L’influenza fa emergere quanto siamo poco influenzati dal dolore di chi ci è vicino. Intorno continuano violenze e manifestazioni di odio. Bruciano nel silenzio le baracche del Ghetto di Borgo Mezzanone. Aderire all’appello dei Padri Comboniani, lascia una traccia contro l’indifferenza di cui potremmo essere tutti vittima.
Per il rischio di contagio da coronavirus si ferma anche la Chiesa: niente messe e stop al Catechismo. Non sono divieti che incidono sulla quotidianità laica della mia famiglia, ma, quanto mi hanno riferito degli amici credenti, mi ha fatto pensare. Già dalla scorsa domenica, il celebrante ha invitato a non scambiarsi il segno di pace per motivi precauzionali. A voler esaminare, oltre la contingenza, mi appare come una delle tracce che questa situazione fa emergere: la mancata attenzione agli altri, acuita dall’egoismo della salvezza. Prima di tutto c’è l’esigenza di muoversi perché sia garantita la salute di sé e di chi si ha più caro, per il resto, ammesso che si consideri ci sia altro intorno, vige la regola della sana indifferenza. Basti pensare al sospiro di sollievo, neanche velato, che aleggia sulle parole scritte di chi conforta “il rischio maggiore di conseguenze letali del virus, per gli anziani e i malati.” Il sottinteso è “meglio così: tanto già stavano messi male.” L’influenza fa emergere quanto siamo poco influenzati dal dolore di cui è vittima il prossimo nostro.
Ieri a Borgo Mezzanone, in Puglia, a centinaia di chilometri dalla zona rossa, un incendio ha distrutto le baracche, case degli abitanti del ghetto. Gli unici a parlarne sono gli attivisti di Terra, la onlus che da tempo si occupa delle condizioni di chi vive senza diritti in quelle campagne, spesso manodopera di caporali. Tra coloro che hanno perso tutto ieri, c’è anche Mbaye, musicista dell’Orchestra dei Braccianti, un progetto sviluppato sempre dall’organizzazione presieduta da Fabio Ciconte. E’ proprio Ciconte, oggi a dichiarare:
“Vivere in una baracca è una merda, ma per alcuni (troppi) non ci sono alternative. Per Mbaye la baracca era casa, c’erano le sue cose, i documenti, i ricordi, i vestiti, un letto. Ora tutto questo non c’è più, spazzato via da un incendio che ha raso al suolo casa sua e quella di altri abitanti del ghetto di Borgo Mezzanone, in Puglia, dove vivono più di mille persone che, quando sono fortunate, trovano lavoro nelle campagne sotto caporale. Mbaye lo conosciamo bene perché è un musicista dell’Orchestra dei braccianti di Terra, una persona splendida oltre che di talento. Al danno si aggiunge la beffa: Mbaye aveva ottenuto un nuovo documento il 13 febbraio e a maggio avremmo finalmente potuto farlo uscire dal ghetto, inserendolo in un progetto di formazione retribuito. Ora tutto si complica e abbiamo bisogno di una mano. Stiamo raccogliendo informalmente dei soldi che possano servigli per questa fase di passaggio, per metterlo nelle condizioni di affrontare serenamente qualche mese.”
Chissà quanti leggeranno, si informeranno e parteciperanno a raccolte e iniziative per aiutare chi da un inferno è scappato e si vede negato, ad un passo, l’accesso ad una nuova vita. Per molti il pensiero è altrove, quasi giustificati da preoccupazioni considerate superiori. Invece mi sembra che proprio adesso, stare vicino a chi soffre, sia un precetto maggiore da sentire. Nel primo giorno di Quaresima, nel quale diverse parrocchie derogheranno anche alle visite pasquali, acquisisce un senso ancora più profondo l’adesione semplice all’iniziativa a cui mi ha invitato il mio amico, padre comboniano Daniele Moschetti. Le sue parole valgono più di una predica che non verrà recitata dall’altare.
“Noi Missionari Comboniani, camminando per le strade del mondo e portando nel cuore il sogno di Dio, un mondo di pace, giustizia e fratellanza universale, vogliamo gridare il nostro dolore al fianco di tutte le vittime dei razzismi e degli insulti che stanno insanguinando l’Italia e il mondo. In questi giorni si moltiplicano svastiche, stelle ebraiche sulle porte di chi ha vissuto il dramma dei campi di sterminio, frasi inquietanti davanti alle scuole, polveri d’odio ai giornalisti, criminalizzazione dei deboli e minacce a chi lavora negli angoli più nascosti insieme agli invisibili e scartati di questo nostro pazzo mondo. Tra le tante vittime anche i nostri fratelli Kande Boubakar pestato a Palermo e Aboubakar Soumahoro che ha trovato una svastica sul vetro dell’auto a Roma. Siamo con voi e con tutti/e i fratelli e le sorelle che si impegnano con passione, nella nonviolenza, per continuare nel quotidiano a creare speranza e soprattutto a sognare un nuovo modo di abitare la terra. Questo clima d’odio, alimentato da politici e avventurieri senza scrupoli, soffia dentro la vasta ondata di sovranismi, muri e chiusure che innestano nel mondo paura, ansia e rifiuto del diverso. Questa direzione non porta a nulla. Anzi ci indirizza senza freni sull’autostrada del baratro. Con la forza del Vangelo e delle parole profetiche di Papa Francesco, ribadite nel suo ultimo documento “Querida Amazonia”, vogliamo allora invitare i cittadini e le cittadine del mondo sul suolo italiano, di ogni estrazione politica, sociale, geografica e religiosa che hanno fame e sete di giustizia a rialzarsi in piedi e a esprimere la nostra voglia di vivere ad un altro passo con un momento di: SILENZIO, PREGHIERA e DIGIUNO (un pasto o tutto il giorno per chi può e vuole). Da praticare da soli (lì dove ci troviamo) o in gruppo accendendo una luce di speranza e giustizia nelle case, sui balconi, nelle piazze,sulla strada, nei bar, in ogni luogo MERCOLEDI’ 26 FEBBRAIO 2020 (primo giorno di quaresima)dalle 21 alle 22. Non importa quanti/e saremo. Importa tenere accesa una luce di amore, giustizia e speranza contro il rischio dell’odio e del declino”
Non si rischia nulla, anzi, con una candela e un pensiero rivolto anche a Mbaye si può guadagnare la sensazione così preziosa di non essere soli.
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