“Il discorso di Mattarella mi ha colpito. A mio modesto parere, non è stato casuale ribadire la necessità della libera stampa in un periodo nel quale l’informazione è bistrattata e c’è un problema di fuga di notizie e fake news. Ha risollevato chi come me e la maggior parte dei mie colleghi crede in un determinato modo di fare il proprio lavoro.”
Il giorno in cui si è risolta la crisi di governo, nella Sala Stampa del Quirinale, il Presidente della Repubblica ci ha tenuto a ringraziare i giornalisti per aver permesso di analizzare e seguire i vari passaggi, in maniera chiara e libera, persino a lui che ne era coinvolto direttamente. Un gesto importante che ha dato merito a chi sempre più spesso viene considerato solo come un microfono vivente di un circo mediatico senza personalità. Professionisti, apprendisti, pubblicisti, aspiranti cronisti che quest’anno hanno trascorso anche agosto, correndo tra i palazzi del potere romano per cercare di spiegare ad un pubblico di italiani confuso e distratto, cosa stesse accadendo e delineare un possibile futuro, dalla voce di chi ne è stato e ne è in qualche modo protagonista. Tra di loro, nel triangolo delle strade tra Palazzo Chigi, il Senato e il Quirinale, c’è anche Simona Berterame, 27 anni da cinque giornalista videomaker di Fanpage.it.. La sua è una storia che può sembrare comune a chi sogna di fare questa professione sin dal liceo, la modalità per realizzare questa aspirazione e interpretarla, racconta, però, di una determinazione e di una passione che meritano di essere condivisi. Nella traccia di Simona, dei suoi servizi, girati e montati da sola, si respira il senso di un’informazione attenta, precisa, non urlata con uno sguardo sensibile anche ai protagonisti più silenziosi e necessari della realtà.
La traccia: penna e videocamera
“A scuola, in particolare durante gli anni delle superiori, la mia passione per l’italiano mi portò a pensare che avrei voluto fare la scrittrice o la giornalista. Li vedevo entrambi come i mestieri della scrittura. Nella scelta ha influito una professoressa che aveva anche il tesserino dell’ordine, realizzando i suoi articoli nei ritagli di tempo. Mi piacque l’idea e cominciai a collaborare con il giornalino di quartiere. Ho proseguito con esperienze legate ad altre piccole testate fino ad arrivare all’agenzia Meridiana che vendeva i suoi prodotti, in quel periodo, soprattutto al Messaggero. C’è stato il passaggio alla videocamera a cui non avevo mai pensato. Non ho frequentato corsi, me la sono cavata affiancandomi agli altri: eravamo tutti giovani e alle prime esperienze, ma lentamente abbiamo cominciato ad uscire anche soli e a imparare a montare i nostri servizi. Seguivo qualche tutorial, solo recentemente ho fatto un corso di videomaking per affinare la tecnica.”
A Fanpage cronaca e storie speciali
“Non avevo preso in considerazione di interpretare la professione in questo modo, ma nel 2014 quando ho deciso di provare a presentarmi a Fanpage, l’informazione stava andando verso quella direzione. Il giornalista videomaker è una figura che ne permette di avere tre a disposizione: chi gira, realizza e monta il servizio. Avevo 22 anni e ho tentato di mettere la mia breve esperienza a disposizione di una realtà che era ancora poco conosciuta a Roma, a differenza della Campania dove è nata.”
“E’ stata una scelta fortunata. Posso alternare ai pezzi di cronaca e di politica, anche la realizzazione di storie nel quale recupero il senso della narrazione. Sono legata a due in particolare. La prima è la vicenda legata a Marco Vannini che ho seguito sin dall’inizio, legandomi molto alla famiglia del ragazzo ucciso. Mi sono ritagliata il tempo per poter essere in tribunale a raccontare il processo anche prima di quella sentenza al secondo grado di giudizio che ha fatto scattare l’attenzione collettiva. La seconda storia che mi porto dentro riguarda Alberto Paolini: un uomo di 80 anni che ne ha passati 40 in un manicomio solo perchè era un orfano. Non aveva nessuna malattia psichiatrica, ma certo il contatto con chi ne aveva per così tanto tempo, ha influito sulla sua vita che ha raccontato in un libro. Me lo hanno fatto conoscere alcune persone che lavorano nei progetti legati a Santa Maria della Pietà, l’ex manicomio di Roma. Quando l’ho conosciuto viveva da poco in una casa popolare dove tuttora è seguito dagli operatori della Asl insieme ad altri ex pazienti.”
“Una piccola storia che mi ha segnato per la tenerezza del protagonista. Sono quei pezzi a cui amo dedicare tempi diversi rispetto a quelli convulsi legati alle vicende di cronaca o ancora di più alla politica. I servizi per cui si può tornare in redazione a fare il montaggio e non quelli che ormai riesco a confezionare anche seduta in un bar o in bilico sul gradino di un portone. Non si lavora mai meno di dieci ore al giorno, ma quando capitano situazioni speciali come quella che si è verificata durante questo mese di agosto, si può uscire all’alba e rientrare a casa a notte fonda.”
Vigili nella crisi
“Ho vissuto la crisi di governo in maniera spezzata: travolta dall’”apocalisse” inaspettata nei primi giorni, ho potuto staccare con una settimana di ferie in mezzo, sperando che tutto si risolvesse, sono tornata invece per potermi dedicare a tutte le battute finali. La nostra vita è fagocitata dagli eventi che non seguono una logica temporale: ci si butta al centro la mattina presto e si aspetta una conferenza stampa o una dichiarazione volante. Si possono trascorrere ore fermi nell’attesa per poi iniziare a correre da un palazzo all’altro. Bisogna sempre rimanere vigili per capire dove è necessario andare, per fortuna, finora ho trovato grande solidarietà con i colleghi: siamo tutti nella stessa barca.”
“Mi piacerebbe raccontare anche la crisi attraverso una narrazione, andare oltre la clip con l’intervento del politico: mettere insieme le parti centrali delle varie conferenze stampa, stralci del giuramento, alternando le immagini del nuovo murale di tv boy, scegliendo le musiche adatte per rendere anche l’atmosfera. E’ quello che fanno a Propaganda Live, chissà che in futuro non possa farlo anche io. “

“Ho raggiunto i miei obiettivi, lavorando con passione, appoggiata dalla mia famiglia, è capitato che mio padre mi venisse a riprendere la sera dopo che avevo girato un servizio su qualche caso di cronaca, ora sento di aver trovato la mia strada verso obiettivi da raggiungere con lo stesso amore per il racconto e la scrittura anche attraverso la videocamera.”
La traccia volante: informare è un dovere morale della professione, raccontare è la linfa vitale dell’essere giornalista.
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