“Per esperienza, non per teoria, dico che in questi mesi di sofferenza, acuta per alcuni, le parole possono avere valore di cura. Ancor di più se poetiche: offrono uno sguardo diverso sulle cose, tengono insieme i pensieri e provano a ricostruire i frantumi dell’anima. Potente può essere anche una “sciocca filastrocca.”
Quanto dolore stiamo provando in questi giorni! Sgomento e inquietudine ci bloccano davanti alla realtà di terrore e aspro silenzio che sovrasta le nostre città. Alcune, in particolare, sono avvinte da atmosfere così cupe da chiuderne la prospettiva. Le parole per raccontare i sentimenti che stiamo provando sono schiacciate dalle immagini così nette e definitive. C’è una piccola àncora per l’anima di chi non vuole smettere di credere e sperare. Non ha abbandonato i popoli in guerra, ha descritto passato e futuro di intere generazioni con la leggera profondità di un verso. E’ la poesia: riesce a scavare dove tutto sembra perduto e a nutrire una luce. Senza offendere chi non ha la forza di leggerla, attende, discreta coloro che potranno trovare nutrimento e comprensione nelle sue rime. Domani è la giornata mondiale che ne celebra la bellezza. Franca Perini è una poetessa, ha scritto per il teatro e per i bambini, connessa con l’infanzia attraverso la purezza e la spontaneità del sentire. Da tre anni annota i suoi versi nel telefono e poi li condivide su Facebook. Ha pubblicato vari testi e albi illustrati, l’ultimo,“L’infilatrice di lacrime”, per Kalandraka editori, insieme ad Anna Pedron, è stato tradotto in diverse lingue. A lei che vive a Bassano, in quarantena dal 21 febbraio, ho chiesto come e quanto la parola poetica possa aiutarci ad affrontare anche questo invisibile nemico, portatore di angoscia, morte e difficoltà di speranza. La sua è una traccia che lieve si posa sul cuore e lì rimane.
La traccia: rime e versi
“Dal 21 febbraio nel paese è tutto bloccato. Per me non è cambiato molto. Vivo in quarantena per motivi personali da circa quattro anni. Il dolore è entrato prima degli altri nella mia quotidianità, ha sostato a lungo, abituandomi a stare sola, ma non distante dalla realtà. Abito con la mia mamma di 93 anni nella nostra casa pienissima di oggetti. Sono abituata a stare con lei, tenendomi pochi spazi per me, in queste settimane ho chiuso per un po’ anche quelli. Con Massimo, mio marito abbiamo fatto per tutta la vita teatro, incontrando tantissime persone. Da quando lui se ne è andato, il mio tempo è rimasto sospeso, interrotto solo da eventi come la Fiera del libro per ragazzi di Bologna che purtroppo quest’anno non si farà. Compagna affidabile e sicura, era e rimane la scrittura. L’ho coltivata nei testi degli spettacoli come pure nelle rime delle canzoni del nostro teatro di figura e poi nelle storie per i ragazzi. La sua esplosione nella poesia, per aiutarmi a mettere in fila i pensieri, è arrivata nel momento in cui ne ho avuto più bisogno. Durante il periodo nel quale la sofferenza è stata devastante, sono affiorate le parole che non mi lasciano mai: perfino di notte, nei sogni, compongo in rima. E’ la risposta alla necessità intima, urgente e profonda di tenermi insieme.”
“I componimenti che pubblico su Facebook li penso e scrivo in dieci minuti. Non avrei mai creduto di tenere così tanto al mio smart phone. Ho 988 poesie memorizzate nel block notes, se perdo il telefono è una tragedia. Difficilmente avrei accostato la mia personalità anche ai social. La mia pagina Facebook l’ha creata Anna Pedron con cui ho realizzato l’ultimo albo illustrato per i bambini. In un primo periodo avevo solo pochi contatti, tutti conosciuti poi, senza che fossi consapevole di ciò che avrebbe potuto scaturire, ho messo un commento sotto ad un post di Enrico Mentana che ha segnato il prima e il dopo nel mio rapporto con i social.”
