Enzo è Giangurgolo, maschera che dona il sorriso

“Il senso del mio attaccamento al personaggio sta anche nella sua storia, così intrecciata con quella della mia terra, la Calabria. Difficoltà, coraggio, libertà e amicizia. Continuo a rappresentarlo nei teatri e nelle piazze.  La gente torna a vederci e si dispiace quando finisce. E’ la magia del mio lavoro per cui ringrazio anche Giangurgolo.”

enzo duePrima che il calendario si fermasse e venissimo trascinati nell’ansia di un pensiero unico, si festeggiava il carnevale. Erano gli ultimi giorni di febbraio nei quali i bambini indossavano costumi e tiravano coriandoli per le strade. Cercavo un modo per raccontare la tradizione che vive dietro a carri e feste, tralasciando le maschere tradizionalmente conosciute, mi ero imbattuta in Giangurgolo. Una figura della commedia dell’arte che unisce l’epica al presente di una terra, spesso evocata per luoghi comuni e pregiudizi: la Calabria. Ad interpretarne le gesta eroiche, attraverso la satira e la commedia, ci pensa da più di venti anni l’attore e drammaturgo Enzo Colacino, catanzarese doc. Nella sua esperienza artistica si intreccia arte e volontà di divulgare valori e colori della sua regione anche con i corsi di dialetto, a scuola come nei social. La conversazione con Enzo quel martedì grasso che pare così lontano, fu piacevolissima. Mi raccontò la leggenda del suo Giangurgolo e quella sua per riuscire a portarlo alla ribalta nazionale, durante la sfilata organizzata dal Comitato delle maschere italiane di Parma, per poi trovarsi tra i protagonisti di quasi tutte le manifestazioni principali del Carnevale. Una identificazione emozionante dalla quale emergeva il riconoscimento del potere del teatro di unire, emozionare e narrare storie lontane e vicine nel tempo. Ho conservato gli appunti della nostra chiacchierata, posticipando la trascrizione, a momenti nei quali sarebbe stato permesso alla nostra mente di tornare a divagare. Ieri ho mandato un messaggio ad Enzo che invece ha, giustamente, continuato ad interpretare il suo ruolo, senza farsi fermare dal virus. In un minuto di vocale ha sintetizzato la perfetta premessa per introdurre, ora, la traccia che mi aveva lasciato a febbraio.

“Non ci lamentiamo. Stiamo bene. Oggi sono andato dal parrucchiere, mi sono tagliato finalmente la zazzera che avevamo un po’ tutti. Certo, sabato e domenica saremmo stati a Parma con il Festival delle maschere, se non ci fosse stata la pandemia. Non sono stato inattivo, però, anzi. Ho fatto delle dirette che sono state molto gradite specialmente dai calabresi che stanno fuori, addirittura oltre oceano: sentire la voce, il dialetto, raccontare aneddoti, far rivivere posti della città mi ha portato un bellissimo riscontro. Ho  continuato poi, tramite skype, il corso di dialetto con l’istituto Grimaldi Pacioli, lezioni vere e proprie. Sono intervenuto su Rai tre e in varie tv private che mi hanno chiamato per capire cosa facessi e come mi sentissi in quarantena. Da qualche giorno, ogni mattina, sono su Radio Ciak, chiamato da Mimmo Macario, per lo spazio dalle 9 alle 9.30. Dal lunedì al venerdì mi sono inventato di fare indovinelli in dialetto, nessuna volgarità, ma doppi sensi simpatici che suscitano risposte divertenti. Per il resto osservo scrupolosamente i dettami del governo e spesso rido di ciò che combinano le nostre istituzioni locali, non siamo gli unici a sorriderne.”

Da Enzo a Giangurgolo, per una traccia che spero offra anche un piccolo contributo a far capire quanto il teatro con le sue maschere, i suoi attori e tutte le maestranze che ci lavorano, sia fondamentale per superare ogni avversità, con la semplice forza della parola, pronunciata anche in dialetto.

La traccia: il potere della maschera

“Dal 1984 faccio teatro in vernacolo, per la precisione in dialetto catanzarese, lingua che insegno nelle scuole, in alcune librerie e online dal mio profilo Facebook. Nel 2000, con una compagnia, ho cominciato a mettere in scena le commedie, scritte e dirette da me. Nel 98 è entrato nella mia vita artistica Giangurgolo, maschera della commedia dell’arte. Mi sono trasformato in lui nello spettacolo “Imbroglio d’amore”, da allora non l’ho più lasciato.”

“Nel 2013 una mia amica che lavora nella Regione Calabria mi ha informato di aver ricevuto un fax dal Comitato Maschere italiane di Parma. In procinto di organizzare il Festival nazionale, chiedevano se ce ne fosse una calabrese. E’ bastato questo accenno e mi sono mosso. Chiamai io gli organizzatori della manifestazione che si svolge ogni anno a metà maggio. Decisi di partecipare, portando quel personaggio che purtroppo, anche per molti calabresi, era sconosciuto. Ho voluto farlo nel rispetto massimo della tradizione, per cui chiesi ad un’amica cartapestaia di Lecce di realizzare la maschera. Rosaria Paliara è stata eccezionale, si è così affezionata anche lei a Giangurgolo da farne delle statuine che ha nella sua bottega. Per i vestiti mi rivolsi a Maria Antonietta Lo Prete, sarta di Ago e Filo a Catanzaro.”

