“Mi hanno contattato le rappresentanti di classe, chiedendomi se potevamo incontrarci nella piazzetta in cui spesso, in questi mesi di lockdown, io e Marco, passeggiavamo da soli. Mercoledì sera, c’erano i suoi compagni ad aspettarlo. Hanno deciso di festeggiare l’ultimo giorno delle elementari, salutando chi non andrà con loro alle medie, ma con cui il rapporto profondo, non è stato interrotto nemmeno dal virus.”
Per molti bambini e ragazzi la scuola è finita senza emozioni, ansie o euforie. Un anno che non si dimenticherà facilmente: il 2020 della didattica a distanza. Qualche istituto o classe è riuscito ad organizzare, almeno l’ultimo giorno in presenza, in un parco o una piazza, rispettando tutte le norme di sicurezza. Per gli altri, la campanella finale è stato un click sulla tastiera di un computer. Ci sono stati poi coloro per cui le lezioni reali si sono fermate dalla fine di febbraio: per mancanza dei mezzi tecnologici necessari o perchè nelle condizioni di poter frequentare solo in presenza. Tante famiglie di ragazzi disabili hanno denunciato l’ennesimo abbandono, proprio nel momento di massima solitudine. Per questo, una piccola storia che arriva da Fossano in provincia di Cuneo, prova ad accendere una luce e a dimostrare quanto la volontà dei singoli possa costituire un esempio per la collettività. L’Istituto elementare Primo Levi, in ogni suo pezzetto, dalle insegnanti, agli studenti, ha consentito ad un alunno con particolari difficoltà, all’apparenza insormontabili, di continuare a far parte della sua classe fino alla speciale festa di fine anno. Marco ha 12 anni, è affetto da una grave malattia genetica ad oggi unico caso al mondo, talmente rara da non avere un nome ma un codice 1q41.12. Ha una grave malformazione celebrale, renale e di tutto l’apparato urinario: per questo ha già subito numerosi interventi. La malformazione celebrale interessa zone importanti del cervello. Ciò che lo espone ai rischi maggiori è la mancata produzione di ormoni vitali per l’organismo: non controlla la fame, il sonno, la temperatura corporea, la circolazione del sangue. Una semplice influenza può rivelarsi per lui molto pericolosa. Ad evitarlo, prendendosi cura di lui, costantemente, ci pensano la madre Silvia, il papà Ciro, Valentina, l’assistente affidataria, assegnata dalla Asl e una piccola comunità che, dai vicini di casa alle maestre, cerca di dimostrare una vicinanza necessaria. E’ accaduto anche durante il lockdown: posta in isolamento forzato, la famiglia di Marco che è composta anche dal fratellino minore di quattro anni, ha potuto contare sul sostegno di amici e conoscenti, soprattutto delle insegnanti e dei compagni di scuola. Mercoledì e venerdì della scorsa settimana, la sorpresa più emozionante: i ragazzi delle tre quinte dell’istituto Primo Levi di Fossano, hanno deciso di festeggiare l’ultimo giorno delle elementari, incontrando Marco tra palloncini e risate. La traccia che racconta Silvia commuove e lascia il segno in tutti coloro che a volte per timore di ferire, non chiedono e non offrono quel poco che basta per curare il sorriso di chi soffre. Per Marco la scuola non si è fermata, la luce è filtrata, grazie a chi continuerà a stare al suo fianco.
La traccia: la cura e l’amore possibile
“Marco ha dodici anni, ma è come se fosse un bambino piccolo, se si trascura diventa un pericolo per sé e per gli altri. Tre anni fa sono dovuta tornare al lavoro, sia per esigenze economiche, sia perché, stando a casa, solo a contatto con lui, non riuscivo più nemmeno a parlare. Certo non è stato facile: non posso mai riposarmi, e spesso, a distanza, avverto la paura che gli accada qualcosa. Posso contare, però, sul sostegno di Valentina, la super assistente affidataria. La ASL ha riconosciuto la gravità alta di Marco e ci ha assegnato un aiuto. Abbiamo trovato una ragazza speciale che viene dal lunedì al venerdì per le ore necessarie.”
“Il resto della giornata Marco frequenta la scuola a tempo pieno. Un’altra piccola fortuna in un percorso pur sempre in salita: alla Primo Levi abbiamo incontrato maestre, bidelle, assistenti all’autonomia e alla mensa che, volontariamente, ogni anno, hanno deciso di partecipare a dei corsi per salvare la vita a Marco. Due giornate di teoria, ma anche di pratica per imparare a fare le iniezioni in caso di emergenza.”