“Ricordo che c’era stato uno speciale di Radio tre per celebrare l’anniversario della nascita di Primo Levi a cui erano seguite imbarazzanti reazioni di chi aveva commentato “Ma basta, ancora con questa storia degli ebrei…” Mentana manifestava il suo sgomento rispetto a questo sentire ed io mi sono limitata a raccontare un mio aneddoto personale che reputai pertinente. Mio marito era un insegnante di chimica, un chimico come Primo Levi e, come lui, ebreo, anche se non praticante. Quando è morto, la scuola raccolse dei soldi e mi chiese se volessi che li utilizzassero per una corona. Io che avevo organizzato per lui un saluto speciale, in teatro con oltre 400 persone, risposi che preferivo che quella somma comprassero i libri di Primo Levi per la biblioteca. Sulla prima pagina di ognuno di essi incollai un ritratto di Massimo, affinchè la sua memoria rimanesse legata a quei testi. Mentana rimase colpito e isolò questo mio commento, mettendolo in evidenza. Da quel momento, per due giorni, ininterrottamente, mi sono arrivate centinaia di messaggi, qualcuno anche cattivo e tantissime richieste di amicizia. Per me, che ho sempre avuto un gran bisogno di rapporti umani, è stato un tesoro donato.”
“La mia bolla di Facebook allargata è rimasta accogliente, non ho mai avuto riscontri negativi rispetto a quanto scrivo in forma poetica. Ho deciso di condividere con gli altri anche se le rime provengono da una mia dimensione intima. Non racconto i miei fatti personali, ma offro le mie suggestioni. E’ come se aprissi una finestra nella casa piccola che condivido con mia mamma, la gatta Fiaba e tantissimi quadri, libri e oggetti. Qui dove la poesia mi ha salvato, leggendo quella di altri, che sento gigante rispetto ai miei versi e scrivendone. Quando il dolore si è fatto così incomprensibile, mi ha aiutato per provare a rimettere insieme il cuore.”

“Per esperienza, quindi, non per teoria, affermo che in questi mesi di sofferenza, tanto acuta per alcuni, le parole possono avere valore di cura. La parola di cui io custodito il valore sul palcoscenico, nelle relazioni, nello studio e nel lavoro. Ancor di più se è poetica perché ha la funzione di creare immagini e pensiero, non solo emozioni e offrire uno sguardo nuovo sulle cose: potente, certe volte anche nel suo essere sciocca.”
“Per essere cura, però, va curata oppure rischia di svuotarsi ed impoverire il pensiero che trasmette. Tanto di quello che scrivo è rivolto all’infanzia perché è un mondo a cui sono connessa: alla mia e a quella dei bambini di ieri e di oggi. Ho scelto di fare teatro per l’infanzia perché questo volevo fare. La mia tesi in psicologia evolutiva era dedicata alla “Empatia attraverso la narrazione. Sento verso i bambini la responsabilità nell’uso delle parole, anche quando compongo qualcosa che sembra innocuo come una filastrocca. Non dimentico mai che la forza della scrittura poetica va al di là delle contingenze. Come ora, i miei pensieri in rima si imprimono per restare e vibrare anche quando saremo fuori da un contesto tanto doloroso.”
La traccia volante: Sonno di Franca Perini.
La Bella Addormentata
per cent’anni chiuse gli occhi.
La mela avvelenata negli spicchi
impose a Biancaneve
un lungo sonno
che pareva morte.
Grande il dolore
e forte tutto intorno.
Soltanto la natura respirava lieve.
Un giorno
con amore e per amore
fu il risveglio
e il peggio all’improvviso
mutò in meglio.
L’angoscia abbandonò
il respiro degli umani.
Di nani
principesse re e regine
di bimbi madri padri
e di bambine.
Di amici di fratelli di sorelle
di vecchi puntellati alle stampelle
ciechi e muti.
Di volti sconosciuti.
Si accese di più stelle
il firmamento.
Una per ogni vita
perduta in quel frattempo.
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