Il diritto al divertimento

“Solo una settimana fa, il mondo dello spettacolo si è scandalizzato perché il Presidente Conte ha usato il verbo divertire per descrivere la missione degli artisti, vorrei che con pari indignazione si sollevasse per consentire a tutti coloro che lo desiderano di assistere a concerti, visioni cinematografiche ed esibizioni teatrali, senza discriminazioni.”

valentina notiziaCosì non è, lo sanno bene le persone con disabilità per le quali è difficile anche solo capire se il luogo dell’evento, a cui vogliono partecipare, sia accessibile, rendendo quindi un’impresa solo comprare il biglietto. Per non parlare dei posti nei quali sono costretti a non sentire e non vedere ciò che desiderano e per cui hanno pagato.

Valentina Tomirotti, giornalista e blogger mantovana, conosciuta come la Pepitosa, ha affidato ad un tribunale la rivendicazione del diritto ad assistere ad un concerto nelle condizioni degne di un paese civile. Due giorni fa la sentenza, imbarazzante che si spera farà discutere e possa servire da stimolo per arrivare a provvedimenti diversi e decorosi.

valentina super simoHa seguito la vicenda sin dall’inizio SOTTOILPALCOANCHEIO, la pagina Facebook gestita da Simona Ciappei, nata proprio per rivendicare la libera o quantomeno giusta collocazione dell’area disabili in ogni luogo nel quale si organizzano manifestazioni culturali.

Il 29 settembre del 2019 Valentina, dopo aver pagato il biglietto, è andata al concerto di Coez all’Arena di Verona, ma non ha visto nulla. Davanti e intorno al suo posto, nella 26° fila della platea, il pubblico è stato per l’intera serata in piedi, oscurando ogni prospettiva a chi come lei, in carrozzina, non poteva permettersi di farlo. All’Arena sono previsti 35 posti disabili su 20000. Valentina ha scelto di denunciare quanto subito e portare in tribunale Arena Srl, Fondazione Arena e l’organizzatore dell’evento, Vivo Concerti.

valentina transenne

Nel suo sito ha precisato: “Ho deciso di farlo perché non si può più far finta di niente e continuare a subire un trattamento così lesivo per i nostri diritti, è una mancanza di rispetto enorme come essere umano: continuiamo a pagare i biglietti per assistere a spettacoli o concerti che in verità, il più delle volte, riusciamo solo ad “ascoltare”. Il mio non è un episodio isolato, è praticamente la prassi perché non esiste un piano di gestione di queste idonee postazioni che mettano in campo la sicurezza e il buon senso.”

Dai suoi canali social ha proposto poi quello che dovrebbe essere un provvedimento celere da applicare in una democrazia.

“Si decreti un iter omogeneo da far applicare a tutti gli organizzatori di eventi o luoghi che accolgono tali manifestazioni. Bisognerebbe tornare all’idea di creare queste aree protette sotto al palco, dove la sicurezza è maggiore per la presenza del personale di sicurezza. E vanno sensibilizzati i musicisti.”

Peccato che non solo non si siano mossi in questa direzione i legislatori, ma il Tribunale di Mantova abbia fatto peggio. Rigettata la sentenza per la causa di condotta discriminatoria, Valentina, che ha avuto il supporto legale gratuito dell’Associazione Luca Coscioni, è stata condannata a pagare anche i 5 mila euro di spese processuali. L’istanza è stata considerata “infondata” perché, come rivendica Valentina: “il Giudice non ha colto il problema: nessuno dichiara che Arena di Verona non sia accessibile, ma il concerto in questione e tanti altri non sono manifestazioni accessibili e inclusive per la fruibilità. La sicurezza è affare primario, ma alternative ci sono: ad esempio informare preventivamente del rischio di non vedere nulla così da evitare l’acquisto del biglietto.”

Pesano le sue parole.

valentina bella“Ho subito il danno, ho pagato un biglietto per niente e un giudice ha sentenziato che ad un concerto è importante sentire. Il problema non è risolto, la sentenza è pubblica, ma la discriminazione perpetua. Il mondo si cambia a piccoli passi, ma i bocconi amari hanno la pesantezza di farmi perdere la fiducia negli esseri umani.”

Ha ragione Valentina, come pure Simona e tutti coloro che vorrebbero solo il rispetto di un diritto: la loro legittima richiesta deve essere portata avanti dall’intero pubblico che crede nella libera espressione dell’arte. In prima fila a battersi si devono schierare anche gli stessi artisti.

Come si ribadisce dal profilo Sottoilpalcoancheio:

“si tratta di rivendicare la libertà di scelta, della parità tra esseri umani. È un urlo contro le differenze, contro la discriminazione.”

Non sono pretese assurde, ma richieste di assoluto buonsenso che spaventa scoprire non siano già garantite. Le persone con disabilità devono poter scegliere il settore dove vogliono godere dello spettacolo per cui pagano il biglietto. Laddove non ci sia la possibilità, si deve riservare loro l’area protetta sotto il palco perché ci sono le vie di fuga, il maggior numero di addetti alla sicurezza, i volontari del 118 ed i medici. Bisognerebbe semplificare l’acquisto del biglietto: la messa in vendita per i disabili coincida con quella per i normodotati. Ci deve essere trasparenza sul numero dei posti riservati e sull’ubicazione dell’area disabili prima dell’acquisto del biglietto che poi sia come quello di tutti gli altri: un fan ticket con il nome del cantante stampato, non bianco e triste. Sia concessa la possibilità di assistere ad un evento insieme ad amici e parenti. Ad oggi viene assegnata una gratuità ad un accompagnatore con un posto spesso distante da colui o colei che accompagna. Pagando il giusto sarebbe lecito che una persona con disabilità possa godere di uno spettacolo con la propria famiglia  o chiunque si voglia accanto.

Non si chiede di stravolgere l’organizzazione di un settore, ma, proprio perché in questo periodo si trova in una situazione di particolare difficoltà nella quale sono ben accette idee e proposte, è giusto si considerino prioritarie anche queste. Non può essere la sentenza di un Tribunale che condanna chi ha fatto notare l’esistenza di una discriminazione, il primo passo!

valentina finaleValentina non si fermerà come non lo faranno Simona e i tanti che non vedono la propria disabilità come un freno per divertirsi ed emozionarsi ad un concerto. Non devono essere soli, come diceva Ezio Bosso: “La musica è come la vita, si può fare in un solo modo, insieme.”

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