“La società si dovrà riorganizzare completamente: si può ripartire dalla libertà delle donne, anche di scegliere come partorire i propri figli. Lunedì ho assistito alla nascita in casa di una bambina, Lara. Il mio lavoro offre il privilegio del futuro.”
Quanta vita si sprigiona dal vagito di un bambino appena nato. E’ il suono della speranza, la nota iniziale di un solfeggio capace di superare ogni barriera di diffidenza e vincere sulla paura. Le donne, artefici del miracolo più naturale e meno riconosciuto, partoriscono sotto le bombe e durante la pandemia. Accanto a loro c’è una figura che, nel tempo, ha rischiato di perdere l’importanza centrale del ruolo rivestito durante tutta la gravidanza: l’ostetrica. Gabriella Pacini ha scelto di svolgere questa professione per ribadire la necessità del rispetto verso il corpo delle donne, per garantire la libertà di gestirlo anche durante il travaglio. Nel 2008, dopo 10 anni di assistenza in ospedale, ha optato per la libera professione, per poter esercitare, seguendo le linee guida e le raccomandazioni OMS, evitando l’eccessiva medicalizzazione. Il suo lavoro non si è fermato in queste settimane: ha assistito al suo ultimo parto lunedì, vedendo nascere Lara in casa. La sua traccia è uno sprone a non dimenticare la forza con cui si può definire il proprio destino. E’ un richiamo a considerare la meraviglia della natura che segue il suo corso serenamente e un invito a tornare ai suoi ritmi, come lascito di un periodo che ha smascherato l’imposizione delle debolezze a cui ci siamo, consapevolmente o meno, sempre sottoposti.
La traccia: l’assistenza al parto in casa
“Ho deciso di diventare ostetrica subito dopo la nascita del mio primo figlio nel 1997. Ho sentito che fosse questo il percorso da intraprendere per provare ad evitare ad altre donne le sensazioni provate in quel momento: la perdita di autonomia sul proprio corpo. Sono sempre stata indipendente, ma ho percepito come sembrasse scontato che si prendessero decisioni per me. La concezione, ancora dura a scalfirsi, considera le donne incinta incapaci di scegliere, irrazionali, sopraffatte dalle emozioni, tanto da poter mettere a rischio, se lasciate libere di decidere, la vita del bambino.
Io posso dichiarare, senza timore di smentita che, anche durante il travaglio, le donne restano lucide.
Ne ho una conferma dai parti a cui assisto. In uno degli ultimi, una madre, dopo che era già uscita la testa del suo terzo figlio, ha chiesto un bicchiere d’acqua, tanto era serena e a suo agio. L’ho invitata ad aspettare giusto qualche minuto: sono scivolate le spalle, è nata la bimba ed ha potuto bere tranquillamente.”
“La descrizione del parto come un procedimento lungo, faticoso e rischioso è funzionale al controllo. Dispiace che spesso, anche le ostetriche vengano reputate alla stregua di veline al cospetto dell’eroico ginecologo. Uno dei mestieri più antichi così sminuito! E’ l’espressione dell’idea delle donne che riceviamo ogni giorno dalla televisione o dalla politica. Un discorso che affonda le radici nella cultura dei popoli, temo senza aver fatto, ancora troppi progressi. Storicamente anche il parto non era considerato importante perché si rifaceva alla visione delle donne, più vicine agli animali, rispetto all’uomo, ritenuto un semi dio. Aristotele diceva che da una donna può nascere un essere perfetto, l’uomo; uno imperfetto, la donna e i mostri, i bambini con delle imperfezioni. I filosofi greci come quelli della cristianità, teorizzavano la donna più soggetta alle leggi naturali. “Partoriscono esseri mortali quindi sono responsabili della morte, mentre gli uomini partoriscono le idee immortali.” Gli uni più vicini alle divinità, le altre alla carne: non possono essere creative, ma solo procreative.”
“Il controllo del corpo delle donne ha impregnato culture e società. Celebrate pubblicamente, disprezzate in segreto, fino a considerare vere solo coloro che diventano madri. Anche in questo caso all’ipocrita esaltazione del parto naturale si affianca l’uso diffuso dell’episiotomia, continuando a valutare il corpo imperfetto, quindi non in grado, senza l’intervento chirurgico, di portare a compimento il parto. Non ci sono studi che attestino i vantaggi di questa pratica, ma è ancora troppo eseguita e, segnale inquietante, mancano attestazioni ufficiali che documentino quante se ne effettuino. Si fa pressione sul bisogno di sicurezza, dando la sensazione che intervenendo in questo modo si possa preservare anche la salute del bambino: la madre si sottopone, temendo di dover crescere poi un figlio con malformazioni.”
