Non voglio dimenticare

Non voglio dimenticare questa cartina che, grazie alla sensibilità dell’autrice, Sara Vincetti, riassume il motivo per cui è giusto provare paura, fornendo il supporto di parole e colori per affrontarla.

Oggi, per la prima volta ho avvertito la paura mia e di coloro che avevo vicino.  Ferma ad aspettare di entrare nel piccolo supermercato, troppo piccolo per questa emergenza, non sono riuscita a osservare gli occhi di chi mi era accanto. L’attenzione focalizzata sulla copertura di naso e bocca e su quella distanza che non si doveva infrangere. Il timore di fare battute che non solo risultassero fuoriluogo, ma facessero fraintendere l’obiettivo: fuori non si va per socializzare, ma per una spesa il più veloce possibile. Era evidente il terrore di gestore e personale: “le è scivolata la sciarpa, può sollevarla!”, mi ha chiesto la ragazza con cui di solito scherzo perché dimentico il carrello e mi cade tutto dalle braccia. Mi ha dato del lei, forse non mi ha riconosciuto, più probabilmente è arrabbiata e non gliene importa più niente se mi casca la pasta, devo fare in fretta e non respirare troppo vicino al posto dal quale non può allontanarsi.

Nelle giornate in cui siamo rallentati, ho corso, per consentire ad altri di entrare e perché tremavo: mi è venuta tutta insieme l’ansia che avevo represso. Seppure con l’affanno, mi sono fermata a due metri dalla cassa, facendo passare avanti un signore che aveva solo un litro di latte e una baguette ( non uscirà di nuovo nel pomeriggio, non è una scusa la sua spesa parca, so che di più non ne può fare). Non mi ha ringraziato, nessuna scortesia, solo la fretta di andare. Per fortuna nel momento di pagare, ho sbagliato il pin del bancomat: l’altra dipendente che di solito non ride mai, si è liberata in un timido sguardo di intesa “mi sembra ce l’abbia memorizzato nel telefono…” E’, non voglio pensare fosse, il mio modo di interagire con la comunità, senza troppi segreti sulle mie debolezze.

Un attimo, poi ho infilato velocemente ciò che ho preso anche un po’ a caso. Ho ripreso a camminare veloce. Mentre salivo le scale con le buste pesanti, pensavo solo che dovevo togliermi subito le scarpe, perché ormai le raccomandazioni di Burioni sono precetti, lavarmi le mani e poi, salutare i bambini.

Avevo solo una grande voglia di piangere: io che ho cantato, disegnato, fatto torte, condiviso qualsiasi invito alla calma e all’ottimismo. Nessuna disperazione, ma l’esigenza di sfogare la paura di dimenticarsi chi siamo.

Allora ho preso la cartina di Sara Vincetti, come sempre capace di riassumere stati d’animo e realtà attraverso matita e parole. Con le dita e con gli occhi, ho accarezzato ogni singolo aggettivo, assegnato dal nord al sud del nostro paese.

non voglio dimenticare

Non voglio dimenticare quanto siamo fiduciosi, vivi, creativi, gentili e solidali.

Non voglio dimenticare che eravamo, siamo e saremo uniti, grati, geniali e divertenti.

Non voglio dimenticare la nostra intelligenza che è ottimista e altruista.

Non voglio dimenticare che riusciamo ad essere soli, ma insieme, distanti, ma vicini.

Non voglio dimenticare chi ci stiamo ancora dimenticando, persino in questi giorni, chi renderebbe ancora più coerente il senso di tutti gli aggettivi: i lavoratori che non possono smettere di lavorare e i poveri  che sono in fila davanti al supermercato anche se possono comprare solo un prodotto.

Non voglio dimenticare la voglia e il piacere di stare insieme, di condividere persino battute stupide: la naturalezza di guardarsi negli occhi.

Non voglio dimenticare questo periodo così difficile, per ricordare ciò che siamo stati capaci di fare e di conservare.

Non voglio dimenticare l’abnegazione di medici ed infermieri, anche in assenza di mascherine.

Non voglio dimenticare chi ci ha lasciato, portando la memoria in un futuro di nuovo luminoso.

Non voglio dimenticare questa cartina che, grazie alla sensibilità di chi l’ha disegnata, riassume il motivo per cui è giusto provare paura, fornendo il supporto di parole e colori per affrontarla.

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