Con le donne e i bambini della Casa di Lucha y Siesta

Nel caos generale, mentre l’opinione pubblica nazionale si fa ottundere da psicosi collettive e dalla diffusione di virologi senza lauree, a Roma c’è chi ne approfitta per compiere l’ennesimo atto contro la cittadinanza: il distacco delle utenze nella Casa di Lucha y Siesta. Dalle 17 assemblea e presidio permanente. 

protesta per luchaSembrava che le sorti della storica realtà romana virassero verso una possibile salvezza grazie all’intervento della Regione Lazio. Invece, chi da anni è impegnato in prima linea per difendere e sostenere le donne vittime di violenza e per costruire percorsi di reinserimento sociale per loro e per i bambini, non ha mai smesso di vivere nell’incertezza e, come emerge dal comunicato diffuso, in questi giorni ha avuto le conferme del primato del “rispetto delle procedure” e dei profitti sulle vite umane.

Nella nota pubblica, si legge una sintesi di quanto sta accadendo che è necessario portare alla conoscenza:

“La giunta capitolina, nonostante i tentativi interlocutori della Regione, ha continuato a perseguire l’obiettivo di cancellare Lucha, smembrandone la comunità, con la minaccia del distacco delle utenze, di volta in volta rinviata per brevissimi periodi, imponendo l’uscita delle 14 ospiti e degli 8 minori senza alcuna considerazione per i singoli progetti di autonomia avviati nel corso di questi anni. Inoltre senza alcun rispetto per la vita e la dignità delle donne in fuoriuscita, del lavoro decennale svolto gratuitamente per sopperire carenze che il pubblico continua a non soddisfare, arrivando al 21 febbraio, a non presentarsi nel giorno stabilito per la consegna delle chiavi di due stanze messe a disposizione. La Sindaca, l’assessora Mammì e la delegata Fruci rispondono così a chi la violenza l’ha già vissuta per mano di uomini maltrattanti, sradicando le esistenze a fatica riconquistate e ricostruite. Chi dovrebbe gestire le politiche sociali di Roma preferisce, in totale accordo con Atac, di far ricadere anni di mala gestione e sperperi dell’azienda del trasporto pubblico sul corpo delle donne. Davvero ci immaginiamo di affidare a tali persone le politiche sociali di Roma? Oppure si è forse pensato che la presa di posizione della Regione Lazio sulla vicenda di Lucha Y Siesta sarebbe bastata per salvarne la totalità dell’esperienza? O che forse l’istituzione regionale potesse incidere sull’amministrazione capitolina? O che la politica stesse riacquisendo la capacità di governare la burocrazia e non farsi governare da essa? Mere illusioni. Tutto ciò ha il sapore dell’approssimazione e dell’incapacità, diventate accanimento. Ci verrebbe da pensare che un tale accanirsi derivi dal possibile profitto personale che qualcuno possa trarre dalla vendita dell’immobile.”

luchaNel dibattito si è inserita la voce e l’intervento di Marta Bonafoni, consigliera regionale che si è occupata da tempo di seguire quanto stesse accadendo nella Casa.

“Un atto cinico che arriva nel momento meno opportuno, quando è in corso una trattativa per l’acquisto dello stabile che vede anche la Regione Lazio in pista, con una proposta seria e credibile. Perché questa accelerazione, perché si vuole svuotare l’immobile proprio ora che una soluzione che accontenti tutti sembra davvero alle porte? Con l’annunciato distacco delle utenze previsto ancora una volta in questa storia si vuole far vincere la burocrazia anziché la politica, si intende far prevalere una logica contabile e fredda che passa sopra la vita delle persone, in questo caso di donne le cui esistenze sono già state segnate da violenza e soprusi. La sindaca Raggi, anziché accelerare l’uscita delle donne ospiti di Lucha destinandole peraltro a soluzioni provvisorie e scollegate da seri percorsi di presa in carico, si unisca alla voce della Regione per chiedere la sospensione del distacco. Dentro Lucha oltre alle donne ci sono bambine e bambini, inseriti nelle scuole del territorio. Un trasferimento comporterebbe per loro un trauma e un deragliamento dei loro studi e della loro rete di affetti e amicizie. È la stessa logica sostenuta in Campidoglio giovedì scorso dall’assessora Mammì a proposito del rinvio degli sgomberi delle occupazioni. Perché qui si dovrebbe usare una misura diversa?”

Intanto oggi pomeriggio alle 17, chi può, deve andare a via Lucio Sestio, non solo a manifestare vicinanza, ma a dimostrare quanto sia necessario mantenere presidi di sostegno, democrazia e civiltà nella capitale. Mentre ci si allerta sulle misure per tutelarsi da un virus, un’amministrazione mette in mezzo alla strada donne e bambini. Nell’ipocrisia generale, l’8 marzo ci saranno alcune rappresentanti politiche che denunceranno le violenze contro le donne mentre ora chiudono uno dei pochi luoghi nei quali si combatte concretamente.

lucha cittàLe conclusioni dal comunicato della Casa:

“Chi governa Roma sta facendo tabula rasa dell’eredità tramandata e rinnovata delle lotte femministe che, paradosso dei paradossi, ci permettono oggi di avere una Sindaca donna. Così in una città dilaniata da criminalità organizzata, appetiti speculativi, soffocata dai miasmi dell’immondizia, con centrali di spaccio a cielo aperto, culturalmente e socialmente oramai ombra di sé stessa, Raggi e giunta mostrano solerzia solo nel garantire la corretta procedura che porterà l’immobile di via Lucio Sestio all’asta prevista per il 7 aprile, quasi fosse un problema della città, avere un presidio funzionante per la salvezza di donne e minori che produce cultura e contrasto alle violenze di genere. Il 25 febbraio nel giorno del distacco, noi continueremo a fare luce, invitando tutta la nostra comunità ad un presidio permanente durante la giornata e a una grande assemblea pubblica alle ore 17, perché, cara Sindaca, la Casa delle Donne Lucha y Siesta non si fermerà.”

 

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