“Sin dal primo giorno di asilo noi abbiamo deciso di porci in maniera chiara e diretta anche rispetto agli altri alunni e alle loro famiglie. “Siamo i genitori di quel bambino lì, se avete domande, fatele!” Molti hanno paura di chiedere, temono che possano essere male interpretati, ferendo gli interlocutori, noi invece volevamo che si capisse bene chi fosse nostro figlio. Abbiamo voluto spiegare, insieme alle insegnanti, quali fossero le sue reali condizioni. I bambini in questo modo hanno legato profondamente con lui. Ricordo alla gita di quarta elementare, uno di loro mi disse: “guarda, ti spiego io, quando fa così, cosa devi fare.”
“E’ una scuola pubblica che ha deciso di dedicarsi realmente all’inclusione, mettendo insieme piccoli pezzi, portati da ognuno dei protagonisti: insegnanti, assistenti, genitori e bambini. Si sono creati così rapporti che vanno oltre la didattica, ne è una testimonianza il rapporto con alcuni compagni che, pur essendo già alle medie, continuano a chiamarlo. La scuola è diventata la sua dimensione. Quando è stata chiusa per il virus, si è palesato il disastro.
Per i bambini come Marco, interrompere una routine può essere devastante. A preoccupare le maestre era soprattutto la sua memoria breve: temevano che non vedendoli si dimenticasse dei suoi amici. Si sono inventate quindi un metodo. Ogni giorno, prima dell’inizio della lezione online, videochiamavano Marco: per cinque minuti, a turno, i ragazzi di ognuna delle sezioni di quinta, cantavano le sue canzoncine. Noi poi ci scollegavamo e loro continuavano. I compiti li facevamo soprattutto io e mio marito, ma erano un’occasione per ricollegarci e confrontarci con gli altri compagni. “
“Eravamo obbligati a stare chiusi in casa tutto il giorno, se Marco fosse stato contagiato non avrebbe avuto scampo, ma questa finestra della scuola ci ha sostenuto. Come pure le telefonate e le offerte di aiuto di vicini ed amici. Valentina faceva la spesa per noi, mentre il resto della comunità cercava di studiare soluzioni per aiutare il sorriso di Marco a non spengersi. Penso all’ospitalità nei giardini. Dopo due settimane di reclusione, ci hanno concesso di poter fare una passeggiata di quaranta minuti al giorno, necessaria a impedire che avesse crisi di nervi o si verificassero seri danni fisici causati dalla mancata deambulazione. Molti abitanti del quartiere ci hanno messo a disposizione i propri giardini di casa: “noi rimaniamo dentro, così non ci sono rischi, e Marco può stare all’aria tranquillo.”
“Dal 2017 abbiamo creato una Onlus, la Favola di Marco, ci occupiamo principalmente di progetti di inclusione scolastica, ma siamo diventati un riferimento per molte famiglie nel territorio. Marco è conosciuto e amato. Non mi aspettavo però quanto è accaduto la scorsa settimana. Mi hanno contattato le rappresentanti di classe e chiesto se potevamo incontrarci nella piazzetta in cui spesso in questi mesi di lockdown passeggiavamo. Mercoledì sera, quando siamo arrivati, c’erano i suoi compagni ad aspettarlo con i palloncini a forma di smile. Venerdì sera, stessa scena, con l’altra quinta che Marco frequenta.
Mi ha colpito che non abbiano deciso di vedersi tra loro per celebrare l’ultimo giorno delle elementari, ma abbiano voluto dedicarlo a incontrare e salutare Marco che non li seguirà alle medie. Per motivi di salute abbiamo stabilito che rimanga ancora alle elementari. Avevano le mascherine, non li ha riconosciuti, tranne un paio che si sono avvicinati a cui ha preso la mano. Per noi, però, è stato l’ennesimo segnale che nonostante questi mesi siano stati difficili, non siamo soli. In questo modo ci prepariamo ad affrontare l’estate durante la quale continueremo ad avere il sostegno di Valentina e di una intera piccola comunità che vuole vedere il sole brillare sul sorriso del nostro Marco.”
La traccia volante: “Quando curi una malattia puoi vincere o perdere, quando ti prendi cura di una persona puoi solo vincere. “ Patch Adams
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