Scrivo, mentre sento in sottofondo le voci delle donne e di un uomo anziano sulla sedia a rotelle: parlano con i poliziotti che vogliono sgomberare loro e le altre famiglie dello stabile occupato di via Cardinal Capranica, periferia nord di Roma. Scrivo perchè non posso fare altro, ma non riesco a fare altro, in questo momento in cui vorrei essere con loro, come quella parte della mia città che non dimentica di essere stata “aperta”.
Sono armati di rabbia, di parole, di storie personali che dignitosi scambiano con quegli uomini in divisa, confidando nella loro comprensione.
Non c’è odio nemmeno nei cori che si alzano e che dimostrano una forza collettiva che non si fa spezzare dall’imponenza spropositata di un’azione militare : camionette, idranti, schierati da questa notte contro 78 famiglie e 80 bambini.
Una delle madri in strada senza gridare, dice agli agenti “girate questi scudi e difendente noi!”
E’ il senso di questa ennesima mattinata nella quale chi dovrebbe essere chiamato a tutelare i più deboli, viene impiegato per attaccarli. Non ci sono soluzioni per i bambini che da ieri notte sono rifugiati sulla terrazza di quella che sicuramente non nella legalità, ma nella mancanza di alternative, è, da quando sono nati, la loro casa.
E’ evidente nelle parole dell’assessore del comune con cui gli occupanti dialogano, che neanche questa volta ci sarà per loro una sistemazione adeguata: sorridendo, nervosa, ipotizza piani senza definire dettagli e tempi.
In quel palazzo, ex scuola abbandonata, c’è un condominio di urgenze che si è ritrovato, senza differenze e ha cresciuto figli, mandandoli a scuola; curato anziani; sviluppato progetti e relazioni sociali sane con il territorio; ha realizzato un orto.
Nella Roma, nota purtroppo per il degrado di rifiuti nelle strade, servizi inesistenti, capitale di un paese nel quale quotidianamente si registrano atti di violenza, inciviltà, corruzione, si dà l’ordine a uomini e donne dello stato di attaccare chi tenta di vivere ogni giorno, rispettando sé stessi e gli altri.
I poveri non possono essere la barricata mediatica di chi ha capito che, solo con la paura, può coprire l’incapacità a gestire la realtà.
L’uomo sulla sedia a rotelle parla con un accento del nord Italia, ripete agli agenti: “sapete quanto si spaventa un bambino, quando se lo dimenticherà. Cosa state facendo?”
La domanda centrale la sua: “é un crimine cercarsi una casa?”
Il dubbio è che si stia facendo diventare un reato la povertà, la fragilità, la debolezza per non punire i crimini veri.
Ci sono alcuni consiglieri regionali, i comitati per la casa, i movimenti, il popolo che da sempre sa che il proprio posto è accanto a chi lotta per la propria dignità. Ci sono i giornalisti che consentono di documentare e sapere cosa sta accadendo.
“Venite tra di noi, a parlare dentro” chiede una ragazza all’assessore “non abbiamo mai mangiato nessuno, anzi, spesso non mangiamo proprio.”
Attaccheranno, spero non ci saranno feriti.
Scrivo perchè non posso fare altro, mentre lo faccio, piango, come la pioggia che scende sulla mia città e non riuscirà a pulirla dall’ennesimo orrore che la sta investendo.
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