciao dalle finestre e si applaudivano gli eroi civili nelle corsie e nelle autoambulanze, per mostrarsi uniti dalla solidarietà, dalla riconoscenza, dall’attenzione ai più fragili. Ora, invece, nonostante, si sia ancora avvolti nell’incubo, molti hanno acuito un senso di rabbia e di cecità, accentuato dall’egoismo della paura che rende facili prede di propagande oscurantiste. L’urgenza della attualizzazione delle norme già esistenti, inserendo l’attenzione alla diffusione di simboli, messaggi di odio e attacchi che si rifanno al nazi fascismo, attraverso i social media, è dolorosa cronaca.

Solo ieri, il paese ringraziava l’ulteriore testimonianza generosa della Senatrice Liliana Segre, promotrice della campagna di vaccinazione della Regione Lombardia, tra le prime a farsi iniettare la dose. Già nel pomeriggio, sotto la bellissima foto che la ritraeva proprio insieme all’operatore sanitario, si è riversato un fiume di calunnie antisemite che non meritano di essere citate. E’ fondamentale, però, che gli autori non restino impuniti. Dal 2019 la senatrice che porta la sua memoria viva nelle scuole e riempie di senso gli scranni della politica, è sotto attacco di chi, ignorando o peggio conoscendo quanto ha subito, ne insulta l’integrità passata e presente. Colei che ha affrontato l’orrore di Auschwitz ha saputo rispondere con forza invidiabile, ma non è accettabile che non si utilizzi ogni mezzo per mostrare quale sia il volto, quali le parole e la storia che si vogliono trasmettere nel futuro.

Sono quelle di Antonella Bundu, consigliera del comune di Firenze. Ieri è stata invitata dal British Institute a tenere una conferenza sul partigiano nero, comunista ed ebreo Alessandro Sinigaglia, organizzatore dei primi Gruppi di Azione Patriottica, fondamentali per sconfiggere il nazi fascismo. Appena ha cominciato a parlare, alcuni haters l’hanno attaccata, inneggiando ad Hitler ed offendendola personalmente, tanto che si è dovuto interrompere il collegamento. Il direttore del British Institute, dopo circa 20 minuti, ha fatto riprendere la diretta, proteggendola da altre invasioni. In perfetto inglese ha pronunciato l’equivalente di “non possiamo darla vinta a quei fascisti”. Lo racconta nei suoi profili social la consigliera, ringraziando chi si è ricollegato e l’ha seguita fino alla fine. Non manca però il rammarico: ”Mi dispiace solo che mia madre abbia dovuto assistere a questo schifo, ma alla fine abbiamo fatto l’incontro che ha avuto, se possibile, un significato ancora più importante.”

Un’altra figlia ha dovuto difendere una madre da pari violenza squadrista. E’ Sara De Benedictis, intervenuta dopo che sua mamma, la giornalista Lia Tagliacozzo, ha subito un raid su zoom, durante la presentazione online del suo libro “La generazione del Deserto”, organizzata dall’Istoreto, l’Istituto piemontese per la storia della Resistenza, e dal Centro studi ebraici di Torino. In questo caso anche, invece di dare visibilità alla crudeltà anti storica del veleno lanciato sulla piattaforma, è importante che si presti il massimo supporto istituzionale e legale alle parole pronunciate da Sara.
“Sono nipote di sopravvissuti alla Shoah, la mia famiglia è stata dilaniata e dimezzata dalle persecuzioni razziali, vivo tutt’ora nella casa dove i nazisti vennero a bussare e a portare via la mia famiglia, compresa Ada. Una bambina dai capelli scuri e il viso dolce, potevo essere io – dice – Sono temi della mia quotidianità. Vivo immersa nella coscienza della seconda generazione. Mia mamma scrive di questo e mio nonno gira per le scuole a parlare di shoah. Sono conversazioni frequenti in casa mia. Ci sono ‘abituata’. Non mi sconvolge parlare dei miei morti. Ma quello che è successo oggi mi ha sconvolta. In altri contesti “non ebraici” mi era già successo di trovarmi in situazioni di tensione e anche di scontro con gruppi fascisti e neonazisti. Questa volta è stato diverso. Questa volta era diretto proprio a me, proprio a “noi”, per il fatto di essere ebrei. Io seduta nella mia stanza ad ascoltare mia madre e questi stronzi sono riusciti in questo modo ad entrare nella mia casa, un’altra volta. Non mi era mai successo. Non così. Non mi hanno mai augurato di finire nei forni. Non davanti alla mia mamma”.
Per chi ancora crede sia anacronistico fermare il dilagare di violenza e ignoranza, in grado di travolgere le nuove generazioni; a chi reputa le priorità siano altre, bisogna ribadire che le soluzioni, anche delle crisi più dure del paese, sono state frutto di una collaborazione basata sulla condivisione dei valori fondamentali della comunità.
La difesa della memoria è cura del presente e indicazione preziosa per il futuro.

A Sant’Anna di Stazzema, il 12 agosto del 1944, vennero trucidati donne, anziani, bambini innocenti, in fuga dai bombardamenti, vittime della barbara e vigliacca violenza nazi fascista. 560 nostri nonni, nonne, madri, padri, fratelli e sorelle, uccisi, lasciando una traccia di vita indelebile nel territorio che li ha visti martiri. Maurizio Verona, sindaco del comune che ne celebra e difende il ricordo, ha lanciato la raccolta firme perché quanto accaduto non sia mai dimenticato, mentre i simboli delle più fosche pagine della follia contemporanea siano rimossi per sempre e non possano più essere utilizzati come strumento di oppressione delle coscienze.

Serviranno 50 mila firme per portare la legge in Parlamento: basta recarsi nei comuni di residenza o ai banchetti organizzati nel rispetto delle norme di sicurezza.
Questa mattina con mia madre e Anne abbiamo apposto le nostre, è stata una bella giornata di sole, impegno e libertà.
Tutte le informazioni sono sul sito www.anagrafeantifascista.it o si possono ricevere, scrivendo a info@anagrafeantifascista.it.
La memoria è la nostra identità: difendiamola insieme.