“Io la penso in un altro modo, per questo agisco diversamente: preservo la salute delle donne, evitando che si sentano oggetto, in balia di chi hanno di fronte. Le tante che ho assistito nel parto a casa mi hanno comunicato la consapevolezza di sé che da quel momento ha caratterizzato anche il loro essere madri più sicure. Bisogna stabilire un dialogo durante la gravidanza che porti ad analizzare insieme le scelte per affrontare il parto. E’ un processo che potrebbe estendersi in maniera graduale, speriamo in tempi brevi. Non è un caso che nei paesi nei quali c’è una maggiore rilevanza femminile nella società, sia più basso il numero dei cesarei e delle episiotomie. A Teheran, invece, l’80 % dei parti è cesareo: è il loro modo di controllare il corpo delle donne. E’ un intervento che può, in alcuni casi, salvare la vita, ma, in altri, è uno strumento di oppressione. Trovo assurdo che anche qui in Italia non sia garantita nelle strutture ospedaliere la libertà di scegliere forme di parto più naturali: ovunque ormai si può fare l’epidurale che ha un costo e prevede la presenza di un anestesista specializzato, mentre non si può approntare una vasca di acqua gratuita e senza rischi per chi vorrebbe partorire in questo modo. Si preferisce additare come sciocche naturaliste coloro che lo chiedono. Forse perché in acqua si è libere mentre si mette al mondo il proprio figlio, mentre con l’epidurale si è sotto il controllo dei medici?”
“Finisce che le stesse donne interpretino il parto come un’esperienza non degna di valore, ma un sacrificio di sé necessario per avere un bambino. Io cerco di capire il percorso della donna che mi trovo davanti. Non si può pensare che tutte possano o vogliano partorire a casa, ma si può metterle nelle condizioni di scegliere. E’ evidente che la volontà di svolgere la mia professione in questo modo mi ha portato a scontri continui negli ospedali in cui ho lavorato. Ho provato, ma alla fine ho preferito, anche io, essere libera. Rinunciando alla sicurezza di stipendio, tredicesima e ferie, mi sono messa a disposizione delle donne, diventando il riferimento anche all’interno di associazioni di cui condivido idee e approcci come Il Melograno o Vita di Donna e nel movimento Freedom for Birth.”
“Le partorienti si mettono in contatto con me attraverso il passaparola. Cominciamo e percorriamo insieme tutto il viaggio, attraverso visite settimanali, fino a quando, all’inizio del travaglio, mi chiamano ed io arrivo ad assisterle. Di solito siamo in due, ci occupiamo anche del bambino appena nato. Per la prima settimana ogni giorno ci vediamo per un controllo. Si può fare, è difficile far capire questo passaggio basilare: non in tutti casi, ma in molti non c’è bisogno di medici ed infermieri per partorire. E’ la madre che partorisce, basta starle accanto con le giuste attenzioni e competenze. Noi ostetriche abbiamo visto nascere in questo modo migliaia di bambini sani. Io continuo a farlo: almeno tre/quattro parti al mese.”
“In questo periodo nel quale le notizie, le immagini e la paura diffusa ci bloccano, proseguire nel mio lavoro sta aiutando molto me e coloro che mi sono vicini. Ovviamente sono dotata di tutti i presidi di sicurezza come lo ero anche prima: mascherina, guanti e camice. Non ci sono pericoli, meno di quelli percepiti all’idea di andare in ospedale. Le madri sono molto preoccupate più per il dopo, per quanto si dovrà superare nel periodo successivo al parto nello stato di incertezza in cui ci troviamo. Sono giornate pesanti quelle che stiamo vivendo, io che ho il privilegio di guardar il futuro attraverso gli occhi dei neonati, spero che la percezione di un rapporto diverso, più sereno con la natura possa cambiare anche il modo di concepire ciò che di più naturale esiste come il parto.
La società si dovrà riorganizzare completamente, si può ripartire dalla libertà delle donne e dei loro bambini. Lunedì ho assistito ad un parto in casa dal quale è nata una bambina, Lara.”
La traccia volante: Cambiare il mondo un parto alla volta, una nascita per volta.
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