In una frazione del comune di Apecchio in provincia di Pesaro, Luciana, 59 anni è stata trovata morta, nella casa in cui viveva insieme alla madre e alla sorella. Non usciva da 50 anni. La stampa locale l’ha soprannominata : la donna fantasma. Non è la scena di un film horror, ma la pagina di una realtà orrenda.
Non l’avevano più vista da quando aveva nove anni. Finite le scuole elementari Luciana si è nascosta a tutti tranne che alla madre e alla sorella. A Serravalle di Carda, frazione di 350 anime del Comune di Apecchio, nessuno si era accorto che ne mancava una, da 50 anni. Il titolo che ho letto ieri mi stava colpendo per nera comicità: “trovata morta la donna fantasma.” Mi è sembrata la solita notizia bizzarra della provincia, basata su vecchie leggende locali. Non capita mai nulla di eclatante che si deve ricorrere al paranormale.
Leggendo, invece, emerge una realtà che non è di ispirazione per un fantasy, bensì pare tratta dall’angosciosa e illuminante prosa di Kafka. Ha preferito vedere la sua vita da una finestrina, senza che “i cavalli la trascinassero con sè nella sequenza del fracasso e così finalmente verso la concordia umana”, chiusa in una piccola stanza, mangiando poco, rinunciando anche all’identità del documento. La conclusione inevitabile nella morte per consunzione: l’unica concessione all’aria di quel corpo ormai senza più l’anima, volata finalmente libera.
Le dichiarazioni del medico di base e dei famigliari aggiungono dettagli agghiaccianti. Il dottore era uno dei pochi nel paese a sapere dell’esistenza della donna, perchè risultava tra i suoi mutuati: aveva chiesto di poterla visitare, ma ritenuto normale che il rifiuto fosse veicolato dalla madre. Non aveva mai insistito, né chiesto ad altri, ai famigerati vicini, testimoni di questi casi di para cronaca, se conoscessero in quali condizioni fosse quella bambina, scomparsa, invecchiata nella luce filtrata di un nascondiglio.
La sorella ha affermato, candidamente, che Luciana non usciva, mangiava poco, ma se avessero chiamato i soccorsi avrebbe urlato e cacciato via chiunque.
Cresce in me il dubbio che Luciana non potesse scegliere, che la sua paura del mondo fosse uno scudo, sollevato da chi ha preferito tenerla lontana da sguardi, domande e possibilità.
Nessuno può sapere cosa accadesse in quella casa: purtroppo a nessuno è venuta nemmeno mai la voglia di sapere.
Individui soli, indifferenti e vigliacchi hanno impedito alla donna fantasma di capire cosa potesse accadere al suo corpo evanescente al contatto con il sole e con una mano amica.
Non ha conosciuto l’amore; non ha condiviso sorrisi e lacrime: la sua pelle non ha toccato acqua di mare e non è stata sfiorata dal vento.
Verrà sepolta, questa volta pubblicamente, nella consapevolezza collettiva, dopo esserlo stata per 50 anni nel dubbio e nell’oblio.
La solitudine è il male del nostro tempo e manca un Kafka che ne possa scrivere.
Si vive soli in mezzo alla moltitudine, ma anche in una piccola comunità; si muore soli, coperti dal rumore della folla o dal silenzio dell’acquiescenza: in mezzo si ha paura di vivere e morire soli.
In una frazione di 350 anime da ieri ne manca una, nessuno se ne accorgerà, ma io piango Luciana, bambina, ragazza, donna che non abbiamo voluto aiutare a vivere.
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