“Il mio obiettivo è rendere Peppino una figura collettiva, condivisa da tutti, a partire dalla cittadinanza di Cinisi. Vengono da ogni parte del mondo a visitare Casa Memoria, ormai è una realtà che non si può ignorare anzi bisogna che se ne senta sempre più l’orgoglio dell’appartenenza.”
Peppino Impastato aveva solo 30 anni quando il boss mafioso Tano Badalamenti lo fece uccidere. Non si poteva consentire ad un ragazzo, armato di cultura e di libertà, di esprimere le sue idee di giustizia e di uguaglianza e di coinvolgere nelle sue rivendicazioni per la difesa dei valori e di un territorio, una collettività abituata a stare nel silenzio e nell’omertà. C’è voluta la determinazione e il coraggio straordinario della sua famiglia per impedire che il suo sacrificio fosse vano e per arrivare alla condanna dei colpevoli di quell’omicidio di mafia. Una donna, più di tutti, una madre, Felicia Bartolotta Impastato ha deciso di dedicare tutto il resto della sua vita alla giustizia e alla memoria per quel figlio straordinario. La loro casa è diventato un museo libero, frequentato da migliaia di studenti che arrivano da ogni parte del mondo. Dal 2013 la responsabilità della Casa, della gestione diretta della sua storia e della trasmissione della memoria è passata nelle mani e nel cuore di un’altra donna della famiglia che oggi ha un anno in più di quando fu ucciso Peppino. Luisa Impastato, figlia di Giovanni, è presidente di Casa Memoria con un direttivo di ragazze giovani e determinate. Per il 41° anniversario dalla morte, insieme ad altri volontari ha organizzato il programma delle iniziative, dal 5 al 9 maggio, per ricordare le battaglie e la figura di suo zio Peppino Impastato. Il testimone passa, l’obiettivo resta: far crescere le radici di una pianta con ramificazioni lunghe e forti che riescano ad attraversare tutto il paese, superandone anche i confini, partendo da Cinisi, per resistere, nella bellezza, contro ogni sopraffazione e oscuro disegno delle mafie. Luisa mi ha raccontato il senso di questa storia e di questa bella aria di libertà nella quale sta crescendo i suoi due bambini.
La traccia: l’impegno della memoria di Peppino Impastato e delle sue battaglie
“Mi sono sempre sentita coinvolta dalla storia di Peppino che sento anche mia. Ho visto la battaglia per la giustizia e l’impegno per la memoria, quando ero più piccola, dietro le quinte, poi ho deciso di farmene carico in maniera più diretta, diventando presidente di Casa Memoria nel 2013. Ho 31 anni: mi fa impressione pensare che quando è stato ucciso, mio zio fosse più piccolo di me. Ho sempre vissuto il confronto con lui come con una figura più grande e importante, ora che ho superato la sua età, riflettere sul fatto che fosse un ragazzo trentenne a combattere tutte quelle giuste lotte, aumenta il mio senso di responsabilità di portarne avanti le istanze e il ricordo.”
“E’ una storia che mi rende orgogliosa e mi fa sentire fiera del mio cognome anche quando mi ritrovo, purtroppo ancora adesso in alcuni momenti, a doverlo difendere in attacchi nei social. Resistono alcuni pregiudizi soprattutto qui a Cinisi rispetto a Peppino e alle nostre iniziative. Non mi sono mai tirata indietro, ho sempre risposto, convinta che si arriverà, anche qui, a capire fino in fondo il valore di quanto ha fatto direttamente lui e poi la mia famiglia, dopo la sua morte. Abbatteremo definitivamente le resistenze che credo siano legate al fatto che la figura di mio zio porta a guardarsi troppo dentro, ad interrogarsi e non tutti sono preparati e disposti a farlo.”
“La piena consapevolezza sull’importanza di portare avanti questa storia, l’ho avuta dopo la morte di mia nonna Felicia e ancora di più quando sono diventata madre: nel 2014 del mio primo figlio e nel 2016 del secondo. Ho capito in maniera più profonda la straordinaria forza di una donna che è riuscita a trasformare il dolore inimmaginabile per la morte di un figlio, provocata in maniera così vigliacca e violenta, in un impegno di giustizia e di memoria. Grazie alla volontà di nonna Felicia che ha voluto trasformare la sua casa per questo scopo, in 41 anni, milioni di persone hanno potuto conoscere la figura di Peppino.”
