“Chi decide di raccontarsi, ha bisogno di mettere in prospettiva il passato con le ragioni del presente. Parlano ai nipoti, ma in realtà vorrebbero raggiungere tutti i giovani e l’umanità in generale. Aspettano che a raccogliere i loro ricordi sia una persona terza che non può contraddirli, anche quando ciò che dicono non è coerente con la verità. Lo fanno attraverso il libro che per loro è la santificazione della parola e della memoria.”
Fino a quando ha potuto, mia nonna Mena, ogni domenica, mi faceva sedere sulle sue gambe e raccontava: di lei, di mia mamma, dei miei zii e aneddoti riguardo ai miei primi mesi di vita. Accompagnata da qualche filastrocca fino all’adolescenza, arricchita di dettagli mentre crescevo, è stata una modalità di trasmissione affettiva della storia della mia famiglia. Per un periodo avevo pensato di registrarla, ma l’emozione di quei momenti era così intensa da non lasciar spazio a terzi ingombranti. Ora, quando ci ritroviamo tra cugini, capita di confrontarci sulle versioni di alcuni passaggi epici degli anni molisani di Mena, la più bella del paese; sui suoi primi amori; gli scontri tra i fratelli ( nostri genitori) nella grande casa di Prati; le nostre litigate da bambini nel cortile di Via Tullio Levi Civita. Nell’era in cui tutto si può bloccare nel tempo di un post o di una storia su Instagram, abbiamo solo qualche vecchia foto ingiallita e lo sforzo della nostra memoria condivisa. Eppure nostra nonna avrebbe meritato un libro! Una copertina e delle pagine da cui rintracciare segreti e vicende di una famiglia dagli anni 20 ad oggi. Ci sono figli che hanno deciso di non perdere questa opportunità. Hanno trovato uno scrittore che si è messo a disposizione dei loro genitori o nonni, per dare un senso narrativo ai propri racconti. Andrea Pugliese si definisce un progettista culturale, sviluppa narrazioni per musei, luoghi, beni culturali ma anche per grandi aziende. E’ un autore, ha scritto dieci libri, una trilogia di gialli in uscita con un nuovo editore. Da un anno ha messo la propria arte, anche al servizio delle biografie di persone comuni, che poi alla fine così comuni non sono mai. Intervista i protagonisti, riporta ciò che registra, imposta il libro, ne cura la grafica e l’impaginazione fino alla consegna finale in un numero limitato di copie. Libri di famiglia che saranno al centro di “La Memoria è una Matrioska”, incontro che si terrà lunedì 1 luglio nella rassegna “Lungo il Tevere” presso la Libreria in Itinere. La traccia di Andrea è curiosa e ci interroga sul senso dell’ascolto, dell’interesse per chi ci è vicino e della condivisione.
La traccia: biografie private in forma di libro
“Principalmente io scrivo: sono un autore. Il mio best seller con Baldini e Castoldi ha raggiunto le 7000 copie vendute. Oggi con 10 mila si finisce in classifica. Non è un dato confortante perché conferma il basso numero dei lettori nel nostro paese: solo il 42% legge un libro l’anno. Io però continuo a scrivere: mi sono dedicato anche alla redazione di oroscopi, recensioni di ristoranti, lettere d’amore per altri. Tanto che credo le case editrici mi reputino un autore strano, uno che può inventarsi un po’ di tutto.”
“E’ quello che deve aver pensato un editore che mi ha chiesto, anni fa, di tradurre il testo di un noto autore coreano. La storia sarebbe facile e scontata se io conoscessi la lingua, in realtà in Italia di traduttori dal coreano ne esiste solo una, donna, che vive a Bologna. I coreani però scrivono con un unico tempo il passato, e le donne non dicono, né traducono, le parolacce. Il libro che doveva essere un pulp di azione era stato tradotto tutto all’imperfetto e completamente censurato. Mi diedero questa versione edulcorata più un racconto dell’autore originale, tradotto in inglese e io praticamente ho riscritto il romanzo.”
