Ieri eravamo tanti, con il nostro adesivo di riconoscimento, in giro per il centro della città a portare, soprattutto, la forza dell’immagine di una comunità unita. Per ripartire ognuno deve fare la propria parte. Non andrà bene subito, forse ci vorranno mesi, ma se si resterà chiusi nei propri spazi di egoismo, non basteranno chilometri di corsa libera per ritrovare il senso del presente e la visione del futuro.
“Salve, siamo i volontari del Comune abbiamo lasciato le mascherine nella cassetta della posta.” Erano anni che non suonavo ai citofoni dei palazzi per iniziative di cittadinanza attiva. Ricordo le risposte brillanti, divertenti e a volte seccate dei trasteverini, quando la mattina di domenica li svegliavamo per vendere copie dell’Unità, oppure se si provava a farci aprire per lasciare i volantini delle infinite campagne elettorali.
Diverso l’entusiasmo di chi ieri accoglieva, con gioia e gratitudine, il gesto, in questo periodo prezioso, offerto dall’amministrazione di Pesaro. Due mascherine chirurgiche per ogni componente della famiglia, con la possibilità di richiederne altre in caso ci siano persone più fragili con esigenze diverse. Da sabato in distribuzione anche le mascherine, disegnate e della taglia giusta, per i più piccoli.
“Che bello! Scendo subito, grazie!”
Difficile far capire, in particolare ai tanti anziani che hanno aperto il portone a me e ad Anne, che fosse meglio farcele lasciare nella cassetta, così non c’erano contatti. Era evidente la volontà di mostrare la propria gratitudine. Si sono affacciati alla finestra, anche se pioveva, per salutare e chiedere di portare il proprio ringraziamento al sindaco.
Nelle strade silenziose abbiamo ritrovato il suono di una delle parole più dense di significato del vocabolario: “Grazie!”
Abbiamo raccolto la bellezza nella versione pesarese, milanese, napoletana, polacca, rumena e cinese, scoprendo un mondo dietro ai citofoni della lunga via dei Partigiani. Forse disabituate al contatto umano dopo queste settimane di isolamento, l’effetto è stato ancora più forte. Camminavamo con lo zaino pieno di confezioni contenenti l’oggetto più necessario per ricominciare a uscire, grate anche noi di avere l’opportunità per capire, civico dopo civico, quale possa essere una delle strategie migliori per ripartire insieme.
La consapevolezza dell’esistenza degli altri è un esercizio fondamentale: degli anziani soli che hanno paura; delle famiglie che vorrebbero riprendere le normali attività, sapendo bene come; dei ragazzi che non vedono l’ora di uscire; delle donne stanche che rispondono sempre per prime al citofono; di chi ha pudore a chiedere aiuto e chi ne ha talmente bisogno da manifestarlo apertamente.
Dimostrare che non si teme a guardarci anche da due metri di distanza per provare ad ascoltarci oltre le mascherine, significa tendere quella mano vitale, pure se coperta da guanti di lattice.
Ieri eravamo tanti, con il nostro adesivo di riconoscimento in giro per il centro della città a portare, soprattutto, la forza dell’immagine di una comunità unita. Oggi si continuerà. Il sindaco, che con la sua squadra di assessori, consiglieri e responsabili di territorio sta dando un senso profondo all’agire politico, ha comunicato che ci sono altre scorte per chi ne avesse necessità.
Io e Anne, per quanto consce del passaggio degli anni rispetto alle scampanellate trasteverine, nel pomeriggio saremo a Palazzo Gradari a fare il punto sulle consegne di ieri e prendere l’incarico per quelle della giornata.
Per ripartire ognuno deve fare la propria parte. Non andrà bene subito, forse ci vorranno mesi, ma se si resterà chiusi nei propri spazi di egoismo, non basteranno chilometri di corsa libera per ritrovare il senso del presente e la visione del futuro.
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