“Pronto a sfilare, sono partito, a spese mie e mi sono ritrovato tra le altre maschere a Parma. Chiesi solo alle istituzioni locali se avessero dei libri da portare per far conoscere la nostra amata terra, li avrei distribuiti volentieri. Mi risposero di andarli a prendere a Vicenza: una ditta della città veneta aveva vinto una gara per allestire degli stand in una fiera ed era rimasta depositaria di questo materiale. Non è la sola stranezza regionale a cui mi sono abituato. Salii a Parma insieme al mio amico Alessio Bressi che suona l’organetto. Non andai a prendere i volumi in Veneto, proposi di farmene recapitare qualcuno in albergo. Mi mandarono un pacco di depliant che, per mia grande gioia, mi presero dalle mani durante la sfilata: una dimostrazione di interesse che mi ha commosso. Tanto che per il secondo anno di partecipazione al Festival andai direttamente in Regione a chiedere se ci fosse più materiale di propaganda. Mi indicarono una stanza in cui trovai buttati libri e cartoline: ne presi più che potevo. Dal terzo anno ho deciso di partire con l’aereo da Lamezia a Bologna e poi in treno: potevo portare meno peso, ma tanto le istituzioni locali non ne erano molto interessate. Solo una volta ho ottenuto un piccolo contributo dal sindaco.”

enzo museo delle maschere

“Non mi importa, io lo faccio per amore della mia terra, perché ormai sento Giangurgolo come una parte di me e a Parma è proprio bello ritrovarsi con gli altri personaggi della tradizione italiana. Per questo mi è dispiaciuto nel 2016 dover saltare per motivi di salute. Nel 2017 c’è stata, però, un’occasione in più per rientrare. Il comune di Bardi, a pochi chilometri da Parma, aveva messo a disposizione del Comitato delle Maschere ben 8 otto sale del maestoso castello che domina il paese, per realizzare un museo permanente. A quel punto dovevo superare la precisione. Mi sono rivolto ad una cartapestaia di Reggio Calabria, Elena Iacopino per creare il manichino di Giangurgolo perfetto: maschera, costume e spada di legno. Così lo si può trovare nel Castello di Bardi: creatura frutto di storia, amore e arte, con un piccolo contributo economico della Regione. Nel frattempo per partecipare anche ad altre manifestazioni nelle quali le maschere sfilavano in coppia, ho inventato quella di Calabrisella, indossata da mia moglie, Nuccia. D’altronde chi poteva interpretare al meglio un’antagonista con la quale battibeccare.”

enzo e calabrisella“Insieme partecipiamo ogni anno alle diverse sfilate da Borghetto Santo Spirito in Liguria a Chieri in Piemonte, con un’attenzione speciale a quella di Parma: sono diventato anche membro del direttivo del comitato, per cui sono aumentate le occasioni di dover salire. Mantengo la mia indole foscoliana: saremo ricordati per quello che faremo. Giangurgolo porta il sorriso, è un’offerta preziosa che viene accolta sempre con affetto. L’Emilia è quasi una seconda patria. Ricordo l’emozione dell’anno scorso nell’affacciarsi dal balcone del Comune durante il Carnevale di Modena. In Veneto, a Verona, invece, mi hanno chiesto perché ci avessimo messo tanto tempo prima di partecipare, non mi sono fatto scappare la battuta: “e voi quanto ci mettete prima di venire in Calabria?”

enzo giangurgolo leggenda“Il senso del mio attaccamento alla maschera sta nella sua storia così intrecciata con quella della mia regione. La commedia vuole che risalga alla figura di un trovatello Giovanni, affidato nel 1597 alle suore del Convento della Stella di Catanzaro. Una volta cresciuto, viene mandato dai Monaci del Monte, dove uno dei frati lo istruisce all’arte della caccia. Durante una battuta, trovano un generale spagnolo Giangurgolos, ferito mentre stava andando dai calabresi a mostrare una strategia per liberarsi dagli spagnoli. Giovanni prova a curarlo, ma il generale muore, assegnando al coraggioso ragazzo la lettera da comunicare ai concittadini. Entra in scena il teatro. Giovanni torna a Catanzaro dove allestisce un carro ambulante sul quale gira, recitando una satira per far passare le indicazioni per attaccare gli spagnoli. Scoperto, viene costretto all’esilio da cui torna mentre la città è colpita dalla peste. Incontra un amico malato, si abbracciano e muoiono entrambi.”

enzo finale“E’ una storia che mette insieme difficoltà, coraggio, libertà e amicizia. Forse per questo non posso smettere di raccontarla e incarnarla con il personaggio che la evoca, attraverso il teatro. Continuo a rappresentarlo nei teatri e nelle piazze. Lo abbiamo portato nei laboratori che si organizzano in carcere e anche nei reparti di oncologia pediatrica, per provare a regalare i sorrisi più difficili. Amo provare le emozioni davanti al pubblico. Abbiamo messo in scena tante repliche delle commedie perché vediamo quanto sono apprezzate. La gente torna a vederci e si dispiace quando finisce. E’ la magia del mio lavoro per cui ringrazio anche Giangurgolo.”

La traccia volante: Oja è ‘na bella jurnata.

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