Si chiamano Ivette Bartolini, Giulia Paolini e Marco Giangolini: hanno restituito, volontariamente, i buoni spesa in più, ricevuti per errore, per farli dare a chi ne ha più bisogno. Nella fase due si ripartirà se ci si comporterà come loro: attenzione presente e prospettiva futura.
E’ giusto, a volte, liberarsi e affermare con nettezza le responsabilità. Certo sarebbe utile a questo punto fare l’appello totale di chi ha commesso scelte scellerate per i destini della comunità. Oltre a quelli di chi vuole lucrare politicamente sulla pandemia (certo non una sorpresa, dati i soggetti); si attendono nomi e cognomi di coloro che hanno gestito fette di sanità pubblica per il proprio tornaconto personale, rendendo così vulnerabili le strutture nelle quali lavorano, allo stremo delle forze, spesso senza presidi necessari, medici, infermieri, e personale ospedaliero. Oggi sono considerati eroi, mentre sarebbe più onesto definirli “martiri” del proprio mestiere.
Fuori le identità di coloro che hanno creato un sistema di ricchezze sulle residenze sanitarie assistite e le case di cura, per poi affrettarsi a nascondere la realtà di luoghi senza protezione per chi ci lavora e chi cerca di essere assistito. E se mettessimo in fila, in un elenco dettagliato, i tanti che negli anni si sono considerati più furbi per aver evaso le tasse, indebolendo le potenzialità di ogni servizio pubblico, scuola compresa. Sì quella istituzione così vituperata oggi perché non riesce a raggiungere in maniera virtuale gli studenti di tutto il paese: strano stupirsi ora, bastava fare un giro per le classi, spesso prive di lavagne e con banchi vintage, non per scelta, con insegnanti precari cambiati anche due volte l’anno.
La delazione è aberrante non più dell’omertà e dell’ipocrisia, ma in questa giornata che precede la Pasqua, nel tentativo di interpretare, in maniera laica, la speranza che è legata alla ricorrenza, ci sono tre nomi che vorrei fare. Sono legati alla piccola città nella quale ho deciso di vivere, Pesaro, una delle più colpite dal Coronavirus. Si chiamano Ivette Bartolini, Giulia Paolini e Marco Giangolini: hanno restituito, volontariamente, i buoni spesa ricevuti per errore, per farli dare a chi ne ha bisogno. Non stiamo parlando di ricchi imprenditori o proprietari di ville sulla costa, ma molto di più: persone oneste che hanno pensato agli altri.
Vedo loro e penso a quanti avranno fatto richiesta anche per altri contributi, messi a disposizione per superare l’emergenza, solo perché rispondevano ad uno dei criteri previsti, magari avendo tutte le possibilità di farcela lo stesso, per principio, perché : “se lo Stato da’, mica si è fessi da non prendere”.
Fuori da ogni polemica e giudizio, mi piacerebbe credere che nella fase due si ripartirà come hanno deciso di fare Ivette, Giulia e Marco con una attenzione presente e una prospettiva futura. Sembra retorico, ma è necessario ribadire con nettezza che se ognuno facesse il proprio piccolo dovere, ne verrebbero benefici a tutti. E’ la lungimiranza che insegnavano i nostri anziani, coloro che silenziosamente ci stanno lasciando, dopo averci consegnato l’amato paese piegato dalla guerra, ricostruito seguendo una prospettiva definita.
Buona Pasqua, quindi, a chi la festeggerà a casa, pensando che ce la faremo, solo se sapremo andare oltre l’egoismo personale, insieme.
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