Dalla biografia aziendale al generale
“E’ passato del tempo e mi ha richiamato l’editore di questa ardita operazione. “C’è un nostro conoscente che cerca uno scrittore per raccontare la biografia di suo padre. Ti va di aiutarlo?” Mi ero appena occupato della scrittura di una biografia aziendale. Avevo intervistato impiegati e dirigenti che avevano deciso di regalarsi il racconto della loro storia per celebrare i 10 anni di attività. Ero allenato all’ascolto. Ho calcolato un preventivo per questo figlio milanese, desideroso di lasciare memoria scritta del padre ai nipoti. Nel conto complessivo ho inserito le ore necessarie non solo all’intervista, ma anche alla grafica e all’impaginazione, oltre al costo delle numerose trasferte per raggiungere il protagonista che si trovava a Teramo.”
“Ho incontrato padre e figlio a Roma: l’obiettivo era soprattutto capire se stessi bene a chi doveva raccontarsi. Ci siamo piaciuti. Per me lui è diventato il Generale, per la sua carriera militare, è diventato incontenibile: sono stato 10 volte a trovarlo nella sua casa abruzzese. Chiacchieravamo due ore la mattina, due il pomeriggio, in mezzo il pranzo o una passeggiata. Registravo, sbobinavo, organizzavo e scrivevo. Infine ho chiesto a lui il “visto si stampi”.”
Cassetti che si aprono
“Oltre al passaggio della memoria da nonni a nipoti, per lenire anche il senso di colpa di distanze e assenze, questa operazione mi sta facendo scoprire un altro concetto importante: l’interpretazione della verità. Mi hanno chiesto “Perchè non scrivi la storia dei tuoi genitori?”. Rispondo che non posso perché loro sarebbero i primi a non volerlo. Smaschererei subito eventuali bugie ed esagerazioni, abituato ad ascoltare le vicende del loro passato o essendone stato anche protagonista. Chi decide di raccontarsi ha bisogno di mettere in prospettiva il passato con le ragioni del presente. Parlano ai nipoti, ma in realtà vorrebbero raggiungere tutti i giovani e l’umanità in generale. Aspettano che a raccogliere i loro ricordi sia una persona terza che non può contraddirli, anche quando ciò che dicono non è coerente con la versione sostenuta fino a quel momento, ma con la necessità del loro racconto.”
“Nelle tre biografie alle quali finora ho lavorato, ho controllato solo che non mi dicessero di essere al mare a pagina 10 per poi parlare di neve due righe dopo. Li ho ascoltati veramente con interesse. Ne sono stati felici anche se sapevano che per me era un lavoro. A volte mi aspettavano per aprire quei cassetti della memoria che non avevano mai concesso a nessuno. “
“All’inizio si muovevano su quello che definisco: il repertorio. Quegli episodi del passato che ognuno di noi è solito raccontare. La vita è più lunga: in mezzo c’è tutta quella parte che spesso viene tralasciata. A me bastava fare una domanda, senza nessuna necessità di precisione giornalistica ed ecco l’impensabile. “Non la mettere nel libro: questa cosa non l’ho mai detta a nessuno. E’ un segreto che mi tengo da 60 anni!” Mi ha detto un giorno il generale, ma era un aneddoto così interessante che io mi sono limitato a rassicurarlo: “Non si preoccupi, io lo scrivo, poi lei decide se cancellarlo.” Non ha tirato nessuna riga sopra, lo sapevo: per rivelare quella storia, aspettava chi non alzasse il sopracciglio.”
“Mi è capitato di fare incroci con libri o Wikipedia per verificare alcuni passaggi, e se mi rendevo conto che andavano in due direzioni diverse non mi importava. Con il generale, nella scrittura, abbiamo proceduto in ordine cronologico: dal Natale del 45 in poi. Diversa è stata la scelta con Pina, la donna di 93 anni di Genova che sto finendo di raccontare. Con lei, ad ogni capitolo abbiamo associato una persona della sua vita: madre, padre, fratelli, amici. A volte si incontrano, l’uno nella parte dell’altro.”
