“Noi dovremmo essere inattaccabili, perché abbiamo fatto di più: Pai ha due mamme ed un papà. Nostro figlio è felice, come noi, che cresciamo bene in uno scambio continuo di valori e di emozioni positive. “
Dai tre ai 16 anni le nostre vacanze le abbiamo trascorse, per gran parte dell’estate, nella nostra casetta a San Felice Circeo. In una delle piazze del centro storico condividevano l’esterno con una famiglia speciale. Le invidiavo perché erano tutte donne, belle e soprattutto allegre. Guidava il gruppo la nonna Giorgina con i suoi pareo di mille colori, sempre abbronzata sin dai primi di giugno; la mamma, Nadia aveva occhi di ghiaccio, un sorriso contagioso e l’eterna sigaretta, e poi c’erano le figlie, Tiziana, la grande, bionda che ovviamente si filava poco me e mia sorella ed Egizia, la piccola, con cui siamo diventate, inevitabilmente amiche. Ci separava una parete, ma le loro voci di donne riempivano anche i nostri spazi. A volte discutevano per gli orari, per l’ordine, per i rumori, ma poi alla fine andavano sempre al mare insieme e le serate finivano con i toni bassi delle confidenze e i silenzi degli abbracci. Negli anni ci siamo un po’ perse, noi abbiamo cominciato ad andare meno al Circeo, mentre loro sono rimaste coerenti, custodi dei segreti di piazza Cavour. Ad un convegno dell’ordine dei giornalisti, qualche anno fa, ho incontrato per caso Egizia, l’ho riconosciuta dai colori mai banali. Ha seguito un percorso più coerente nel mio nella comunicazione allargandolo alla promozione di idee innovative come quella di Aroma, una serie di locali che offrono un’idea di cibo e di ristoro nel rispetto dell’ambiente. Abbiamo scoperto di essere diventate mamme quasi nello stesso momento, solo che la sua famiglia continua a battere la mia nei numeri e nell’originalità. Pai, il suo bellissimo bambino dalla chioma fluente, ha un papà e due mamme. E’ la tradizione che prosegue: crescere felici e sereni in contesti diversi da quelli dettati da una norma che in realtà sembra una vecchia arcigna che sta in finestra perché teme di non ascoltare in casa le stesse risate che sente provenire dalla casa di fronte. In quell’appartamento vivono Egizia, Pai, Mirta, Enrico e tutti coloro che sanno che c’è un’unica regola per poter stare: volersi bene. Quella casa che a me ricorda tanto quella delle mie vicine a San Felice Circeo. (Ringraziamo Pai per i disegni; l’albero delle famiglie è il solito capolavoro in ritardo di Annelise. )
La traccia: la felicità come modello di famiglia
“A chi continua a ripetere che “I bambini hanno bisogno di una mamma e un papà”, noi rispondiamo con la nostra famiglia nella quale ci sono tutte le figure genitoriali ‘richieste’ dai detrattori. Quindi, mi verrebbe da dire, che noi dovremmo essere inattaccabili perché noi abbiamo fatto di più: Pai ha due mamme ed un papà. Quando mi capitava di andare in televisione a parlare della nostra esperienza, restavano spiazzati: le figure genitoriali richieste le abbiamo tutte.
Al di là delle battute, davanti alle teorie che hanno dominato nel Congresso della famiglia di Verona, non sento nessuna esigenza di difendermi, anzi, sono convinta che ognuno possa liberamente manifestare il proprio pensiero, quello che ci fa un po’ arrabbiare è l’ipocrisia. Non mi va che a giudicare la nostra famiglia sia chi si arroga questo ruolo dalla posizione istituzionale che ricopre, ma poi per quello che riguarda le vicende personali non ha proprio nessuna caratteristica per ergersi a modello. Se una famiglia cattolica con 5 figli che si ama ed è unita da anni, vuole discutere rispetto al nostro assetto particolare, posso anche accettarlo, ma chi è divorziato con figli da varie o vari compagni, che cambia di frequente, ci faccia la morale, lo trovo quantomeno incoerente”.
“La mia famiglia ha soprattutto un elemento caratteristico, che ci difende da ogni attacco: l’amore. Noi ci vogliamo tutti bene è la traccia più importante che mi hanno lasciato le donne meravigliose con cui sono cresciuta, mia nonna, mia mamma e mia sorella ed anche mio padre che purtroppo ho vissuto per poco tempo.”
“Destino ha voluto che anche io abbia avuto due mamme, non per scelta, purtroppo il mio papà è morto giovane ed io ho potuto contare sull’appoggio costante di mia madre e di mia nonna che spesso, per esigenze, ne ha preso il ruolo. Entrambi hanno consentito che i valori e l’energia di mio padre continuassero ad essere vivi e ci tenessero unite. Chi mi conosce bene, spesso mi dice che sembra che mio padre non sia mai morto, perché ha continuato ad accompagnarmi. Ha riempito il suo vuoto, avendo lasciato tanto che poi abbiamo saputo custodire in un gineceo eccezionale: io, mia nonna, mia mamma, mia sorella e persino il cane femmina.