Il testimone passa ai giovani
“Dopo la morte di questa donna incredibile, io ho provato a raccogliere la sua eredità insieme a tante ragazze volontarie che mi aiutano a mantenere viva la Casa. E’ un direttivo composto solo da donne, artefice di iniziative ed incontri: tappe di un percorso che continua a trasmettere alle nuove generazioni il messaggio sociale e culturale di mio zio che ha contribuito alla crescita di una coscienza antimafia.
Da gennaio a giugno, ogni anno, ci confrontiamo con circa 200 studenti al giorno, dalle elementari all’Università, che arrivano da ogni parte d’Italia, ma anche dall’America. E’ una bella responsabilità.“
“L’anno scorso, durante un intervento per il 40° anniversario dall’omicidio, mio padre si è soffermato sull’esigenza di passare il testimone. E’ una pratica ormai costante nell’organizzazione delle giornate che precedono il corteo del 9 maggio. Ci sono infatti tantissimi ragazzi, nessuno che ha conosciuto personalmente Peppino, tutti animati dai suoi stessi valori. E’ un punto di riferimento per una generazione che fatica a trovarne soprattutto di positivi. Sono fiera quando mi dicono che è un modello a cui si rifanno per continuare a condurre alcune delle battaglie a cui si era dedicato e che sentono come loro.”
Storia e impegno non passerelle
“Peppino, come ribadiamo in tutte le iniziative che organizziamo, non ha condotto solo una lotta senza confine contro la mafia, ma si è impegnato anche per la difesa dell’ambiente, per l’uguaglianza, contro le discriminazioni. Per questo, anche nel programma di quest’anno, ci sarà lo spazio per chi difende la libera informazione come Paolo Borrometi che ha accolto con entusiasmo l’invito a venire e a presentare il suo ultimo libro nel quale cita Peppino; ci saranno momenti di confronto con chi combatte contro l’inquinamento in diverse zone d’Italia; la presentazione di iniziative contro il razzismo, per l’integrazione e dibattiti sulla parità di genere. Verrà dedicato anche un confronto sulla Prima manifestazione antimafia che si svolse qui a Cinisi nel 1979: dopo 40 anni ne parlerà Giovanni Russo Spena che vi partecipò.
Siamo partiti sempre dalle sue idee di giustizia sociale ancora attualissime. “
“Il mio obiettivo è rendere Peppino una figura collettiva, condivisa da tutti, a partire dalla cittadinanza di Cinisi. Vengono da ogni parte del mondo a visitare la Casa della memoria, ormai è una realtà che non si può ignorare anzi bisogna che se ne senta sempre più l’orgoglio dell’appartenenza.
Il 9 maggio al corteo ci sarà il sindaco di Cinisi, di solito spontaneamente vengono anche altri rappresentanti istituzionali che condividono le nostre stesse battaglie. Non abbiamo mai rappresentato e mai offriremo la passerella a nessuno che voglia utilizzare le memoria della nostra famiglia per fini politici o elettorali.”
“La nostra storia la difendiamo con forza, è uno dei motivi per cui non abbiamo mai pensato di lasciare Cinisi. Nonna non si è mai mossa, andò solo a Palermo per il processo, per ottenere quella giustizia per la quale aveva promesso che sarebbe arrivata ovunque. Noi non abbiamo mai sentito la necessità di lasciare il nostro paese, dove lavoriamo e dove soprattutto abbiamo dimostrato che non l’avremmo mai data vinta alla mafia. Le nostre radici sono qui. Anche quando andavo all’Università a Palermo, facevo la pendolare, tornando la sera a Cinisi, dove ho deciso di rimanere. Tra me e mio fratello, che pure sostiene tutte le nostre iniziative, io ho deciso di farmi carico direttamente dell’eredità della nonna nell’impegno per la memoria.”
“Sono cresciuta in questa storia, non ricordo nemmeno il momento nel quale me l’abbiamo raccontata, i miei figli, invece, la conoscono da qualche anno: abbiamo trasmesso loro il senso e i valori di quanto faceva e ha lasciato Peppino. Vivono l’aria buona della Casa nella quale passa l’Italia migliore. Li lascerò liberi di scegliere se vorranno portare avanti il percorso, ma cercherò in ogni modo di trasmettere l’importanza della storia della nostra famiglia.”
La traccia volante: Ai ragazzi che chiedevano a mia nonna come si potesse combattere la mafia, lei rispondeva “Studiate! La mafia si combatte con la cultura e non con le pistole.” Io continuo a ripeterlo ai ragazzi che vengono a Casa Memoria: “siate cittadini consapevoli e uniti, perchè la collettività può vincere l’isolamento, sconfiggendo la mafia e le sopraffazioni. Testa alta e schiena dritta.”
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