Una storia di personaggi con Pina
“Lei si è raccontata così, nell’italiano di chi ha fatto solo la quarta elementare, con una passione e una pienezza rari, più dirompente dal vivo che nello scritto. Pina non ha la ricchezza di vocaboli del generale ma ha la stessa profondità e una visione del mondo entusiasmante. Con lei mi sono impegnato a non modificare il tono del suo narrare, provando a vivacizzarne ritmo e lessico.”
“Sia il generale, sia Pina, sono anche in alcuni video e foto nei quali li ho ripresi e che consegno alle famiglia, ma non è questo il loro mezzo di espressione. Il libro è invece il mezzo perfetto. Per loro è la santificazione della parola e della memoria. E’ un oggetto agile. Non è facile dire se i loro nipoti lo leggeranno; d certo resta e più segnare i lettori. Un documentario necessiterebbe di una giustificazione più forte, richiede più risorse economiche e poi: non li avrei visti così a loro agio davanti ad una telecamera come con me ad un tavolino, a mangiare, o a chiacchierare, spesso dimenticando che ci fosse il registratore.”
“Con Pina il lavoro è stato più complicato perché non potevo andare oltre le due ore ad incontro, però si preparava per dirmi in quello spazio di tempo più aneddoti possibili e servendomi sempre poi un buon pranzo. Sì, perché alla fine è il senso dello stare insieme che cementa la fiducia necessaria a un lavoro del genere.”
“Raccolto il materiale, mi sono occupato io anche della parte grafica. Ho scaricato un buon programma di impaginazione; ho scelto un carattere funzionale per grandezza ai lettori; per il generale ho chiesto ad un artista di produrre tre copertine da selezionare. Dopo un lavoro condiviso di editing, con due euro e cinquanta a copia ho proceduto alla stampa da una tipografia online. Per la biografia di Pina, che presto andrà in stampa, stiamo definendo anche parecchie pagine con foto in bianco e nero dall’archivio di famiglia.”
Per non far fermare mai la creatività
“Consegnato il lavoro alle famiglie, finisce la mia relazione professionale e mi rimangono nuovi amici. Ho siglato con loro un contratto nel quale cedo tutti i diritti, tranne quelli intellettuali. Se mai volessero trarne uno spettacolo o un film, non ho nulla da pretendere, mi basta che risulti “tratto da un libro curato da Andrea Pugliese”.
“Ultimato il libro di Pina, sto valutando una quarta richiesta. In parallelo lavoro ai i miei gialli ambientati a Carloforte: ne ho già pubblicati due, per il terzo si è offerto un nuovo editore che ristamperà anche gli altri. Li sto praticamente riscrivendo tutti e tre. Il primo riuscirà a novembre. Quando, però, mi ha chiamato la mia amica della libreria In Itinere per invitarmi a presentare un libro alla sua rassegna estiva, ho risposto citando le mie biografie. “Vieni subito e parlane!”. E’ stata la sua reazione.”
Da qui “La memoria è una Matrioska” che è il titolo dell’incontro che faremo il 1 luglio, riprendendo il concetto dei cassetti che si aprono durante il racconto. Non ci sarà nessun elemento di marketing, ed è molto liberatorio. Potrò parlare senza pensare alle copie da autografare e vendere.”
“Nella vita applico la mia creatività in molti ambiti: lavoro sui contenuti. Insegno agli studenti all’Università e ai manager nelle aziende. Ogni tanto mi capitano incarichi più importanti, spesso ho più tempo per i miei progetti speciali come quello del pod cast sulle fermate della metro. Ho una raccolta di storie scritte per la linea A di Roma, potrei farlo per le altre due. Racconti da ascoltare per tenere sempre il cervello acceso.”
La traccia volante: “Tre sono i verbi che non reggono l’imperativo: sogna, ama e leggi.” Lo ha scritto Pennac in Come un romanzo, me lo ripeto spesso per mantenere fiducia nell’essere umano.
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