C’è chi, ogni giorno, mostra uniformi diverse che non gli appartengono per vestire un coraggio che non ha. Io, che ho paura e lo ammetto, provo a mettermi nei panni di chi indossa indumenti donati perché ha dovuto abbandonare o ha perso i propri. La mia è un’altra divisa.
Sono nella maglia che dovrebbe essere più calda di una madre che sentiva sé e la sua famiglia al sicuro ed ora non riesce a capire cosa stia succedendo. Allunga le maniche, stringe le dita sui polsi per trovare la forza di spiegare, ancora una volta, ai propri figli che andrà tutto bene, anche se non sa dove li stiano portando e non può rispondere al “perché” si stiano allontanando da quella che stava diventando una casa.
Sono nel grembiule che diversi bambini oggi non metteranno. Hanno impedito loro di tornare nella scuola dove avevano nuovi amici, le maestre, un programma da seguire, le figurine da scambiare: una quotidianità da cui vengono strappati, senza motivi comprensibili.
Sono nella felpa di un ragazzo con il cappuccio sollevato. Prova a ripararsi dalla pioggia che cade fitta a ferire gli occhi, le guance, la bocca, confondendosi con le lacrime: c’era la partita che doveva giocare con la maglia della squadra nella quale era stato preso, ma lui non ci sarà, non perché non sia stato convocato.
Sono nella sciarpa di una donna che la copre fino a sopra il naso. Aveva provato ad indossarla solo fino alla gola, per tornare a mostrare il viso, alto e fiero. Camminava per le strade della sua nuova, possibile, vita, con la dignità, svilita da violenze e soprusi, che si stava ricomponendo in un lavoro, amicizie e forse un amore.
Sono nella giacca di un uomo, più grande della sua taglia. E’ zuppa d’acqua, forse non passa dentro, ma la priva di una forma come la rabbia di chi non vuole tornare ad essere senza identità. Non era più un numero su una tessera, ma un collega, un collaboratore, un sorriso, un padre forte.
Con il rispetto per chi la divisa la porta perché rispecchia la propria professione, vorrei essere in quella di un militare dell’esercito per avere la cura di non eseguire un ordine e basta, ma farlo in maniera umana, ricordando che sono bambini, donne e uomini che cercano aiuto e non creano pericolo.
E poi vorrei stare nei panni di chi può scegliere cosa indossare.
In quelli della madre dei compagni di classe dei bambini che non torneranno a scuola, per spiegare ai figli che è una profonda ingiustizia se i loro amici non ci sono e che è, invece, giusto, studiare e crescere insieme.
Starei nella borsa dell’insegnante che deve tenere una lezione speciale come quelle che non aveva fatto finora, perché per tutti erano uguali. Ricorderei che la scuola è il luogo del confronto e del futuro, ribadendo agli alunni che lo stavano costruendo con chi già aveva vissuto troppo passato e presente e che ora continueranno a farlo, perché nessuno si permetta più di togliere dei bambini dalle loro aule.
Sto nella fascia di quel sindaco che, rispetto a molti suoi colleghi, in piazza per allontanare e cacciare chi chiede solo di essere accolto, rivendica la presenza di coloro che, con i suoi cittadini, stavano portando avanti progetti di condivisione e di inclusione.
Mi ritaglierei uno spazio nello zaino di un operatore che ha messo in pratica ciò che aveva imparato sulla mediazione: si è confrontato con lingue e culture diverse, ogni giorno, ed ora non vuole accettare che sia stato tutto inutile e che non potrà più farlo.
In realtà sono seduta al mio computer, con il mio maglione caldo della taglia giusta; ho accompagnato i bambini a scuola, Luca aveva il suo bel grembiule stirato; ho sentito Gian che è a lavoro, in giacca e cravatta; scrivo perché è quello che ho sempre amato fare e posso continuare a farlo. Fuori pioveva neve sciolta, ora c’è il sole, ma non importa, tanto io sono al riparo: so dove starò questa sera e nei prossimi giorni.
Non posso fare molto per gridare la mia rabbia contro chi sta spogliando il nostro paese, provando a strappare la solidarietà e la speranza, ma non metterò mai la loro divisa.
Bravissima Valeria, non potevi dirlo meglio e io condivido ogni parola
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