A livello emotivo e valoriale, non ci siamo fatte mai mancare nulla.
Anzi, io e mia sorella siamo la prova vivente che si può crescere serene e sane anche in un contesto non tradizionale. L’importante è avere amore, attenzione, una guida e un esempio. Sembrerà banale, ma è sempre più necessario ribadirlo. Se non ci sono questi elementi i figli non crescono bene.”
Speravo fosse femmina
“Il modello matriarcale ha prodotto solo un piccolo condizionamento lungo il mio percorso: quando ho deciso di rimanere incinta, avrei voluto aspettare una femmina. Io e mia madre ce lo aspettavamo proprio. Mia sorella ha avuto un maschio quindi toccava a me mantenere inalterati gli equilibri, invece, è arrivato il segnale che dovessi prendermi, anche io, la responsabilità di crescere un bambino. Io che avevo un po’ messo da parte le figure maschili, dovevo occuparmi di un’impresa affascinante: guidare il percorso di un maschio che in realtà è diventata una strada comune. Io provo a passare a Pai dei valori e lui, ogni giorno, trasmette a me scoperte e insegnamenti. Dopo 8 anni e mezzo ho capito che è stato meglio avere un figlio maschio. E’ una crescita continua per tutti.”
“Per generarlo ho cercato una strada diversa da quella seguita da tante coppie omosessuali che conosco. Non ho voluto ricorrere all’inseminazione all’estero. Avevo ascoltato racconti positivi, di amici soddisfatti, ma dopo quattro anni di relazione con la mia donna, volevamo provare un altro percorso. Non mi vedevo nella situazione dell’ospedale, dove penso si debba andare quando si ha un problema, si devono fare dei controlli, non per generare un bambino. Farlo nel metodo classico insieme ad un amico, avrebbe prodotto dei problemi nella coppia. Abbiamo pensato, quindi: cosa si fa quando si va in clinica? Inseriscono lo sperma con una siringa. Si può fare anche altrove, rispettando ovviamente tutti i criteri igienici e svolgendo i necessari esami preliminari: basta scegliere un padre e non un donatore. Questo è stato il punto di partenza, volevamo una figura presente, non un donatore.”
“Abbiamo scelto un amico comune che viveva a Londra dove ci ospitava durante ogni nostro viaggio. La mia ex compagna, Mirta è stata la mediatrice di un passaggio che abbiamo eseguito proprio all’interno della casa di Londra: è stato tutto confortevole, delicato e caloroso. Poi ci siamo preparati un tè e siamo andati a fare una bella passeggiata. Dopo un mese eravamo incinti. “
“La vita si è dimostrata più creativa di noi. Dopo un primo anno in cui abbiamo fatto la spola fra Roma e Londra, per consentirgli di assistere a tutti i primi progressi di Pai, il padre ha deciso di tornare in Italia. Più della sofferenza di riadattarsi ad un paese lasciato da dieci anni, ha potuto l’amore. Nel frattempo io e la mia compagna, la seconda mamma ci siamo lasciate, ma senza alcun rancore, anzi restando molto legate. Siamo un nucleo tenuto incollato da nostro figlio. Abbiamo quindi impostato un modello di famiglia con ritmi non schematici, ma definiti. Ma è quando riusciamo ad essere tutti insieme che raggiungiamo la piena soddisfazione.“
“Pai non ha vissuto nessuno dei traumi che spesso emergono nei casi di divorzi dolorosi, all’interno delle famiglie cosiddette tradizionali. Noi siamo un veicolo di tranquillità, visto che mai nessuno, insegnante o genitore di amici, ci ha raccontato di atteggiamenti nervosi o preoccupanti di nostro figlio. Siamo inattaccabili anche da questo punto di vista. Abbiamo scelto con cura la scuola, sempre insieme, per trovare un ambiente che lo accogliesse con serenità, non abbiamo mai riscontrato, né ci hanno mai segnalato problemi.
Nostro figlio è felice come noi che cresciamo bene in uno scambio continuo di valori e di emozioni positive. Forse se coloro che ci giudicano venissero a trascorrere del tempo con noi, rivedrebbero le loro posizioni. La saggezza popolare insegna che chi sta troppo in finestra a giudicare gli altri è perché non vuole guardare all’interno della propria casa, noi invece nel nostro salotto siamo benissimo e accogliamo chiunque voglia condividere la nostra positività, a braccia aperte.”
La traccia volante: volersi bene ed essere felici per questo. E’ l’esempio migliore che si possa seguire e dare. Chi è felice perché ama ed è amato, non ha bisogno di attaccare gli altri, perché sta bene.
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